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Strettoie
Fremiti momenti indotti
da incondizionate condizioni
economiche razioni di ragioni
che sostengono
una muraglia di abnegazioni.
Una maglia intessuta
coi resti di ferro
di una battaglia persa
cosparsa di ghirlande
d'indecoroso e gonfio consenso.
Cerchi arrestati
in archi protesi
sospesi sul dorso più gobbo
dispersi in una spoglia di mesi
nel senso delle bandiere.
E poi, una mandata di arresi
a sconvolgere il fiato arso
sull'andato trionfo tumulato
dagli allori appassiti
dalle architetture isolate
dalle lingue morte
dalle scritture mute
invocando il tempo andato
sgusciando il tempo andante
che nutre i parassiti
su cui dormo.
Sono battuta da polveri e aliti minuti.
Artificieri dei collassi delle utilità
ammassi che arrestano gli istanti
catapultandosi sulle proprie abilità
come piccole pietre dure
nelle istanze incessanti dei corpi
buttati tra i malandati avanzi
nei loro rifiuti cumulati
dell'autosuggestionabilità.
Una pressione,
alcun passaggio.
Invasione dell'accettabilità.
E dei passati e dei passanti
è un rinnovato
transito nel tanfo del rimorso.
In Reality Metropoly nessuno sa quanto è profondo
si continua a scavare il fosso
preferendo telecomandare
la qualità del proprio sottofondo.
La parola è per i disadattati
l'ascolto di chi tace
è l'appannaggio dei disincantati.
L'autotelaio che conduce
entro i fili spinati
lapida la ragione sulle filiere
e firma l'abiura "alla ricerca della pace interiore"...
Accresce il rumore nell'inesistenza
in una galera d'apparenza
ovattata nella trasparenza di un cellofan
per prevenire il colera della tolleranza.
Il silenzio da cui nasce
la vera attesa la più creativa
quella verità attiva
che cresce
agisce
e non pasce
è nella mente di chi
per lusso
ancora pensa
e si addensa nei connubi
delle nubi
sottovoce.
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