Girotondo, girotondo,
se tu giri intorno al mondo
puoi affacciarti sulle cime
di montagne e di colline,
vedi i laghi, guardi i mari,
golfi, porti, spiagge, fari,
c'è una donna su un terrazzo,
fra le nubi passa un razzo,
la campagna è un gran tappeto
colorato, c'è un vigneto
e nel centro una torretta,
sopra i tetti una civetta,
strade, piazze, slarghi, ponti,
cieli aperti ed orizzonti
rossi, blu, viola, arancio,
c'è la luna appesa a un gancio,
nell'oceano profondo
anche là si gira in tondo.
Giri tu e gira la Terra,
mentre è in pace e quando è in guerra,
giri e intanto gira tutto:
Sole e stelle, bello e brutto.
Chi sa dove c'è chi tira
una leva e tutto gira...
Nelle tue palme dischiuse
lascia ch'io posi stasera
questo mio sonno di lacrime.
Né sei più tu chi diceva
"andremo.. sempre..." Tu vai
incontro ad altre parole
per strade che non conosco
ed io rimango a pensare
se tutto fu gioco.
Non ci sono piogge e venti
nel paese dei contenti,
non c'è giorno, non c'è notte,
e nemmeno prugne cotte,
non c'è guerra, non c'è pace,
non c'è cenere, né brace,
non c'è studio, né pigrizia,
non c'è gioco, né mestizia,
non ci sono piazze e ponti,
non ci sono soldi e conti,
non ci sono linee storte
e nemmeno strade corte.
Non c'è niente, proprio niente,
pure esiste se la gente
se lo immagina un paese
strafelice, stracortese.
E ciascuno se ne bea,
ma non è più di un'idea,
una voglia, un desiderio:
da non prendere sul serio.
Ancora la vita
come fosse un altrove
da abitare nel sogno
e questa - di rabbie, di attese,
e pure cara, cercata -
la porta da valicare,
una vigilia, una sosta.
Ancora l'ansia,
come scura semenza
da concimare, annaffiare,
e in essa la mappa
per seguitare il viaggio.
(Un pomeriggio, a Sabaudia,
nella tua ultima estate
- dal terrazzo tua madre
chiama il mare che avanza -
maledici il catrame
dentro la sabbia, lungo la battigia,
e stupisci dell'olio
di uliva che smacchia).
Parole come gesti che additano il percorso,
innervate, veloci, da sottrarre al silenzio.
Parole che dissaldano segreti,
che disfano la trama
spessa della paura.
Leggere come foglie,
aguzze come lame,
usurati strumenti
ma chiamano l'attesa,
la salvezza.
Corsa breve di sillabe, universo
ricomposto di scaglie,
involucro, confine,
di un impresa insoluta.
Mappa, specchio reclino,
porta schiusa di un sogno,
e cercarvi la voce
che finalmente adduca
dal nome al corpo.
Fiato, grido, sussurro,
e ritrovarvi il segno
lieve, solo il lacerto di un motivo
che un poco ferma, un poco accompagna.
Parole del tornare nell'addio.