Mente che sol a se stessa pensa
sguardo distratto inaridito cuore
quei letti di cartone nell'inverno
erbe di un parco nella stagion
estiva povere lì sfatte povere
membra vi riposan ecco man
tremanti via via crescenti
dove un tempo di affamati
cani vi era zuffa e battaglia
rovistan disperati s'affannan
negli scarti dell'opulenza tua
soffermati un poco ti dico amic
Cammina piano piano,
lo seguo da lontano
quel povero barbone,
fa fatica per procurarsi
un boccone.
Vestito di miseria,
con gli occhi stralunati,
si siede in un gradino
aspettando che arrivi
il mattino
Non ha niente:
né un tetto,
né un affetto,
possiede solo un cuore
che batte di speranza
per un domani migliore
vicino al Signore
Stamane mi sono svegliata
E un’ amica ma chiesto se voglio pensare
Per mettere in rima una storia già usata
E fare sentire alla gente di amare:
È questo che oggi ho voglia di fare,
Li voglio guardare negli occhi e nel cuore,
Ma nulla potrò mai loro insegnare,
Son loro che fanno capire il dolore.
Un urlo pacato gli scende dal volto,
Nessuno lo riesce a sentire
Ma un gioco a
Colori che forse un tempo
si macchiavano
di terra, di prato,
sono ora scuriti,
mentre curva sulla strada
canti, glorifichi,
durante la quotidiana
processione.
E volgo lo sguardo, e lo vedo, il capo mi si china, e l’anima mia lo guarda.
Mi sconcerta e mi duole la vista di costui,
ha gli occhi buoni, e la magrezza della sofferenza,
lo sguardo suo non reggo, e mi scoraggio, e continua a guardarmi,
mi confonde costui, non lo sopporto,
mi tende la sua mano scarna, mi ritraggo, e mi vergogno,
sì, dell’opulenza mia, io mi vergogno.
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