Giorni scalpitanti
di nuotare nel ruscello della storia
provando stanno
il loro frac luccicante
in un camerino di cristallo d'orizzonte;
imperativo scritto
su un calendario di dolcezza
sfilare maestosamente,
divincolandosi dagli abbracci graffianti
di una corsa inebetita ed estraniante
dondolarsi fieri
e ansiosi di ricolmarsi di memoria
come il canto inebriante delle mele
arrampicarsi
su scogli di miele
sui rossetti timidi
che sapranno custodire discreti
i baci di un amore
che comincia a colorare la sua tela;
anno che lentamente ti comporrai
anno di stelle che ondeggiano nella notte
tra le luci di un vecchio tramvai
scrivi il tuo indirizzo rinfrescante
sul foglio di anime
rapite dal gigante di rame della paura.
Anno che ti adagi
tra i pedali gementi
di un ciclista assonnato
spalanca con le tue mani
di contadino che ha imparato
a domare le bizzarrie sfuggenti della campagna
la strada che possa condurre
a scorgere la tiepidezza
del frumento che si sdraia festante
sulle ginocchia bambine dei campi;
anno che ti concederai
come le sinuosità incandescenti
di una baiadera
plasmata dal cono di luce della sera
offri le tue spalle robuste
al tossire solitario del clochard
che osserva nel fondo della sua minestra
se sia rimasta un po' di vita anche per lui.
Anno che tra le tue pupille infinite
vedrai barche di voci
di pazienti incarcerati in un letto d'ospedale
farsi ormeggiare in una speranza di rinascita
sii il bacio fraterno e nascosto
dei medici il cui bisturi
luccica tra mani desiderose
di ricamare risurrezioni.
Ti attenderò, come sempre
laddove le mie dita
cercheranno violini di compiuti sorrisi
da poter suonare e far suonare,
non scordare, ti prego,
di sincronizzare per tutti
l'orologio di un sorriso che non tramonta.