Io penso il tuo cuore, come un acqua
perduta in un deserto
che invano aspetta chi ci si disseti.
Lo penso come un albero fiorito
im piena notte, che nessuno guarda,
se non da vetri in fuga un viaggiatore
che noia o affari porta lontano.
Come uccello spaurito
pei lacunari di una volta
di cui non trova uscita e crea soltanto
col suo strido più vasta solitudine.
Così presto il giuoco s'interrompe.
Sorridevamo, era leggiadra, e dopo
son rimasto con questa, che trabocca,
malinconia più cara delle stesse
ore di gioia o meno, non so dire.
Nel tramonto che non vuol più morire
lascia che sia la brezza a riportarmi
l'immagine di te forse più vera,
lasciami solo ai miei pensieri, l'Arno
è un fiume triste stasera.
Ed io non porterò più invidia al giorno,
se dove l'ombra della sera inchina
una stridula voce di bambina
ai bei rami sarà tessuta intorno.
Già i tenebrosi allori al roseo corno
della luna s'impigliano, e vicina
a noi è la selva dove in ghiaccia brina
le si spenge annerando il capo adorno.
E tentenna nel limpido topazio
stupito un viso, una palpebra lieve,
ed occhi ingenui bevono lo spazio,
ma di questo miraggio umidi in breve
i lecci amari addensano lo strazio
sulle rose notturne, come neve.