Siamo molto cortesi l'uno con l'altro,
diciamo che e' bello incontrarsi dopo anni.
Le nostre tigri bevono latte.
I nostri sparvieri vanno a piedi.
I nostri squali affogano nell'acqua.
I nostri lupi sbadigliano alla gabbia aperta.
Le nostre vipere si sono scrollate di dosso i lampi,
le scimmie gli slanci, i pavoni le penne.
I pipistrelli gia' da tanto sono volati via dai nostri capelli.
Ci fermiamo a meta' della frase,
senza scampo sorridenti.
La nostra gente
non sa parlarsi.
Cammino sul pendio d'una collina verde.
Erba, tra l'erba fiori
come in un quadretto per bambini.
Il cielo annebbiato, già tinto d'azzurro.
La vista si distende in silenzio sui colli intorno.
Come se qui mai ci fossero stati cambriano e siluriano,
rocce ringhianti l'una all'altra,
abissi gonfiati,
notti fiammeggianti
e giorni nei turbini dell'oscurità.
Come si di qua non si fossero spostate le pianure
in preda a febbri maligne,
brividi glaciali.
Come se solo altrove fossero ribolliti i mari
e si fossero rotte le sponde degli orizzonti.
Sono le nove e trenta, ora locale.
Tutto è al suo posto e in garbata concordia.
Nella valletta un piccolo torrente in quanto tale.
Un sentiero in forma di sentiero da sempre a sempre.
Un bosco dal sembiante di bosco pei secoli dei secoli, amen,
e in alto uccelli in volo nel ruolo di uccelli in volo.
Fin dove si stende la vista, qui regna l'attimo.
Uno di quegli attimi terreni
che sono pregati di durare.
La ragazzina che ero -
la conosco, ovviamente.
Ho qualche fotografia
della sua breve vita.
Provo un'allegra pietà
per un paio di poesiole.
Ricordo alcuni fatti.
Ma,
perché chi è qui con me
rida e mi abbracci
rammento solo una storiella:
l'amore infantile
di quella bruttina.
Racconto
com'era innamorata di uno studente,
cioè voleva
che lui la guardasse.
Racconto
come gli corse incontro
con una benda sulla testa sana
perché almeno, ah, le chiedesse
cos'era successo.
Buffa piccina.
Come poteva sapere
che anche la disperazione dà benefici
se si ha la fortuna
di vivere più a lungo.
Le pagherei un dolcetto.
Le pagherei il cinema.
Vattene, non ho tempo.
Eppure vedi
che la luce è spenta.
Certo capisci
che la porta è chiusa.
Non scuotere la maniglia -
quello che ha riso,
quello che mi ha abbracciato,
non è il tuo studente.
Faresti meglio a tornare
da dove sei venuta.
Non ti devo nulla,
donna qualunque,
che sa solo
quando
tradire un segreto altrui.
Non guardarci così
con quei tuoi occhi
troppo aperti,
come gli occhi dei morti.
Quando pronuncio la parola Futuro
la prima sillaba va già nel passato.
Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.
Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualcosa che non entra in alcun nulla.
Non s'intende di scherzi,
stelle, ponti,
tessitura, miniere, lavoro dei campi,
costruzione di navi e cottura di dolci.
Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito.
Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa,
né mettere insieme una bara,
né rassettare il disordine che lascia.
Occupata a uccidere,
lo fa in modo maldestro,
senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.
Vada per i trionfi,
ma quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!
A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più di un bruco
la batte in velocità.
Tutti quei bulbi, baccelli,
antenne, pinne, trachee,
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo svogliato lavoro.
La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno fin ora, insufficiente.
I cuori battono nelle uova. Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline,
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.
Chi ne afferma l'onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.
Non c'è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale.
La morte
è sempre in ritardo di quell'attimo.
Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.