Non passa giorno che non mi soffermi a riflettere su questo mondo di cui faccio parte. È certo una visione dell'insieme del tutto soggettiva, ma resta il fatto che osservare, contrapporre, criticare è proprio di ogni uomo.
È bello questo mondo? Onestamente non ho mai inteso esprimere giudizio, perché ad aspetti sconcertanti fanno da contrappunto elementi ampiamente positivi.
E basta una normale giornata per ben comprendere quello che sto dicendo; la visuale potrà apparire limitata, ma ovunque è possibile riscontrare questa varietà di sfaccettature.
Esco, come al solito, per andare dal giornalaio a prendere il quotidiano locale, che nelle notizie riflette inevitabilmente quell'alternarsi di bene e di male proprio del mondo in cui viviamo.
È una giornata fredda e per strada ci sono pochi passanti, fra cui un uomo che si porta alla bocca una caramella, appallottola l'involucro di carta, si guarda intorno e poi lo butta a terra. Non lo sa, ma io l'ho visto; mi vien voglia di invitarlo a raccogliere quell'immondizia e di riporla nel cestino dei rifiuti poco distante, ma poi mi freno: tanto è fiato sprecato; proseguo pensando che avrei potuto chinarmi, allungare il braccio, raccattare e lasciar cadere al suo giusto posto: no, perché dovrei farlo? Io rispetto le leggi, sono educato, e quello no; io sono buono e lui è cattivo ed è quindi giusto che ognuno rispetti il suo ruolo; sono soddisfatto di questa grandiosa elucubrazione e non mi accorgo d'esser scivolato sulla classica buccia di banana, perché al pari dell'ignoto "mangiacaramelle" in tal modo ho mancato anch'io di rispetto per gli altri, lui per negligenza, io, peggio, per vanità.
Il giornale, come era lecito attendersi, riporta una gran accozzaglia di chiacchiere, soprattutto a livello politico, sia nazionale che locale; è un vero e proprio sconcerto vedere chi rappresenta gli interessi di tutti litigare, accapigliarsi, sbraitare per cose senza senso, per problemi inventati, per i quali vengono
Miei gentilissimi lettori son molto dispiaciuta all'idea che voi abbiate pensato che questo mio lungo racconto fosse già finito! Vi siete sbagliati di grosso. L'amore deve ancora sbocciare, la tenerezza non si è ancora mostrata e le lacrime amorose non le ho ancora versate... Dovrete leggere ancora molto, ma per adesso vorrei riprendere il mio racconto dal punto in cui l'ho terminato: il mio primo appuntamento con un ragazzo. Non era proprio un appuntamento per lui, dato che aveva solo intenzione di fare un favore alla nonna portandomi per Milano. Per me, invece, era la grande occasione per dimostrare a Mirco che si sbagliava su di me. Avevo già pianificato un super discorso sulla mia personalità per fargli comprendere quanto si sbagliasse. Era tutto pronto nella mia testa ma... Non ero pronta io, fisicamente intendo! Non ero mai stata a un appuntamento. Così chiamai la mia amica Lorel di Boston che di appuntamenti se ne intendeva. .-Ehi Lorel- inizia la chiamata così dicendo e lei incominciò a riempirmi di domande sulla città, i ragazzi del posto e non mi lasciava arrivare al nocciolo della questione! La interruppi e di scatto comunicai:-Ho un appuntamento! Non so cosa mettermi, come acconciarmi, come truccarmi. Potresti aiutarmi?-domandai. Lei mi consigliò qualcosa di trasgressivo come scollatura a "V" e tacchi alti, ma io non avevo intenzione di fare colpo su di lui. Non dovevo affascinarlo o sedurlo! Dovevo solo dimostrargli che si sbagliava su di me. Feci di testa mia; aprì l'armadio, lo scrutai attentamente e da esso uscì dei pantaloncini di jeans e una camicetta azzurra. Infilai delle ballerine azzurre, una borsetta dello stesso colore, un po' di mascara alle ciglia, matita nera ed ero pronta. Aspettai fuori al cancello della villa a lungo ma lui non arrivava. La rabbia saliva e l'orgoglio lacrimava lacrime di sconfitta. Rientrai dopo un ora ricca di delusione, angoscia e desolazione.
Rivenne l'alba e non avevo nessuna voglia di iniziare una nuov
Non può esistere una visione globale.
La cultura è il frutto dell'interazione dell'uomo con un luogo preciso della terra. La cultura non è unificabile e non è esportabile, altrimenti non sarebbe cultura.
Dopo seimila anni di storia dai faraoni ai giorni nostri dovremmo iniziare a capire che un ordine mondiale unico non è praticabile. Il rischio è che spesso accettiamo in modo acritico le regole dettate dai grandi poteri finanziari. Le economie emergenti (io le chiamerei emergenti schiavitù) fanno del male a tutti e al mondo. Sono le diversità che ci uniscono. Nell'attuale cultura occidentale dove il denaro è divenuto un despota assoluto, ogni cosa fatta anche con le migliori intenzioni viene inquinata. Mi è rimasta la fiducia nelle piccole iniziative e nella loro energia contagiosa.
Siamo davvero forti! Invece di impegnare la nostra creatività nella ricerca di risposte alla crisi culturale che dilaga, noi cosa facciamo? Ci trastulliamo. Inventiamo sciocchezze. Come eufemismi. Parole inutili. Neologismi che, con la scusa di sintetizzare concetti e fenomeni, fare chiarezza e mettere ordine, ottengono il risultato di creare confusione. Fraintendimenti. Distogliere dalla realtà dei fatti. O nasconderli. O, peggio ancora, fare danno. E così si va dalle cazzate come fotoscioppare, ai finti neologismi che fanno gridare al miracolo come petaloso, per passare alle parole pericolose come derivati, fino ad arrivare a quelle nocive come la parola di cui sto per parlarvi. Si dirà, sempre fatto!. Senza andare molto indietro, basta pensare a Goebbels. E a parole come gnadentod (morte pietosa per giustificare l'eliminazione dei tedeschi disabili). Certo, ma se non altro una volta non avveniva in modo così frenetico e incontrollato. Per questo dobbiamo ringraziare la globalizzazione. E la deregolazione. L'eliminazione di regole e di controlli anche dove servivano. Almeno ci avrebbero risparmiato le perdite di urina e diarrea quando siamo a tavola. Ora, va bene che la società è diventata liquida, ma da qui a trasformarla in un mare di "sciolta" mi sembra puro masochismo. Pensiamo soltanto all'ultima trovata di cui andiamo così fieri, visto che di recente è entrata di prepotenza nel lessico quotidiano: post-verità. Con l'accento sulla a, ma l'enfasi compiaciuta della voce sul prefisso post. Se vi interessa tutta la storia, dalla nascita ai giorni nostri, potete facilmente trovarla in Rete. Ma attenzione, come per il vino, non fermatevi alla prima osteria. Non limitatevi a quello che dicono con faciloneria alcuni siti. Per i quali la parola starebbe per falsità. O fake. Punto e a capo. Cercate di andare oltre. Perché li sta il problema. Quello che mi preme sottolineare è che, nonostante l'apparenza, con post-verità ci troviamo di fr
[continua a leggere...]Una volta, tanto tempo fa, c'era un bravo muratore, da tutti, chiamato Mastro Scialanca. Per dirla tutta e per raccontarvela in breve, senza annoiarvi, vado subito al sodo. Bravo nella costruzione dei forni e nel bere vino, curava con passione la sua arte. Sappiate, cari amici, che codesta arte non era cosa da poco, anzi, oserei dire arte difficile, quasi... quanto governare una nazione come la nostra. Nella valle del Garigliano c'erano tante masserie ed ognuna di esse aveva il suo bravo forno. I comignoli fumavano e le massaie, dopo aver impastato e fatto lievitare la farina, la ponevano, sotto forma di pani, sul letto di mattoni arroventati. Il buon odore del pane induceva al sorriso. Durante le feste comandate, biscotti, panettoni, pastiere e pizze dolci risarcivano dalle angustie del duro lavoro e dalla mancanza di una equilibrata e sana alimentazione. Profumi di odori e sapori che quelle ardenti miniere sapevano regalarci. Tempi belli, cari lettori, anche se eravamo tutti poveri. Non proprio tutti, ma quasi. Si scassavano carri e carretti, ma i forni costruiti da Mastro Scialanca resistevano ai venti impetuosi ed anche agli eventi estremi, tipo terremoti.. Il segreto del suo successo era dovuto, semplicemente, alla sua abilità nel coordinare i rossi mattoncini dall'interno del forno e una volta rimasto il pertugio per saltare fuori, chiuderlo dall'esterno. Più facile a dire che a farsi, ma proprio per questo, a lui non mancava mai lavoro. I suoi forni, veri igloo d'argilla, ancora oggi, costituiscono meraviglia delle meraviglie. Per ogni nuovo forno inaugurato, la sera, si solea far festa e al suono di pentole e grancasse, schiamazzavamo e giù pacche sulle spalle, anche, tra creditori e debitori. Danzando, le donne, mostravano le caviglie e in tali gesti, tutto un mondo nascosto. Quello che si faceva la notte, non lo diciamo, ma la mattina non si vedevano musi lunghi in giro. Lavorava bene, Mastro Scialanca, ed aspettava il momento giusto per essere pagato,
[continua a leggere...]Tra Orwell e Huxley sono sempre stato convinto che il secondo abbia visto più lontano. Anche se 1984, per la sua immediatezza e forza visionaria, è rapidamente assurto per tutto il '900 a paradigma del totalitarismo dietro l'angolo e di ciò che si contrappone all'utopia; mentre Il Mondo Nuovo, dove l'invasività del potere è più morbida e strisciante, è invece passato via quasi inosservato.
In realtà è il futuro immaginato da Huxley che si sta realizzando oggi. Attraverso un sistema talmente sofisticato da riuscire a indurre gli individui ad amare, senza accorgersene, la loro dolce schiavitù.
Ciò che mi interessa non è tanto esaltare la lungimiranza della visione di Huxley, quanto fermarmi a considerare se, alla luce di ciò che sta avvenendo, della mutazione antropologica in atto, liquidare la sua opera come distopica (o cacotopica, giusto per cambiare) sia corretto. Ma soprattutto un sentimento percepito e condiviso da tutti: vecchie e nuove generazioni.
Se è vero che fino alla fine del secolo scorso un sistema come quello descritto da Huxley, soggiogato da scienza, pubblicità e consumismo, poteva apparire eccessivo, e non desiderabile, non in quanto opposto all'utopia, ma perché in antitesi col principio di libertà e progressivo miglioramento della condizione dell'individuo, oggi ci andrei più cauto.
Chi ci dice che una società che si rende conto che un ciclo di sviluppo sta per chiudersi ed è in in grado di "rallentare" , "deviare", e "riprogrammarsi" ad uno stadio di moderato benessere diffuso; di un'aurea mediocrità di massa, sotto l'occhio vigile e discreto di poteri più o meno occulti, debba essere vissuta per forza come qualcosa di minaccioso, temibile e negativo? O non semplicemente come un prezzo equo da pagare per continuare a godere delle cose che sembrano riempire le nostre esistenze.
Se mi sforzo di pensare senza pregiudizi alle nuove generazioni, devo almeno riconoscerne le diversità. I punti di vista. Gli orizzon
Non ho mai visto un'arma che uccide senza un pazzo dietro a premere il grilletto, ho visto invece pazzi trasformare in armi anche gli oggetti più innocui. Il deficiente che ha uccisi i bambini nella scuola americana soffriva di "disordini della personalità". Andremo avanti così all'infinito?????
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