La medicina
passi da gigante
fa,
ma sol
per chi le tasche
di dobloni
piene ha;
per il povero barbone
basta un raffreddore,
per stecchito,
al primo mattino,
senza più pene,
trovarsi.
Non ho più occhi per vedere
la nebbia dilaniata dagli artigli dei colli.
Il rame e l'argento delle nuvole
la luce che colora le ombre
di buio. E i raggi delle conchiglie
il ruvido della sabbia
tra le dita dei piedi
il sorriso delle onde?
Son rimaste soltanto le mani
le vene fluorescenti di platino
avvolte in carta stagnola
nient'altro da vomitare
neppure le parole.
Mite era il tuo canto
a ispirarmi dolcezza
se t'avessi raggiunta
t'avrei baciata tutta
senza sfiorar le tue labbra
perché quella melodiosa nenia
continuasse a darmi un felice tormento.
Avevo ancor vivo il desiderio
quando tuo canto divenne lacerante
la promessa d'amore svanì
una fredda lama tagliente
mi penetrò nelle ossa.
Amo le tue mollezze
la rotondità dei tuoi fia
Dimenticare
l'aroma dei fiori
non ricordare
né figure né colori
disperdere memoria
di chi mi è vicino
non sentire lo spegnersi
come un lumino
vivendo le reminiscenze
del male presente
e guardando a tergo
osservare
il vuoto... il niente
Invito
con tutto
l'ardore
che ancor
mi rimane,
a fare bene
a chiunque
soccorso
chiede,
il male oscuro
non conosce amici,
ovunque
colpisce
senza mai
avvisarti.
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