Bianco albero
Sulla collina
Nell’arida terra del sordo sole
Socchiusi gli occhi
E il mondo scomparve
Mi ritrovai fra tre ombre
Tre occhi mi fissavano dal cielo
Un tempio in lontananza
Di un violaceo splendore
Gli angoli che mutavano
Le geometrie sconosciute
Nelle cornici del tempio
E il vorticoso rappresentarsi della follia
Aggiravano il buio esseri sconosciuti
Visioni di delirio
Abomini dell’incubo
Sottili come la foschia
E come una grande bocca di donna
La porta del tempio si aprì
Mi baciò, mi mangiò, mi ingoiò
Nel suo turbinante slancio di energia cosmica.
E il grande albero bianco
cominciò a sanguinare
mentre traslavo i miei confini
nella dimensione
vidi l’albero diventare rosso
e vidi il cielo diventare bianco
e la mia mente si aprì
e ne uscirono petali d’argento
che come gocce caddero nella sabbia
facendo sorgere mille lune
vedevo il tempo passare
con le lune che danzavano senza fatica
poi si schiusero
e come quando gli occhi bruciano
dopo aver toccato il fondo dell’oceano
ripresi a respirare
ero una linea nera che correva
veloce, veloce, sempre più
nel nero cosmico
ero una curva
ero un cerchio
ero una sfera
e conobbi l’assenza di limiti…
ma qualcosa straziò l’ombra
che urlando scomparve
per far posto alla luce
che tutto scopre
che ti guarda
nudo come sei
che ti accusa
perché esisti
che ti impone le sue regole
e non ti da una porta per uscire
arrivò la luce
e mi svegliai.
Ero nato.
Cominciai a piangere.