Strappami dal sospetto
di essere nulla, più nulla di nulla.
Non esiste nemmeno la memoria.
Non esistono cieli.
Davanti agli occhi un pianoro di neve,
giorni non numerabili, cristalli
di una neve che sfuma all'orizzonte -
- e non c'è l'orizzonte -
Entro in questo amore come in una cattedrale,
come in un ventre oscuro di balena.
Mi risucchia un'eco di mare, e dalle grandi volte
scende un corale antico che è fuso alla mia voce.
Tu, scelto a caso dalla sorte, ora sei l'unico,
il padre, il figlio, l'angelo e il demonio.
Mi immergo a fondo in te, il più essenziale abbraccio,
e le tue labbra restano evanescenti sogni.
Prima di entrare nella grande navata,
vivevo lieta, ero contenta di poco.
Ma il tuo fascio di luce, come un'immensa spada,
relega nel nulla tutto quanto non sei.
A giorni alterni sono io la luna
e tu l'immensa terra che mi attira,
e questa notte tu, sei la luna
-io ti tengo al guinzaglio-
So che mi stai sognando, mi accarezzi,
i globuli lo sanno del mio sangue,
ogni mio nervo teso come un arco
o un'arpa eolia che vibra al respiro.
Ecco lo spazio magico in cui niente si è detto
ma il senso affiora da nebbie di preistoria.
Dormiamo in case lontane chilometri
ma i nostri sogni si congiungono in alto.
È così perfetta l'attesa (o l'intesa)
che sarà peccato trasformarla in parole.
Dovremmo preferire alla vita il silenzio
anche se questo silenzio è quintessenza della vita?
Si stemperò quell'angelo sul muro,
i lillà ricoprirono la spada,
quel viso formidabile e stupendo,
la lucente armatura circonfusa
da un candore di penne. Sempre tacqui.
Portavo in me il germoglio del futuro,
la gloria della Francia e di Gesù.
Tutto ciò che lui disse, un giorno fu.