E verde e fosca l'alpe, e limpido e fresco è il mattino,
e traverso gli abeti tremola d'oro il sole.
Cantan gli uccelli a prova, stormiscono le cascatelle,
precipita la scesa nel vallone di Niel.
Ecco le bianche case. La giovine ostessa a la soglia
ride, saluta e mesce lo scintillante vino.
Per le fórre de l'alpe trasvolan figure ch'io vidi
certo nel sogno d'una canzon d'arme e d'amori.
Il sole illustra le cime.
Là in fondo sono i miei colli,
con la serena vista,
con le memorie pie.
Lenta fiocca la neve pe ‘l ciel cinereo: gridi,
suoni di vita più non salgon da la città,
non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro,
non d’amor la canzone ilare e di gioventù.
Da la torre di piazza roche per l’aere le ore
gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dì.
Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati: gli amici
spiriti reduci son, guardano e chiamano me.
In breve, o cari, in breve – tu calmati, indomito cuore –
giù al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.
A te, de l'essere
Principio immenso,
Materia e spirito,
Ragione e senso;
Mentre ne' calici
Il vin scintilla
Sì come l'anima
Ne la pupilla;
Mentre sorridono
La terra e il sole
E si ricambiano
D'amor parole,
E corre un fremito
D'imene arcano
Da' monti e palpita
Fecondo il piano;
A te disfrenasi
Il verso ardito,
Te invoco, o Satana,
Re del convito.
Via l'aspersorio,
Prete, e il tuo metro!
No, prete! Satana
Non torna indietro!
Vedi: la ruggine
Rode a Michele
Il brando mistico,
Ed il fedele
Spennato arcangelo
Cade nel vano.
Ghiacciato è il fulmine
A Geova in mano.
Meteore pallide,
Pianeti spenti,
Piovono gli angeli
Da i firmamenti.
Ne la materia
Che mai non dorme,
Re de i fenomeni,
Re de le forme,
Sol vive Satana.
Ei tien l'impero
Nel lampo tremulo
D'un occhio nero,
O ver che languido
Sfugga e resista,
Od acre ed umido
Pròvochi, insista.
Brilla de' grappoli
Nel lieto sangue,
Per cui la rapida
Gioia non langue,
Che la fuggevole
Vita ristora,
Che il dolor proroga,
Che amor ne incora.
Tu spiri, o Satana,
Nel verso mio,
Se dal sen rompemi
Sfidando il dio
De' rei pontefici,
De' re cruenti;
E come fulmine
Scuoti le menti.
A te, Agramainio,
Adone, Astarte,
E marmi vissero
E tele e carte,
Quando le ioniche
Aure serene
Beò la Venere
Anadiomene.
A te del Libano
Fremean le piante!
De l'alma Cipride
Risorto amante
A te ferveano
Le danze e i cori,
A te i virginei
Candidi amori,
Tra le odorifere
Palme d'Idume,
Dove biancheggiano
Le ciprie spume.
Che val se barbaro
Il nazareno
Furor de l'agapi
Dal rito osceno
Con sacra fiaccola
I templi t'arse
E i segni argolici
A terra sparse?
Te accolse profugo
Tra gli dèi lari
La plebe memore
Ne i casolari.
Quindi un femineo
Sen palpitante
Empiendo, fervido
Nurne ed amante,
La strega pallida
D'eterna cura
Volgi a soccorrere
L'egra natura.
Tu a l'occhio immobile
De l'alch
Dunque d'Europa nel servil destino
Tu il riso atroce e santo
O di Ferney signore, e, cittadino
Tu di Ginevra, il pianto
Messaggeri inviaste, onde gioioso
Abbatté poi Parigi
E la nera Bastiglia e il radioso
Scettro di san Luigi.
Dunque, tra 'l ferro e 'l fuoco, al piano al monte,
Cantando in fieri accenti,
Co' piedi scalzi e la vittoria in fronte
E le bandiere a' venti,
Vide il mondo passar le tue legioni,
O repubblica altera,
E spazzare a sè innanzi altari e troni,
Come fior la bufera;
Perché, su via di sangue e di tenèbre
Smarriti i figli tuoi
E mutata ad un'upupa funèbre
L'aquila de gli eroi,
Là ne colli sabini, esercitati
Dal piè de l'immortale
Storia, tu distendessi i neri agguati,
Masnadiera papale,
E, lui servendo che mentisce Iddio,
Francia, a le madri annose
Tu spegnessi i figliuoli et il desio
Di lor vita a le spose,
E noi per te di pianto e di rossore
Macchiassimo la guancia,
Noi cresciuti al tuo libero splendore,
Noi che t'amammo, o Francia?
Ahi lasso! Ma de' tuoi monti a l'aprico
Aer e nel chiostro ameno
Più non ti rivedrò, mio dolce amico,
Come al tempo sereno.
Per l'alpestre cammino io ti seguia;
E 'l tuo fucil di certi
Colpi il silenzio ad or ad or fería
De' valloni deserti.
L'alta Roma io cantava in riva al fiume
Famoso a l'universo:
E il can latrando a le cadenti piume
Rompeva a mezzo il verso,
O a te accennando usciva impaziente
Fuor de la macchia bruna;
Or raspa su la tua fossa recente,
E piagnesi a la luna.
Squallidi or sono i monti: ma l'aprile
Roseo nel ciel natio
Tornerà, che doveva una gentile
Ghirlanda al tuo desio:
E in vece condurrà l'allegra schiera
De gli augelli in amore
Su l'erba ch'alta andrà crescendo e nera
Dal tuo giovenil core.
Perché i bei colli di vendemmia lieti,
Perché lasciasti, amico,
Sfuggendo a' pianti de l'amor segreti
Sur un volto pudico?
Perché la madre tua lasciasti? Oh, quando
A mensa ella s