E sto abbracciato a te
senza chiederti nulla, per timore
che non sia vero
che tu vivi e mi ami.
E sto abbracciato a te
senza guardare e senza toccarti.
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze,
quella solitudine immensa
d'amarti solo io.
Svegliati. il giorno ti chiama
alla tua vita:il tuo dovere.
A nient'altro che a vivere.
Strappa ormai alla notte
negatrice e all'ombra
ce lo celava, quel corpo
di cui è in attesa, sommessa,
la luce, nell'alba.
In piedi, afferma la retta
volontà semplice d'essere
pura vergine verticale.
Senti il tuo corpo.
Freddo? Caldo? Lo dirà
il tuo sangue contro la neve
da dietro la finestra;
lo dirà
il colore sulle tue guancie.
E guarda il corpo. E riposa
senz'altro impegno che aggiungere
la tua perfezione a un altro giorno.
Il tuo compito
è sollevare la tua vita,
giocare con lei, lanciarla
come voce alle nubi,
a riafferrare le luci,
che ci hanno lasciato.
Questo è il tuo destino:viverti.
Non devi far nulla.
La tua opera sei tu, niente altro
I cieli sono uguali
Azzurri, grigi, neri,
si ripetono sopra
l'arancio o la pietra:
guardarli ci avvicina.
Annullano le stelle,
tanto sono lontane
le distanze del mondo.
Se noi vogliamo unirci,
non guardare mai avanti:
tutto pieno di abissi,
di date e di leghe.
Abbandonati e galleggia
sopra il mare o sull'erba,
immobile, il viso al cielo.
Ti sentirai calare
lenta, verso l'alto,
nella vita dell'aria.
E ci incontreremo
oltre le differenze
invincibili, sabbie,
rocce, anni, ormai soli,
nuotatori celesti,
naufraghi dei cieli.
Non ho bisogno di tempo
per sapere come sei:
conoscersi è luce improvvisa.
Chi ti potrà conoscere
là dove taci, o nelle
parole con cui tu taci?
Chi ti cerchi nella vita
che stai vivendo, non sa
di te che allusioni,
pretesti in cui ti nascondi.
E seguirti all'indietro
in ciò che hai fatto, prima,
sommare azione a sorriso,
anni a nomi, sarà
come perderti. Io no.
Ti ho conosciuto nella tempesta.
Ti ho conosciuto, improvvisa,
in quello squarcio brutale
di tenebra e luce,
dove si rivela il fondo
che sfugge al giorno e alla notte.
Ti ho visto, mi hai visto, ed ora,
nuda ormai dell'equivoco,
della storia, del passato,
tu, amazzone sulla folgore,
palpitante di recente
ed inatteso arrivo,
sei così anticamente mia,
da tanto tempo ti conosco,
che nel tuo amore chiudo gli occhi,
e procedo senza errare,
alla cieca, senza chiedere nulla
a quella luce lenta e sicura
con cui si riconoscono lettere
e forme e si fanno conti
e si crede di vedere
chi tu sia, o mia invisibile.
Il modo tuo d'amare
È lasciare che io ti ami.
Il si con cui ti abbandoni
È il silenzio. I tuoi baci
Sono offrirmi le labbra
Perché io le baci.
Mai parole o abbracci
Mi diranno che esistevi
E mi hai amato: mai.
Me lo dicono fogli bianchi,
mappe, telefoni, presagi,
tu, no.
E sto abbracciato a te
Senza chiederti nulla, per timore
Che non sia vero
Che tu vivi e mi ami.
E sto abbracciato a te
Senza guardare e senza toccarti.
Non debba mai scoprire
Con domande, con carezze,
quella solitudine immensa
d'amarti solo io.
Pedro Salinas e' stato un poeta spagnolo e già all'eta di 20 anni pubblicava i suoi primi versi, in seguito da egli stesso rinnegati. Si laurea in lettere nel 1913 e nello stesso anno partecipa ad un antologia di poesie francesi tradotte, preparata da E. Dìez Canedo, tra i suoi primi amici in ambito letterario. Gli viene conferita la nomina di lettore di spagnolo alla Sorbona e a Parigi trascorre 3 anni. Rientrato in patria, vinve un concorso a cattedre di lingua e letteratura spagnola e opta per Siviglia come sede. Tra i suoi alunniincontra Luis Cernuda e stringe fraterna amicizia con J. Giullèn. Tra il 23 e il 47 pubblica, tra le sue opere più note, Presagios, Amor en vilo, La voz a te debita, Razon de amor, El contemplado. La sua poesia alterna articolazioni dialettiche, sviluppate attorno ad un unico tema(l'amore) ad un linguaggio minutamente analitico seppur ironico