Vivevi dall'alto della tua bolla,
seduta su di un letto ricamato rosso,
che spellavi con le unghie
un consumato orsetto..
La voce sopra ciò che di comune
ti nauseava i capelli aberranti..
Mordevi la bestemmia
e riempivi il tuo vuoto con la pietà dei semplici..
Da sotto la maglia
hai aperto la scatola del ritorno
-questo- hai restituito ai semplici:
vane illusioni
e scintille di plastica..
Seguendo la linea
del tuo collo,
reso alla luce
dai tuoi capelli neri raccolti,
intorno ad un seno candido e morbido,
scendo con la voglia
sul tuo ventre, reso gonfio
e contaminato.
La noia ti ha portata
ad amare. Un altro uomo
si coltiva su di te.
Dea romana, ne calzari o bracciali
ad adornarti il corpo,
solo una voglia inconcepita,
un'idea prepotente,
un gonfiore estraneo.
La mia voglia non ha tempo,
non ha ordine,
non ha cognizione,
resta sospesa tra il nulla e la sua realizzazione.
Dea di brina,
ogni desiderio si scontra col suo tempo,
e diventa, estraneo all'evento, una violenza.