Grazie alla mia esperienza di fotografo, sono stato in grado di sapere alla svelta il modo migliore per rappresentare fotograficamente una scena sullo schermo. Ma non inizio mai a pensare alle scene in termini di fotografia. Per prima cosa penso all'intento principale del film. Dopo che gli attori hanno provato la scena e hanno raggiunto un buon livello di realtà e si sentono carichi, solo allora guardo dentro l'obiettivo e comincio a pensare a quale sia il modo migliore per trasferire tutto questo sullo schermo. Parlando in generale, si può creare un'inquadatura interessante a partire da qualsiasi azione o situazione, se la composizione e l'illuminazione sono fatte bene. Ho visto un sacco di film in cui gli angoli di ripresa originali e gli effetti di illuminazione erano completamente incongrui con lo scopo della scena. Quando un tale film finisce, ti rendi conto di aver visto qualcosa di alquanto brillantemente fotografato ma che non ha alcun effetto.
Non penso che scrittori o pittori o registi agiscano perché hanno qualcosa che vogliono in particolare dire. Hanno qualcosa che sentono dentro. E a loro piace esprimerla attraverso l'arte: sia sotto forma parole, o del profumo delle tempere, sia con la celluloide, le immagini fotografiche ed il lavorare con gli attori. Non penso che alcun vero artista sia mai stato ispirato da qualche preciso punto di vista, sebbene ne sia stato convinto.
L'intellettuale è certo capace di capire quello che il film vuole dire e riceve anche un certo piacere da questo suo processo di interpretazione, mentre il pubblico di massa può non esserne capace. Ma penso che il nemico principale del regista non sia l'intellettuale o il membro del pubblico di massa, ma il tipo di persona di media cultura che non ha né le capacità proprie dell'intellettuale di analizzare e decifrare correttamente ciò che il film vuole dire, né la reazione emotiva spontanea dello spettatore comune. E sfortunatamente ho l'impressione che molti di questi personaggi a metà tra gli intellettuali e il pubblico di massa siano occupati a recensire i film. Credo che il fatto di voler ridurre l'intento di un film in un solo paragrafo conciso, brillante e intelligente alla maniera della rivista Time dimostri una monumentale presunzione da parte dei critici cinematografici. Questo tipo di recensione è di solito molto superficiale, a meno che non si tratti di un film davvero pessimo, ed è anche estremamente ingiusta.
Il modo più potente per far capire a una platea il tuo punto di vista è di prenderla per i sentimenti, non per la mente. Certo, è un modo molto più pericoloso di scrivere, perché se il pubblico non riesce a scoprire ciò che vuoi dire, rischia di restare perplesso e disturbato alla fine del racconto.
Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato.
Penso che la miglior trama sia quella che non sembra affatto una trama. Mi piace l'inizio lento, quello che si insinua sotto la pelle del pubblico e lo coinvolge in modo che possano apprezzare note di grazia e toni morbidi e non debbano sentirsi appesantiti dagli snodi della trama e dai punti di suspense.
Ci sono migliaia di cose nella realizzazione di un film che sono una vera scocciatura, ma il gioco vale la candela.
Il puro spirito potrebbe essere la forma finale che l'intelligenza vorrebbe avere.
Un sogno, non è mai soltanto un sogno.
La figura del criminale è sempre interessante da vedere sul grande schermo perché è un paradosso della personalità, una collezione di violenti contrasti. Il soldato è un personaggio magnetico perché tutte le circostanze in cui si muove sono cariche di grande intensità. Con tutto l'orrore che porta, la guerra è pura drammatizzazione, probabilmente perché è una delle poche situazioni rimaste in cui gli uomini devono lottare con fierezza per quello in cui credono. Il criminale e il soldato hanno per lo meno la virtù di essere pro o contro qualcosa in un mondo in cui la maggior parte delle persone ha accettato una grigia vacuità e rinuncia continuamente a prendere una posizione allo scopo di essere considerata normale o comune. È difficile dire chi sia vittima della più grande cospirazione: il soldato, il criminale o noi.