Stupito egli mi osserva
coi rami al vento
nel folle mio oscuro vagar
in nubi di vaghi pensieri.
Lui: "Dove fuggi ingabbiato"
io: "La folle sinfonia umana
è una triviale stonatura,
da essa io fuggo".
Il tronco dubbioso
ridendo del mio vaneggiar
e mutando in voglie mille idee
incredulo cadde.
Dove nascondi ora uomo
l'ipocrita chioma arsa dal miele?
I tuoi famelici artigli
già graffiano la tua vergogna.
Il tuo acido rigurgito
è solo un dissonante requiem
operato da dislessici strumenti
e storpi musicanti.
E sotto aride anime
gradito è il morente suono
dell'impiccato oboe
e della viola suicida.
E mentre s'apre una nuova danza
di tristi entusiasmi
il docile figlio
è istigato al "clap clap".