Polvere dovunque, attorno a me, in basso, in alto,
pulviscolo leggero sospeso nell'aria,
ondeggiano quasi immobili in un chiarore diffuso
particelle dal colore giallo pallido
che non mi fanno vedere più niente intorno.
Comprensibile, se mi trovassi in un deserto
oppure su uno sterrato di campagna,
ma sono in città, su un marciapiede che non vedo,
al bordo di un asfalto invisibile, tra case e, suppongo, persone
che sono completamente sottratte alla mia vista.
Ieri non era così.
La consueta superficialità, la diffidenza,
gli incroci di cortesie "Buongiorno", "Grazie, altrettanto",
ma anche abbracci sinceri e pene d'amore,
tutto in evidenza, come sempre, in un'aria tersa e ventilata.
Cos'è successo oggi?
Passo dopo passo, molto lentamente per evitare gli ostacoli,
mi muovo e sono stupefatto.
Non incontro resistenza, cioè pali, muri, corpi,
l'unica certezza è il piano solido su cui poggio i piedi.
La città si è d'un tratto polverizzata?
Le persone sono sparite o sono state inghiottite dal nulla?
A pensarci, qualche avvisaglia c'era.
Ogni tanto qualcuno perdeva la mandibola.
Ho visto impiegati affondare nell'asfalto senza un grido,
scomparivano semplicemente.
E lei, ragione di ogni battito del mio cuore,
anima in cui vibrava una sottile fierezza,
leggera come le parole che dava in prestito al cielo,
è scivolata via dai miei respiri come scivola un corpo
aggrappato alle dita che lo trattenevano dal precipitare.
Ora le risa, i sogni, le parole sono diventati sabbia,
le speranze hanno subito una totale limatura.
Bruciano i miei occhi, lacrime di cenere e di paura.
La mia vita è diventata incomprensibile,
forse è un segno dell'oscurità, l'esperienza estrema
del disordine e del caos, in cui devo solo andare avanti
senza guardare, senza chiedermi niente.
Forse la polvere è la mia dissoluzione.
Forse a rinascere serve questa confusione.