Io scrivo questo libro per coloro che non mi leggeranno,
per il bene di coloro che sono destinati ad ignorare, - destino
poco crudele, - perfino il titolo di questo libro e la sua esistenza.
Io voglio rendere più umili e più buoni coloro che sanno, e
trasformare i mezzi ignoranti in ignoranti interi, perché coloro
che io amo siano più conosciuti, più considerati, più amati. Come
povertà non è un peccato, così non è peccato ignoranza, e Colui
che povero volle nascere, amò viver e intrattenersi di preferenza
con i semplici e gl'indotti. Bisogna imitare l'esempio divino,
bisogna scendere anche noi e mescolarci alle turbe, ma più per
imparare che per insegnare, per imparare specialmente, non il
nome, ma la pratica di due grandi virtù troppo dimenticate oggi
in alto, e anche a metà, e anche un poco più in giù: pazienza e
bontà.
Non allarmatevi. Io non vi parlerò con la dotta voce nasale del
quaresimalista infreddato, no; voglio stare allegro con voi, voglio
sbizzarrirmi, magari contraddirmi, allegramente con voi; ci
divertiremo insieme; cercherò anch' io di trasformare un po' del=
l'acqua umile e casta, che non vi piace gran che, in un po' di
frizzante ed esilarante vino. Se poi non riuscirò ad ottenere che
della modesta gassosa o un po' d'acqua di seltz, sarà sempre,
convenitene, qual cosina di guadagnato.
Moisè Cecconi e' stato uno scrittore che ha operato nel pratese agli inizi del 900. I suoi scritti vanno dalla novellistica, al romanzo, al teatro. Ha avuto rapporti personali con personaggi noti come Soffici, Zola, Pascoli, Prezzolini, D'Annunzio. A lui la città di Prato ha intitolato una strada. Tra i suoi libri ricordiamo "La fidanzata del vento"(Vallecchi, Firenze 1934),"Elogio della perfetta ignoranza"(Vallecchi, Firenze 1927),"Il primo bacio e altre novelle"(Treves, Milano 1916) e altro ancora. Per inquadrare l'uomo, il Cecconi diceva di sè di fare l'agricoltore per vivere, un po' d'arte per non morire, coltivando vigne e paradossi, odorosi fieni e variopinte illusioni.