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Racconti sull'amicizia

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Riposo di un leone

Il leone non esiste solo nella giungla, posso incontrarlo mentre guardo un uomo forte e virile, consumato dagli anni ma non dall'amore verso la vita e la famiglia.

L'uomo che ama la campagna, è un prode coraggioso perchè il risultato del suo sudore dipende dalla stagione e dalla pioggia.
Lui si affida alla Natura e al frutto del buon Dio.
Lavora dalla mattina alla sera senza il riposo nell'estate, perchè l'inverno non permette di coltivare la terra a causa del maltempo.
Trebbia tutto il giorno e falcia l'erba mentre pensa al tempo passato in cui si sentiva il suo ruggito nei teatri gremiti delle grandi città come Maiami, davanti a Clinton, presidente americano.

Cantava la Bohème come Puccini l'aveva sognata nel redigere la scena amata.
Qella immagine è rimasta nel suo cuore per ricordare il suo primo amore "Maria". Si chiamava la pulzella siciliana lasciata nella sua isola lontana, la Sicilia.

Era allegra marciava in bicicletta negli anni quaranta dopo la seconda guerra mondiale.
Si metteva il rossetto sulle labbra ma il padre di Nino, a quei tempi la considerava una donna di poco rispetto.
Nino dovette scegliere Maria o il canto, scelse il canto.

Sei diventato un gran tenore, dolcemente accompagnato da donna Gianna, bionda e tutta fiamma d'amore verso di te e la sua famiglia.
Si ti ama Nino, più della sua vita.
Ora, sei solo un vecchio leone appisolato nella tua tana in attesa di essere ricordato per gli allori riportati alla musica italiana.

Grazie di averti avuto come un dono nella nostra vita, ti stimiamo caro Nino Tomasello.
Pontinia li, 13/7/2007



L'ultima volta

L'ultima volta eri bellissima.

Avevi i capelli biondi (come quando eri bambina), occhi azzurri, un sorriso timido, e i tuoi caratteristici fianchi larghi, quasi volessi dirmi "Ehi, sono fatta per essere una mamma!".

È strano, avrei giurato che fossi diversa... Mi ricordavo i piercing e il trucco scuro e pesante, la sigaretta costantemente accesa e uno sguardo triste e superficiale, aveva perso ogni brillantezza giovanile.

L'ultima volta il tuo sguardo era vivace e profondo.
Era diverso. Non lo sguardo in sé, ma qualcosa in te era cambiato.
Mi guardavi come se io fossi l'amico che avevi sempre avuto, e mi è sembrato che in quell'attimo io, per te, esistessi davvero.
Non l'avevi mai fatto prima.

Ho riordinato le idee alla ricerca di una qualsiasi spiegazione. Non ti eri fatta sentire per un lungo, lungo tempo.
Eri riapparsa sola, sotto casa, in quel pomeriggio cocente.
La tua presenza aveva accellerato il mio cuore che sembrava essere sotto i colpi di un mortaio.

Eccoti qui, serena, pulita, semplice.
Eri quella che desideravi essere e che cercavi, e che non ti dava sonno, quando ti urlava nella testa "Cercami! Io ci sono! Davvero!", e quando usciva le ti nascondevi tu.

Mi hai guardato negli occhi e mi hai abbracciato e baciato.
Profumo di pesca, i tuoi capelli.

Ti ho rivista stamattina.
La foto non rende molto, il bianco e nero appiattisce il tuo sorriso vecchio secoli.
Hanno sbagliato foto, non è così che ti ricordo io. Portavi ancora quei teschietti al collo e quell'eye liner da gatta nera...
No, la foto è sbagliata, ma in un momento come questo cosa non lo sarebbe?

Hai lasciato tutto e ora sai la verità.
Io sono ancora qua, e la verità la sto scoprendo vivendo giorno dopo giorno. Ed è fantastica.

Il cancro ti ha distrutta velocemente e il tuo fisico non ce l'ha fatta.
Eppure dovevi sentirti così nella pace, durante quell'ultima volta, ultimo pomeriggio insieme.

Mi hai parlato del male che ti affligge

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   4 commenti     di: Desio Sicario


Gli amici che

L'altro giorno riflettevo. In realtà non solo l'altro giorno, diciamo sempre.
Ma mi è capitato di pensare al concetto di amicizia, alla sua essenza. Ho pensato al nostro modo di scegliere gli amici, i nemici, i confidenti, gli sconosciuti. E ho dovuto comprendere un bel po' di cose;ad esempio che da molti amici noi vorremmo davvero di più, ma non possiamo nè pretenderlo nè ottenerlo con le forze. Ed inconsciamente cerchiamo di essere gli amici che vorremmo avere, e questa è la verità. Io provo ad esserci per tutti e per ogni difficoltà, grave o meno che sia. Il fatto è che riesco ad esserci sempre, per amici, confidenti, sconosciuti. Chiunque.
Perchè non mi aspetto che qualcuno possa essermi d'aiuto come io lo sono per gli altri, perchè nelle relazioni non si deve pretender nulla;però vorrei trovare qualcuno come me, che sa aiutare, consigliare, risolvere, consolare, rincuorare. Per fortuna so essere d'aiuto anche per me stesso oltre che per gli altri. Ma ciò non cambia ciò che vorrei e ciò che ritengo giusto...
Noi cerchiamo di essere gli amici che vorremmo avere. E per me è una grande verità.



L'altalena

Strano a dirsi, ma è passato in fretta. Sembra ieri infatti il farsi portare a allenamento dalla mamma, riportare la borsa ed accorgersi che ti manca ancora una volta un calzino, parlare di videogiochi allacciandosi le scarpe negli spogliatoi.
Andare al parco, e dondolarsi sull'altalena, pensando a come chiedere a Stefania di andare a prendere un gelato insieme.
Su e giù, con il cigolio delle catene a tenerti con i piedi per terra, perché l'altalena si può rompere.
Un giorno eravamo all'asilo. Il mio amico Paolo voleva salire sull'altalena, ma c'era sopra Marco Pozzi. Paolo era lì con sua mamma. Sua mamma stava parlando con la mia, ma era lì.
Marco Pozzi era forse il bambino più stronzo delle elementari del paese. Era abituato così, a non parlare con nessuno. Si faceva i fatti suoi, non comunicava. Nonostante fosse scorbutico, Paolo pensava che gli avrebbe fatto fare due minuti di altalena, prima di andare via. Era venuta sua mamma a prenderlo... A Marco non lo venivano a prendere mai. Restava lì dalle suore fino alle 7, e poi tornava a casa a piedi. Era sempre l'ultimo ad andare via, ma non voleva lo stesso lasciare l'altalena agli altri bambini. Sembrava odiarli perché agli altri li venivano a prendere. Si dondolava sempre su quella vicina alla fontana. E se scendeva per un attimo a bere, e tu facevi per salirci sopra, ti pizzicava finché non te ne andavi a fare la coda per salire sull'altra, dall'altra parte del cortile.
Nessuno poteva farci niente. Neanche le suore, ascoltava. Non gli importava di prenderle, solo non dovevi entrare nel suo spazio.
Quel giorno Paolo gli chiese di lasciargli fare due minuti di altalena, prima di andare via. Paolo e la sua famiglia avevano una pizza alle sette e mezza, ed erano già venti alle sette. Sua mamma stava parlando con la mia, ed io ero lì ad ascoltare il "gnic gnic" delle catene contro le giunture di ferro. Paolo ha chiamato Marco, e quello nemmeno si è girato. La mamma: "dai che a

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   0 commenti     di: Luca Grazioli


PDL e Cesca oggi 3 - lettera di Cesca-

Io e Cesca siamo in contatto epistolare fin dal momento in cui s’è trasferita a Bologna con la madre, e col passar del tempo i nostri nomi sono diventati : Fran e Jil ( lei adora la musica sudamericana ed ho dovuto sopportare questo soprannome!)

Comunque, dopo il preavviso di mio figlio, confesso che ho atteso con particolare ansia la nuova lettera di Fran e….. quando proprio cominciavo a temere si trattasse di uno scherzo del "prodigo", eccola “ C’è posta per te!”

L’ho tenuta per molti minuti, lì, a lampeggiare sullo schermo, senza emozioni, senza, a dirla tutta, il coraggio di cliccarla!
Ma poi, ho tirato un respirone e clic!

“Ciao Jil, so già che sai! So che hai letto la lettera del tuo “Dr House” e se devi cazziarmi per essere stata, a tua insaputa, in contatto con tuo figlio, fallo subito perché non ho tempo da perdere! “

( Ecco, questa è Francesca, una donnina Tosta Tosta!)

Ti scrivo per comunicarti una cosa, e come conseguenza della cosa stessa, per chiedere il tuo aiuto. I fatti stanno così, mami s’è presa in casa il suo nuovo amore eterno, e sarà anche una brava persona ma mi sta antipatico fino alla paranoia, quindi, ho pensato che fosse ora di lasciarli soli, posso continuare il mio corso di laurea anche alla Federiciana,……il fatto sarebbe che lì non ho più casa mia e le “amiche” alle quali ho chiesto supporto, sono più inutili di un Water fuori servizio!

Ecco che avrei pensato….. insomma…. come dire….. se tu potessi……. ospitarmi da te il tempo di trovarmi una camera in pensione, giuro che non ti darei fastidio ( almeno non molto!)
Insomma l’ho detto!!!!!
Ora vedi tu!!!!!!!!

Non mi va di rimanere a Bologna anche se la mami s’è impegnata a pagarmi il pensionato in un alloggio universitario, ho bisogno di rivedere il mare, quello vero, non questo che sembra una piscina; ho bisogno di sentire il rumore del traffico, di annusare la puzza della ”mondezza”, di camminare preoccupat

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   6 commenti     di: luigi deluca


Malena

Il rombo del mare risuonava tra il fruscio del vento di maestrale.
Nuvoloni neri minacciosi all' orizzonte correvano lontano. Sulla spiaggia umida Malena passeggiava raccogliendo conghiglie e piccole pomici grige. Aspettava, come al solito, il pescatore dai capelli bianchi, ancora non si vedeva in lontananza con la sue reti sulle spalle e lei temeva di non incontrarlo più per quella mattina, o forse mai più per sempre.
Era bello vederlo apparire, arrivare camminando lentamente lungo la riva,, affondare ogni tanto nella sabbia bagnata immergendo le sue gambe nella schiuma di un' onda più lunga.
Snello, abbronzato pareva nella sua tranquilla solitudine il padrone del mare.
A volte arrivava correndo, leggero e morbido nella sua andatura scattante, e sorrideva trionfante.
La sua tenera voce salutava con dolcezza la donna in attesa.
Si sedeva accanto per leggere quel messaggio scritto sulla sabbia che ogni giorno Malena aveva composto per lui.
Ogni lettera era decorata da piccoli fiori bianchi, erbe grasse, frammenti di conchiglie, ruvidi gusci, come a lui piaceva.
Erano parole di tenerezza, di sostegno, di amicizia.
Risuonavano con il mare in un canto sottile appena percepibile, non più parole ma suoni che si fondevano al fragore e si perdevano nel vento.
Il pescatore si alzava lentamente, salutava Malena con un abbraccio e riprendeva il suo cammino.



Alla mia classe

Questo che vado a scrivere non è propriamente un racconto, ma non lo si può nemmeno annoverare tra gli aforismi, sarebbe meglio definirla una dedica, una dedica ad un gruppo di persone che hanno dato un senso alle mie giornate fino ad ora.
Però, visto che si sono, preferisco metterla sotto forma di racconto:
"C'era una volta una stanza che non aveva nessuna utilità, fino a che un gruppo di persone venne messo li, senza aver scelto quel posto, ma con la possibilit di renderlo speciale.
Era un giorno di fine estate e questo gruppo di persone, formato da diciotto ragazze e due maschi, si trovò insieme per la prima volta, naturalmente non tutti furono subito amici di tutti, ma le prime simpatie iniziarono a prendere forma. Il nostro Giorgio non sempre nelle classi precedenti si era trovato bene, anzi in passato era rimasto isolato dal resto del gruppo per tutto l'anno, non voleva correre quel rischio, e quindi decise di essere se stesso, perchè in molte occasioni questo bastava a farlo entrare nel cuore delle persone con cui aveva a che fare.
Col passare dei giorni iniziò a legarsi molto all'altro elemento maschile della classe, anche lui molto timido, di nome Fabio.
Ma non entrò in sintonia solo con lui ma anche con tre ragazze in particolare Alessia, Carla ed Eleonora.
Ma non basta dire questo, lui era innamorato perso di Alessia, ed inizialmente lei sembrava ricambiare questo sentimento, ma poco dopo si tirò indietro scusandosi se l'aveva illuso, e Giorgio cercava di non illudersi, ma l'amore che provava per Alessia faceva in modo che ogni apertura, che ogni gesto amichevole di Alessia li faceva credere che stesse per cedere e dichiararsi, ma era solo una speranza vana.
Con Carla aveva un rapporto molto confidenziale, affidava a lei i suoi pensieri ed i suoi sentimenti e lei era sempre li ad ascoltarlo e pronta a dargli consigli, ma lui a volte non la trattava bene, perchè Carla aveva un atteggiamento molto esuberante, che usava per mascherare

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