La testa china sul petto,
il flebile affanno di un respiro malato,
sangue e vomito,
e una vertigine di ancestrale delirio,
una lirica vecchia quanto l'universo
e la ricerca di un Dio latitante.
L'inferno dell'esistenza si consuma
tra le fiamme del crudele destino
e il gelo della solitudine.
L'oscurità,
amica dei figli del dolore,
si fa spazio
in uno spasmo di sofferenza
mentre un ululato nella notte
dona al novello adepto della morte
il sigillo di quella cruenta belva
che è la rassegnazione.