La città era loro. Il tempo era loro. Il mondo era loro. La vita era loro. Loro era il cielo. Tutto ciò che conteneva. Tutto ciò che avvolgeva. Tutto ciò che copriva. Loro erano il giorno e la notte. La luce e il buio. La pioggia e il sole. Le parole e il silenzio. Occhi. Labbra. Pelle. Mani. Loro erano loro. Nel modo nel quale nessuno lo era mai stato, nè sarebbe mai stato di nessun altro. L'amore, finalmente, aveva nome e cognome: Giulia e Andrea.
Si allontanarono insieme, scivolando leggeri sul tempo come sul ghiaccio. E come sul ghiaccio, disegando le linee intreciate delle loro vite.
"Per sempre" disse Andrea
"Sempre per sempre" rispose Giulia
Il posto era diventato una specie di cenacolo per scrittori con e senza fortuna. (Contava quanto li univa, non ciò che li divideva). C'erano libri ovunque. E divani, poltrone, lett, cuscini, scrivanie. Chi entrava si fermava a leggere, scrivere, pensare e qualche volta anche a dormire sottolo stesso tetto che aveva visto leggere, scrivere, pensare e dormire Fitzgerard, Hemingway, Joyce, Miller. Le loro anime e i loro pensieri avevano impregnato piastrelle e scaffali, intonaci, stoffe e specchi. E, in qualche modo, qualcosa del loro turbamento e del loro genio, trasudava da legni, stoffe, maioliche, dorsi lucidi e consumati di edizioni ormai introvabili. Volumi che ricordavano che l'uomo e la sua storia sono sempre gli stessi, ma che le parole di certe anime hanno il potere di renderli, ogni volta, sconosciuti e capaci di sorprendere. Molte trale parole sorprendenti avevano trovato posto su quegli scaffali.