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Poesie di Roberto Vecchioni

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Le lettere d'amore

Fernando Pessoa chiese gli occhiali
e si addormentò
e quelli che scrivevano per lui
lo lasciarono solo
finalmente solo...
così la pioggia obliqua di Lisbona
lo abbandonò
e finalmente la finì
di fingere fogli
di fare male ai fogli...

E la finì di mascherarsi
dietro tanti nomi,
dimenticando Ophelia
per cercare un senso che non c'è
e alla fine chiederle "scusa
se ho lasciato le tue mani,
ma io dovevo solo scrivere, scrivere
e scrivere di me..."
e le lettere d'amore,
le lettere d'amore
fanno solo ridere:
le lettere d'amore
non sarebbero d'amore
se non facessero ridere;
anch'io scrivevo un tempo
lettere d'amore,
anch'io facevo ridere:
le lettere d'amore
quando c'è l'amore,
per forza fanno ridere.

E costruì un delirante universo
senza amore,
dove tutte le cose
hanno stanchezza di esistere
e spalancato dolore.

Ma gli sfuggì che il senso delle stelle
non è quello di un uomo,
e si rivide nella pena
di quel brillare inutile,
di quel brillare lontano...

E capì tardi che dentro
quel negozio di tabaccheria
c'era più vita di quanta ce ne fosse
in tutta la sua poesia
e che invece di continuare a tormentarsi
con un mondo assurdo
basterebbe toccare il corpo di una donna,
rispondere a uno sguardo...

E scrivere d'amore,
e scrivere d'amore,
anche se si fa ridere
anche quando la guardi,
anche mentre la perdi
quello che conta è scrivere
e non aver paura,
non aver mai paura
di essere ridicoli:
solo chi non ha scritto mai
lettere d'amore
fa veramente ridere

Le lettere d'amore,
le lettere d'amore,
di un amore invisibile
le lettere d'amore
che avevo cominciato
magari senza accorgermi;
le lettere d'amore
che avevo immaginato,
ma mi facevan ridere
magari fossi in tempo
per potertele scrivere...



Il cielo capovolto

Che ne sarà di me e di te,
che ne sarà di noi?
L'orlo del tuo vestito,
un'unghia di un tuo dito,
l'ora che te ne vai...
Che ne sarà domani, dopodomani
e poi per sempre?
Mi tremerà la mano
passandola sul seno,
cifra degli anni miei...

A chi darai la bocca, il fiato,
le piccole ferite,
gli occhi che fanno festa,
la musica che resta
e che non canterai?
E dove guarderò la notte,
seppellita nel mare?
Mi sentirò morire
dovendo immaginare
con chi sei...

Gli uomini son come il mare:
l'azzurro capovolto
che riflette il cielo;
sognano di navigare,
ma non è vero.
Scrivimi da un altro amore,
e per le lacrime
che avrai negli occhi chiusi,
guardami: ti lascio un fiore
d'immaginari sorrisi.

Che ne sarà di me e di te,
che ne sarà di noi?
Vorrei essere l'ombra,
l'ombra che ti guarda
e si addormenta in te;
da piccola ho sognato un uomo
che mi portava via,
e in quest'isola stretta
lo sognai così in fretta
che era passato già!

Avrei voluto avere grandi mani,
mani da soldato:
stringerti così forte
da sfiorare la morte
e poi tornare qui;
avrei voluto far l'amore
come farebbe un uomo,
ma con la tenerezza,
l'incerta timidezza
che abbiamo solo noi...

gli uomini, continua attesa,
e disperata rabbia
di copiare il cielo;
rompere qualunque cosa,
se non è loro!
Scrivimi da un altro amore:
le tue parole
sembreranno nella sera
come l'ultimo bacio
dalla tua bocca leggera.



Pagando s'intende

E il conte al sommo della gloria
fece a pezzi la sua vita,
a pezzi la memoria,
a pezzi i rubinetti e il sole,
anche il cavallo si mangiò;
gridando "adesso so chi sono,
più mi ci abituerò".
Di quello che non ho fermato
e che valeva oggi mi pento;
ma è tardi e non ho pianto.
Forse qualcosa muore dentro
forse è perché non amo più;
ho perso tutto questo tempo
e non vi abbraccerò mai più.

E tutto quello che so dire
è che sovente il mio dolore
sa farmi divertire;
la rabbia mi mantiene calmo,
e abbasso questa libertà;
un vecchio amico, un vecchio incontro
-oggi- sarebbe sì una novità.

Rapidamente viene inverno
-Di' qualche cosa di più serio-
forse qualcosa muore dentro
--Di' qualche cosa di più vario-

E tutto quello che so dire
è che sovente il mio dolore
sa farmi divertire...

Pagando, s'intende.



Vaudeville (Ultimo Mondo Cannibale)

E spararono al cantautore
in una notte di gioventù,
gli spararono per amore
per non farlo cantare più;
gli spararono perché era bello
ricordarselo com'era prima,
alternativo, autoridotto,
fuori dall'ottica del sistema.
Scemo, scemo.
Mentre cadeva giù dalle tasche
gli rotolavan di qua e di là
soldi di Giuda, bucce di pesche
e tante altre curiosità,
mentre cadeva, buono tra i buoni
e si anniebbiava vieppiù la vista
fece di getto due o tre canzoni,
segno che era un grande artista.
Scemo, scemo.
E spararono al cantautore
in un eccesso di gioventù,
gli spararono per ricordarlo
com'era stato e non era più.
E con il mento fra le due assi,
steso sul palco con gli occhi blu,
sentì gridare dietro quei passi
"Se lo mangiamo siam come lui".





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