E arrivi tu, col tuo bel vestito lungo.
Il treno sbuffa qualche nuvola di vapore.
La gente intorno corre frenetica e tu, immobile, contempli i miei occhi pieni di lacrime.
È passato molto tempo.
Troppo poco peró per poter dimenticare l'amore che provavo per te.
E mi avvicino facendomi largo tra la folla fino ad arrivare di fronte ai tuoi occhi verdi.
Così grandi da riflettere la tua anima.
Una lacrima cade dal tuo viso.
Un lungo bacio.
Ti amo.
Ci sono alcune cose belle in questo mondo. Poche ma ci sono: un tramonto di agosto, una notte di luna, i meli fioriti, i campi di grano
Nella marea di brutture, ci sono alcune cose belle in questo mondo Una di queste è sentire arrivare la sera d'estate in un piccolo paese di campagna. Non è una sensazione semplicemente bella: è divina e meravigliosa.
In cielo la luce si attenua e cala il gran caldo della giornata. La piccola piazza di Bonavigo prende un colore celeste. Gli alberi frusciano, le ombre si allungano. Le grida dei bambini che giocano sembrano diverse: più acute e isolate, con un tono disperato, forse perché i giochi sono quasi finiti.
La piazza è attorniata da casette vecchie e basse, con i vasi di gerani sui davanzali delle finestre. Da dietro le tendine intravedo alcune ragazze che spiano. Occhi con sguardi furtivi, capelli lunghi, silhouette sinuose di vestaglie semitrasparenti
Intorno a me il paese vive, soffre e sogna una sua vita misteriosa e segreta che a volte, solo a tratti, io riesco a percepire.
La sera si fa più profonda, più silenziosa; la luce cala sempre di più e nel cielo ancora chiaro è comparsa la luna. Si accendono alcune lampadine. Gli alberi frusciano più forte e la brezza porta una sensazione di fresco. Odo il ticchettio dei passi di una donna sul marciapiede.
Dall'osteria provengono le grida di un ubriaco. Dalle case arriva il tintinnio leggero dei piatti e dei cucchiai.
La campana dell'orologio batte le ore. Il tempo scorre veloce. L'oscurità si diffonde per le vie e spegne i colori della piccola piazza paesana. La sera sta per finire e dilaga lentamente la notte.
Luglio 2002
Oggi, ho incontrato un amore giovanile, che apparteneva al passato. Oggi, lungo il marciapiede, ho incontrato Lisetta, che non vedevo da anni.
Da giovani, quando lei abitava qui, siamo stati innamorati. Poi lei si è trasferita, io ho conosciuto altre donne e da allora non l'ho più vista.
Lisetta mi racconta che quando è partita è andata ad abitare in un altro paese. Non si è sposata; è stata molto tempo in un ospedale; successivamente ha cambiato ancora paese. Adesso è tornata dai suoi parenti, per le vacanze.
Mentre sto vicino a Lisetta provo una emozione intensa, un piacere dolorosamente incrinato. La compagnia di Lisetta mi dà un piacere strano, un piacere masochista.
La guardo con più attenzione adesso: il suo bel corpicino è ingrassato; il visetto ha le rughe; nella sua chioma scura ci sono alcuni capelli grigi. Non è più lei, eppure è sempre lei. E allora sto qui, a parlare, a rievocare, ad ascoltare.
Camminando insieme arriviamo davanti alla casa dei suoi genitori. Che cosa è cambiato? Tutto e nulla. La casa è sempre la stessa. I cani sono cambiati. Al posto di un cespuglio adesso c'è un albero di fiori. Alcuni suoi parenti sono morti; alcuni vicini sono scomparsi Che cosa è la vita? Perché la vita?
I ricordi diventano ancora più intensi, ancora più nostalgici:
"Ti ricordi quel pomeriggio alla sagra di settembre? "
"Sì."
"Ti ricordi quella notte di maggio sotto al mio balcone?"
"Sì."
"E ti ricordi quella scampagnata in bicicletta?"
"Sì."
È come un coltello che penetra sempre più in profondità:
"E E "
"Sì Sì "
Ormai non servono più nemmeno le parole. Basta un cenno, basta uno sguardo per evocare universi di ricordi, sepolti sotto cumuli di anni.
Adesso sto male. Adesso mi sento male; ho rimorsi, rimpianti, rabbia per il tempo fuggito, per le occasioni perdute, per la giovinezza svanita. Eppure resto qui. Insieme al mio amore giovanile, uno dei tanti, durati solamente alcuni mesi.
Lisetta mi dice
Le dita si cercavano nel buio. Vagavano tra lenzuola di morbido cotone verde, sfioravano soffici cuscini di piume. Si cercavano in quella notte senza luna, mentre fuori imperversava la tempesta. Ad intervalli quasi regolari, i lampi illuminavano brevemente il cielo, luci lanciate da invisibili bacchette magiche. Rombi di tuono squarciavano il silenzio, già abbastanza disturbato dal ticchettare insistente della pioggia e dal respiro funereo del vento.
Le mani si strinsero, le dita si intrecciarono ad imitare i corpi nel loro dolce abbraccio rassicurante. Un tuono più forte degli altri scosse le mura. Lei sussultò in quell'abbraccio. Lui la strinse più forte, le dita che si muovevano ritmicamente sulle sue, in una protettiva carezza. E si addormentarono.
" Paura che amor solo vince,
Che strugge i mostri della notte e l'incubi.
Amor che nel silenzio è manifesto
E quando il ciel s'oscura
Vigor dona.
Amor senza rivali a questo mondo
L'umanità protegge in la tempesta."
.. hai un fondo di malinconia, tu.. hai presente il fondo di cottura del brasato? quel sughetto nerastro.. denso, con un po' di pellicola sopra.. che quando lo dondoli ti si aggrinza tutto da un lato.. che se uno è un profano della situazione gli fa pure schifo.. se uno è inesperto..
ma a me, no. io, il sughetto nerastro lo riscaldo, lo stempero. lo filtro.. lo amalgamo. lo incorporo.. e lui, il sughetto, mi sprigiona tutto il cucuzzaro aromatico segreto.. mi si spaparanza, proprio. ecco, come sei tu, per me. solo che ogni volta mi dimentico di dirtelo.. ogni volta. l'avevo anche segnato, l'ultima volta, solo non ricordo dove.
sarà per la prossima volta.. se lo ricorderò, se no, ti ricorderò di ricordarmelo.. che devo dirti una cosa. questa cosa qui, che mi sembra assai importante.
è la cosa che ti tiene ancora in vita, per me. altre, non ce ne sono, tu, per me, non dovresti nemmeno esistere.. e passeresti inosservato, se non fosse per quel fondo di cottura, che somiglia così tanto al mio..
nuotiamo in una brodaglia, io e te, a volte affioriamo, a volte andiamo un po' sotto.. ci culliamo. ci comprendiamo. e così, ci giustifichiamo. non sappiamo andare oltre..
Ogni sabato all'ora di pranzo vedo passare una signorina graziosa che ho conosciuto a Boschi, tre anni fa.
Durante le vacanze d'estate lei andava alla fattoria di suo zio. Io stavo là, poiché davo una mano al mio amico fattore e vedevo questa ragazza tutti i pomeriggi, seduta sulla panca di pietra vicino all'ingresso, con un libro in mano. Se mi capitava di passarle vicino la salutavo. Poi un giorno lei non è più venuta alla fattoria. Da allora sono passati anni e il fattore è addolorato perché non vede più sua nipote; però mi ha raccomandato di non dirglielo.
Oggi vado incontro alla ragazza e mi faccio riconoscere:
"Buongiorno signorina, sono lo scrittore. Si ricorda di me? Lei veniva a studiare a casa di suo zio in estate, tre anni fa."
Non mi ha dimenticato, perciò restiamo a parlare. È un po' cambiata; quando l'ho conosciuta era magra, quasi filiforme. Adesso è un po' ingrassata e porta gli occhiali; ma ha ancora i capelli lunghi e neri e lo stesso modo di sorridere.
Dopo le solite frasi convenzionali ma obbligatorie con persone che non si vedono da molto tempo, arrivo a quello che intendevo dire:
"Signorina Laura, va ancora qualche volta a trovare suo zio?"
"No. Non più. Adesso faccio la segretaria e ho poco tempo."
Questo lo sapevo già. Sapevo anche che il padre della ragazza ha litigato con suo fratello (lo zio di lei) per motivi di interesse. Il padre di Laura ha colpito col manico della zappa la testa del fratello, ferendolo leggermente. L'anno dopo il padre di Laura è morto senza riappacificarsi col fratello. Così raccontava la gente in paese.
"Signorina, non pensa che sarebbe ora di andare a trovare suo zio, per vedere come sta? Lui è vecchio, è solo e gli farebbe immenso piacere vedere qualche volta questa sua nipote così bella."
Lei sorride, fa una pausa e, un po' imbarazzata, mi confida a bassa voce:
"No. non posso. Dopo che Dopo di allora la mamma mi ha proibito di andare là, così io non sono più andata."
Sapevo an
Respiro a fondo sperando di calmarmi, senza successo. Avrò pensato a quel discorso decine di volte, ma so che è stato inutile. So che mentre guarderò i suoi occhi le parole usciranno a metà, niente di quello che penso trasparirà dal mio incoerente discorso.
"Amore mio.. tu mi hai fatto conoscere l'amore, mi ami da quattro anni e me lo dimostri in tutti i modi. Anche io ti amo, o ti amavo. Però la tua gelosi mi fa impazzire. Non posso più stare rinchiusa in casa a piangere perché la vita scorre e io resto ferma. Non sto più bene con te."
Non avrebbe mai funzionato. Sembravano ancora troppo dure quelle parole, perché mi toccava spezzare un cuore buono. Un cuore che, per qualche ragione, batteva per me. Ma non c'era via d'uscita.
Busso alla porta con molta delicatezza, con la vigliacca speranza che sia andato a comprare le sigarette e che non ci sia.
E invece c'è, quasi come se fosse stato dietro la porta la spalanca e mi guarda come se fossi il raggio di sole che scioglie il gelido inverno. Sento l'angoscia schiacciarmi a terra, deformarmi il viso. Il mio respiro è così veloce che potrei svenire da un momento all'altro. Non sarebbe una brutta cosa.
-Amore!- esulta lui, palesemente felice per la sorpresa.
I miei occhi sono inchiodati a terra, il senso di colpa mi impedisce anche solo di alzare lo sguardo.
-Ciao- sussurro. -Ecco, sono venuta per dirti una cosa- mi esce un balbettio. Ma lui sembra così contento da non accorgersene.
-Vieni-, mi prende per mano. Chissà se si accorge che è ghiacciata.
Mi fa sedere sulle sue gambe, ancora non sono riuscita a guardarlo. Ho piuttosto memorizzato ogni piastrella del suo pavimento.
Perché l'unica persona che mi ama è la stessa che mi vuole togliere quello che per me più conta, la libertà?
Mi mette un dito sotto il mento per alzarmi il viso, vuole che lo guardi.
Inspiro profondamente. Aprendo gli occhi, inizio:
-Amore ascolta...- ma le parole si bloccano in mezzo alla gola. E mentre guardo il
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