Termina la vita mia, ché muore per la tua;
un microbo uccide un elefante,
un gigante che non lo può affrontare
si stende nel campo e si dice la sua...
Canzoni lontane mai abbandonate,
adornano coi fiori le sassate
che hanno deturpato in modo orrendo
la mia espressione correndo verso te;
ciechi i miei occhi, bacerà mia madre
e la sua sofferenza sarà lenita
per quella pace che non ho raggiunto
nel mezzo dell’insonnia e dei dolori:
metà di vita appesa senza prezzo.
Lascia che questo avvenga
nel luogo raggrinzito
e, per l’ultima volta,
io stringa le tue zampe o quel che dura
delle mielate mani,
tanto domani sarà tutto finito.
Ricorda negli inutili momenti,
quando sarai nuda per dovere,
che non conoscevi molto bene
l’esistenza di una storia morta bambina:
una storia che non saprai mai raccontare;
ti dirai che di quell’orso non sapevi nulla,
confortandoti cambiando arredamento
nel fuoco gelido e oscuro del rimorso.