Uno dei primi effetti della bellezza femminile su di un uomo è quello di levargli l'avarizia.
Una volta in Inghilterra la condanna ai lavori forzati veniva applicata appendendo il condannato al disopra di una ruota azionata a forza d'acqua, obbligando così la vittima a muovere in un certo ritmo le gambe che altrimenti gli sarebbero state sfracellate. Quando si lavora si ha sempre il senso di una costrizione di quel genere.
La legge naturale non dà il diritto alla felicità, ma anzi prescrive la miseria e il dolore.
Penso che il rimorso non nasca dal rimpianto di una mala azione già commessa, ma dalla visione della propria colpevole disposizione. La parte superiore del corpo si china a guardare e giudicare l'altra parte e la trova deforme. Ne sente ribrezzo e questo si chiama rimorso. Anche nella tragedia antica la vittima non ritornava in vita e tuttavia il rimorso passava. Ciò significava che la deformità era guarita e che ormai il pianto altrui non aveva alcuna importanza.
La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai, il futuro, rende la vita più semplice, ma anche tanto priva di senso.
È libertà completa quella di poter fare ciò che si vuole a patto di fare anche qualche cosa che piaccia meno. La vera schiavitù è la condanna all'astensione: Tantalo e non Ercole.
Presto la preda basta appena, e subito dopo non basta più perché la natura non fa calcoli, ma esperienze. Quando non basta più, ecco che i consumatori devono diminuire a forza di morte preceduta dal dolore e così l'equilibrio, per un istante, viene ristabilito.
Le sue parole avevano creato un mondo nuovo, come tutte le parole non vere.
Le donne sono sempre povere di parole precise.
È proprio la religione vera quella che non occorre professare ad alta voce per averne il conforto di cui qualche volta, raramente, non si può fare a meno.
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