I singhiozzi lunghi
dei violini
d'autunno
mi feriscono il cuore
con languore
monotono.
Ansimante
e smorto, quando
l'ora rintocca,
io mi ricordo
dei giorni antichi
e piango;
e me ne vado
nel vento ostile
che mi trascina
di qua e di là
come la foglia
morta.
La musica prima di tutto
e dunque scegli il metro dispari
più vago e più lieve,
niente in lui di maestoso e greve.
Occorre inoltre che tu scelga
le parole con qualche imprecisione:
nulla di più amato del canto ambiguo
dove all'esatto si unisce l'incerto.
Son gli occhi belli dietro alle velette,
l'immenso dì che vibra a mezzogiorno,
e per un cielo d'autunno intepidito
l'azzurro opaco delle chiare stelle!
Perché ancora bramiamo sfumature,
sfumatura soltanto, non colore!
Oh! lo sfumato soltanto accompagna
il sogno al sogno e il corno al flauto!
Fuggi più che puoi il Frizzo assassino,
il crudele Motteggio e il Riso impuro
che fanno lacrimare l'occhio dell'Azzurro,
e tutto quest'aglio di bassa cucina!
Prendi l'eloquenza e torcigli il collo!
Bene farai, se con ogni energia
farai la Rima un poco più assennata.
A non controllarla, fin dove potrà andare?
O chi dirà i difetti della Rima?
che bambino stonato, o negro folle
ci ha fuso questo gioiello da un soldo
che suona vuoto e falso sotto la lima?
E musica, ancora, e per sempre!
Sia in tuo verso qualcosa che svola,
si senta che fugge da un'anima in viaggio
verso altri cieli e verso altri amori.
Sia il tuo verso la buona avventura
spanta al vento frizzante del mattino
che fa fiorire la menta ed il timo...
Il resto è soltanto letteratura.
Camera, conservi ancora i loro spettri ridicoli,
piena di luce sporca e di rumori di ragni?
Camera, conservi ancora le loro forme disegnate
da quelle macchie sui muri, da quelle virgole?
Si pensi pure ciò che si vuole, non è così:
brava gente, voi non capite niente.
Vi dico che non si trattava di ciò che si pensò.
Solo tu, camera che fuggi in desolanti coni,
solo tu sai! ma certamente quante notti di nozze
avranno sverginato, da allora, le loro notti!
Tenera, la giovane donna fulva,
eccitata da tanta innocenza,
sussurra alla bionda giovanetta
queste parole, piano, dolcemente:
"Linfa che sale e fiore che sboccia,
la tua infanzia è una pergola:
lascia vagare le mie dita nel muschio
dove brilla il bocciolo di rosa,
"Lasciami bere nell'erba chiara
le gocce di rugiada
che bagnano il tenero fiore,
"Affinché, mia cara, il piacere
illumini la tua candida fronte
come l'alba il timido azzurro"
Ogni conchiglia incrostata
nella grotta ove ci amammo
ha una sua particolarità.
L'una ha la porpora della nostra anima
rapita al sangue del nostro cuore,
quando io brucio e tu divampi;
quell'altra ostenta i tuoi languori
e i tuoi pallori quando stanca
ti adiri contro i miei sguardi beffardi:
questa ricorda la grazia
del tuo orecchio, e quella
la tua nuca corta e grassa.
Ma una, fra tutte, mi ha turbato.