Poesie di François Villon

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Ballata di buona dottrina

Sia che le bolle in giro tu porti,
che imbroglione tu sia o baro ai dadi,
coniator di moneta, e ti scotti
come quelli che son sbollentati
vili spergiuri, privi di fede;
che rubi, arraffi, compia rapine:
dova va il frutto, non lo si vede?
Tutto alle bettole e alle sgualdrine.

Rima, motteggia, strimpella, suona
Cembalo e liuto, abbietto giullare;
fa’ scherzi e imbrogli, piffero intona;
in città e borghi va’ a recitare
e farse e ludi e moralità;
vinci a birilli, a carte, a che fine?
Tanto! ascoltate, poi se ne va
Tutto alle bettole e alle sgualdrine.

Tu le rigetti tali sozzure?
Va’ campi e prati ad arare e mietere,
cura e governa cavalli e mule,
se in alcun modo non sai di lettere;
se ti accontenti, viver ti è dato.
Ma se strigli la canapa, infine
Non dai il lavoro da te sudato
Tutto alle bettole e alle sgualdrine?

E brache, vesti, giubbe aghettate,
tutti gli stracci vostri, alla fine,
prima di far peggio, portate
tutto alle bettole e alle sgualdrine





François Villon (Parigi 1431/32 - dopo il 1463) e' stato un poeta francese. E' considerato il prototipo del poète maudit. Studente dell'Università, laureatosi alla facoltà di Lettere a 21 anni, condusse al Quartiere latino una vita allegra. Per quattro volte fu arrestato per episodi di malavita, fino a essere condannato a morte; ma riuscì sempre a essere rilasciato. A 24 anni uccise un prete in una rissa e fuggì da Parigi. Accolto a Blois alla corte di Carlo d'Orléans, il principe poeta, non riuscì a farvi carriera; condusse allora una miserabile vita errante sulle strade. Imprigionato a Meung-sur-Loire, liberato all'avvento di Luigi XI, ritornò a Parigi dopo sei anni. Nuovamente arrestato venne condannato all'impiccagione, pena tramutata in dieci anni di esilio dalla città. Aveva allora 31 anni; a quel punto se ne persero completamente le tracce.