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Racconti autobiografici

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Possibilità remota

Nascere in una famiglia a modo seppure non facoltosa, fin dall'infanzia ascolti spesso anche con poca attenzione, tutte le indicazioni che ti vengono impartite dai tuoi familiari. Al mattino è necessario provvedere all'igiene propria della persona, a colazione si arriva tutti puntuali e si inizia a consumare la colazione quando tutti sono seduti composti, a scuola si deve andare sempre in ordine con il grembiule pulito, i compiti fatti, la colazione (la frittata ) ben confezionata per non sporcare i libri, poi piano piano con il passar degli anni i doveri del saper vivere si moltiplicano, finalmente sei adulto, hai una tua famiglia hai dei figli ai quali cerchi di trasmettere tutte le buone maniere che hai appreso durante la tua vita attenta a non creare offese a non suscitare nel tuo prossimo malumori dovuti forse al tuo modo scorretto di porti verso gli altri, a non seminare cattiverie a non invogliare chi ti ascolta al comportamento ostile contro tutti, cerchi fra le tue conoscenze persone simili alla tua condotta, poi ad un tratto quando meno te lo aspetti, ti affacci conscio della tua esperienza provinciale, ma sicuro della tua educazione, ad adoperare un sistema eccellente della scienza moderna che ti permette di dialogare con tutto il mondo, """ L'INTERNET""", si può incontrare di tutto, persone eccellenti, illustri scrittori, illusi intellettuali e falsi personaggi, tutti da rispettare, e da non contraddire, quello che veramente non riesco a concepire quando mi trovo ad ascoltare delle dichiarazioni oscene, stilate da persone apparentemente istruite e titolate da lauree, indirizzate a persone che solo perchè fanno parte di una coalizione avversa alla loro panoramica di vedute, si concedono il diritto di offendere di denigrare e di estendere le oscenità per far si che anche altri possano avvalersi della facoltà di trascendere, non so se riuscirò mai ad abituarmi a questo.

   1 commenti     di: AGOSTINO


Quand'ero bambino...

Quand’ero bambino (più o meno ai tempi in cui Annibale prendeva le multe perché parcheggiava gli elefanti sulle Alpi), sognavo. “Beh, lo fanno tutti” dirai tu. È vero. Ma non sognavo di diventare un famoso calciatore, né un “velino”, e neppure un reporter, o presidente. No. Sul banco di scuola, con la cartina del Ticino aperta davanti al naso, sognavo di sentieri che congiungevano località così distanti tra di loro in auto, ma così vicine a piedi: Fusio vicino ad Airolo, Camorino vicino ad Isone, Piotta vicina al passo del Lucomagno. Guardavo quanto erano alti questi sentieri, come si chiamavano le montagne che li ostacolavano, se si potevano percorrere in bici (che fantasia, le bici di allora avevano tre marce e il freno-pedale, le migliori...), e mi ripromettevo “ci vado”.
Sognavo di percorrere quei sentieri, e congiungere il territorio, in un modo mio, con i piedi e la testa. Cercavo di immaginare cosa avrei potuto incontrare, quali difficoltà, cosa avrei visto. Il maestro, che mi vedeva assente, lo sguardo fisso lontano (lo conosci il vecchio detto “Più lo sguardo è rivolto lontano, più l’attenzione è rivolta dentro di se”?), mi rimproverava, ma bonariamente: andavo bene a scuola, e forse riusciva a capire cosa stessi facendo. Forse, sognava anche lui. Adoravo questo maestro, che mi ha condotto dalla terza alla quinta elementare: non ostante apparisse burbero, aveva un cuore d’oro, e sapeva insegnare con la testa e con il cuore.
Poi, sono arrivate le maree della vita. Quando sei giovane, ti sembra di possedere e controllare il mondo, e non ti accorgi che in realtà sei in balia di ogni corrente, di ogni refolo di vento, purché venga dalla direzione giusta. Sono caduto in acqua, mi sono perso, e ho smesso di sognare. I sentieri della cartina sono rimasti là, ormai dimenticati, pallido lumino perso tra gli affanni ed i piaceri, tra i doveri e le voglie. Gli studi, il militare, le pene d’amore, la prima bicicletta, ed i

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   4 commenti     di: Nino Dal Borgo


Tra le righe

Ha sempre amato scrivere, anche solo per il gusto di veder scorrere la penna su un foglio qualsiasi. Convinta di essere più brava con le parole scritte che a voce, ritiene che non siano mai state un surrogato né un sostituto: semplicemente la aiutano da sempre ad esprimersi meglio.
Scrivere è come togliere i vestiti dalla propria anima e mostrarsi nudi agli altri. Quando si scrive si ha tutto il tempo necessario per riflettere, si può andare avanti senza essere interrotti e non si corre il rischio di rimanere senza parole.
Ha scritto tanto per sé stessa, fino a quando un giorno si è fermata, bloccata in una stazione sconosciuta, in attesa di un treno che non riusciva a scorgere nemmeno in lontananza. A volte si spera che sia sufficiente scrivere quattro parole al vento per fare in modo che le cose assumano un colore diverso. Il mondo può essere di tinte color pastello o dipinto di colori vivaci. Scrivere è come raccontare al mondo quei colori, rifletterci sopra e poter rileggere tutto, un giorno.
Scrivere, per lei, vuol dire concedere a qualcuno di condividere la propria anima. Permettere a quelle parole scritte di dar voce al suo cuore e a volte anche a quello degli altri.
Quel treno è poi arrivato e lei ha ripreso a scrivere.

   18 commenti     di: Mirka Naldi


La presunzione del sommo esaltato

Caro amico Plissè, ieri sera, il tuo articolato commento al mio testo "La prima verità di Parolisi" mi ha provocato un blackout mentale al punto che, leggendolo e rileggendolo, non ci ho capito più niente!
A difesa della mia integrità mentale, però, c'era il fatto che non solo venivo da una intera giornata trascorsa al servizio dei miei assistiti (più lamenti che malattie!) ma anche da una nottata insonne passata ad ultimare il testo su Parolisi che tanto mi ha coinvolto emotivamente.
Sono arrivato, infatti, finanche a formulare (a mò dell'equazione di equivalenza energia-materia di Einstein!) l'equazione spirituale di equivalenza amore-coscienza con un coefficiente etico CE (scala da 0 a 100) risultante dal quoziente di amore (amore spirituale-AS/amore fisico-AF, scala da 0 a 100) moltiplicato il gradiente di coscienza GC (scala da 0 a 10) secondo la formula: CE=AS/AF X GC.
Se uno veramente si innamora l'amore spirituale (AS) dovrebbe esser 100 mentre per l'amore fisico (AF) ci possiamo accontentare anche di un bel 10 (a meno che non si abbiano le potenzialità di Parolisi!) mentre per il gradiente di coscienza dobbiamo aspirare al 10 e lode (Parolisi si merita 0 perché non ne ha cognizione!) e il calcolo è presto fatto: 100/10 x 10 = 100, giusto risultato dell'equazione con coefficiente spirituale (test da proporre anche per l'ingresso in politica!).
Mio caro giovane amico con cui tanto mi identifico (con le tue 300 poesie a memoria mi batti ampiamente!), attraverso questo blackout mentale mi hai offerto lo spunto per una panoramica sulla mia vita da cui è emersa una mente sempre super impegnata (sin dall'adolescenza) tra studi, giochi vari (specie di carte), sport attivo (in primo luogo il calcio) e problemi familiari (lunga malattia materna) tralasciando qualche cotta che mi allertava il pensiero e mi alimentava l'insonnia tra sogni, fantasie e film luce!
Proprio per questo motivo avevo sempre poco tempo a disposizione e, pertanto, negli studi c

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Piacere... sono Laura Marchetti

Una qualunque una delle tante qualche volta bella altre meno che hanno una testa e un cuore, niente di particolare, una cassiera part time, una moglie e una mamma per il resto della giornata, una che ama la vita, ma non programmarla, rispetto le regole del gioco anche se spesso vado fuori dalle righe.
Scrivo ma non mi rileggo per capire cosa cerco cosa voglio, ho una scrittura indecifrabile per questo uso il pc, una tastiera che allontana ma che avvicina a chi lo vuole fare, non mi sono ancora capita.
Amo le parole semplici che arrivano dirette, uno schiaffo o una carezza, ma mi stupisce un bacio inaspettato, non mi trucco, non mi nascondo, sono sincera, anche se non sempre mantengo le promesse si me stessa non su altri... del tipo prometto di cambiare e se lo faccio sempre in peggio... quando riscopro di essere stata bella senza saperlo, in vecchie fotografie.
Non m piace l'arroganza, la presunzione, la supponenza, di chi vede solo se stesso, di chi si sente vittima di tutti dopo avere ferito o i pirati dei sentimenti che scappano dopo avere investito.
Non voglio aver ragione ma se non ritengo di darla non la do nemmeno io, non mi piace dire le cose alle spalle passo diretta come un intercity che ha poche fermate.
Non più tardi di ieri ho avuto una discussione con una delle tante, non per il motivo futile, ma per l'atteggiamento che questa aveva che rispecchia quanto sopra ho detto. Vittima presuntuosa egocentrica... lo siamo tutti in ugual maniera basterebbe riconoscerlo, come chi ha l'umiltà di chiederti scusa pur restando della propria opinione senza pretendere di aver ragione. Qualche volta l'ho fatto io pensando di riuscire qualche volta ad averlo questo dono in cambio... il perdono ma ora ho smesso visto che nessuno lo fa... la ragione la restituisco sempre al mittente... no grazie non mi interessa.
Sono passionale quanto basta per non cadere nella trappola di un ti amo, fedele a volte, mantengo segreti e non dimentico nulla anche se sono sbadata.
Ta

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   4 commenti     di: laura marchetti


Io non sono un giornalista

Storia di un ragazzino che sognava di fare il giornalista ma non lo è mai diventato. Non è diventato neanche un blogger. E nemmeno ci è andato vicino.
Italia, fine anni '80. In quel periodo della crescita, dodici anni, in cui cominciano le domande dei genitori, dei parenti, dei professori. Che cosa vuoi fare dopo le scuole medie? Un ragazzino con poca personalità non ne sa proprio niente. Invece no. Quel bambino sembrava avere le idee chiare perchè la sua risposta era rapida e sicura.

"Vorrei fare il giornalista".
I genitori erano abbastanza contenti della risposta e pronti ad appoggiare il ragazzino di 12 anni. In realtà lui non aveva la minima idea di che cosa volesse dire fare il giornalista. A scuola gli avevano insegnato a leggere le prime pagine dei giornali. Quelle lezioni che volevano spiegare la struttura della prima pagina di un quotidiano avevano affascinato il ragazzino. Ma già quando era molto più piccolo, attorno ai 6 anni, i genitori dicevano che gli piaceva molto leggere. In realtà erano fumetti. Ma i fumetti sono importanti. Formano la persona. Sull'importanza del Topolino non si scherza. Arriva il momento in cui a riproporre la domanda è la professoressa di lettere.

"Vuoi fare il giornalista? Ma no! Non sei bravo a scrivere. Sei portato per la Matematica".
Ecco, questa frase, detta senza freni, esplosa perchè senza spoletta (la sicura delle bombe a mano), ha frenato il ragazzino che, da quel giorno, credendo che le professoresse avessero sempre ragione, si è buttato sulla matematica. Fioccavano gli ottimi uno dietro l'altro nelle materie scientifiche. Dall'altro lato le sufficienze nei temi in classe non facevano che confermare, dentro di lui, che la professoressa avesse ragione.

Questo è un mondo di professori. Crescendo il ragazzino lo ha capito. Tutti credono si sapere tutto. Un mondo dove anche i "cazzari" si sentono i professori delle "cazzate". Oggi quel ragazzino è un uomo, la personalità rimane sempre la stessa. N

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   0 commenti     di: antonio


Asylum

Scattano le 8 e quel vociare di persone evapora.
Adesso riesco a sentire il rumore degli ascensori e dei distributori di caffè in questa sala d'attesa spenta e sporca. Non c'è sanità per una mente sadica con se stessa.




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