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Racconti autobiografici

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La festa

È molto esiguo il numero delle persone impossibilitate a vivere i vari festeggiamenti nel corso dell'anno, con qualcuno di famiglia che tenga compagnia ed animi la ricorrenza con la propria fantasia e con i propri mezzi. Si tratta in genere di gente assolutamente sola o gente ammalata che non è in grado di godere neppure ciò che normalmente viene offerto anche nelle case di cura.

Ma ciò non fa testo. Ciò che invece non mi trova d'accordo, è che la maggior parte della gente viva la festa davanti ad un televisore con l'illusione ed anche la pretesa che si passi una soddisfacente festività in compagnia di uno schermo nel quale si ostenta gente che gode davvero la festa, mentre essi, davanti al video, stanno a guardare come allocchi, persino soddisfatti che altri si divertano al posto loro.

Qui si che mi parrebbe salutare fare un passo indietro e ritornare a quando la famiglia trascorreva la Notte di Natale andando alla Messa solenne, giocando a tombola intorno al tavolo, sgranocchiando i dolcetti fatti in casa, per potersi dire, nella gioia, di essere una famiglia che si ama e che sta bene riunita.

Se davvero abbiamo bisogno di un momento di svago, procuriamocelo, cerchiamo di andare in qualche luogo dove si possa parlare e ridere con qualcuno; altrimenti la festa non esiste e noi ne veniamo estromessi, emarginati, persino nei giorni del Santo Natale e della Santa Pasqua.

Ciò senza nulla voler togliere all'impegno dei media verso tutti coloro che, senza alternative ai loro programmi, si sentirebbero disperatamente soli.

Sappiamo quanto sia arduo organizzare la festicciola per i propri figli in occasione del compleanno
od altro.

Fin da quando i miei ragazzi erano piccini, mi accorgevo che in tali occasioni dovevo mettere nel conto finale un considerevole numero di oggetti andati perduti, altri rovinati, tanto da doverli mandare dal restauratore per l'aggiustatura o la lucidatura.

In seguito le cose peggiorarono ulteriormente poiché i fi

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   0 commenti     di: Verbena


La cicogna

È una giornata piuttosto fredda ma non piovosa. Il cielo è coperto di nuvole che non promettono niente di buono ma io e le mie sorelle scrutiamo attentamente il cielo nella speranza di veder comparire l'uccello favoloso di cui i grandi ci hanno tanto parlato, in grado di trasportare i bambini nelle case di chi li desidera.
Il 9 gennaio è esattamente il giorno in cui la cicogna (è questo il nome della creatura) porterà il fratellino o la sorellina e io devo fare molta attenzione affinchè non sbagli direzione e vada a finire altrove. Il mio compito è controllare il suo arrivo dalle finestre della casa dei vicini mentre la mamma e il papà terranno d'occhio i suoi movimenti dalle finestre di casa.
Sono passate circa sei ore da che sono in paziente attesa, con il viso incollato al vetro, curiosa e al contempo timorosa per quello che vedrò, ma nonostante l'attenzione prestata, non è ancora successo nulla. Finalmente alle due del pomeriggio apprendo che il fratellino è giunto a destinazione e che posso vederlo, ma senza fare troppo rumore per non spaventarlo e accoglierlo serenamente.
La nascita del fratellino, il cui unico interesse è legato all'idea di vedere la cicogna nell'atto di consegnare il "fagotto", è rovinata dalla delusione di non averla vista. La curiosità di conoscerla resterà confinata nella mia fantasia chissà fino a quando.
Il fratellino, privo per me di qualsiasi attrattiva, dorme tanto beato che penso non si sia accorto di niente, nemmeno del pericolo che ha corso volando nel becco di quella strana creatura che avrebbe potuto condurlo chissà dove.
Chissà se almeno lui l'ha vista la cicogna!!!



L'odore del fico selvatico

oggi, proprio non c'è ispirazione. no, non mi riferisco all'oggi come tempi moderni, ma all'oggi 29 marzo giornata fresca e ventosa. il maestrale agita il fogliame, scompiglia i capelli, disperde i pensieri, non si riesce a far altro che porgergli alternativamente l'altra guancia in un andirivieni di ridicoli tentativi di schivarne gli schiaffi, forse è per questo che non c'è verso d'afferrar un'idea, corrono tutte via tra il pattume leggiadro che solitamente orna le strade della città e le nuvolette di rena venute su dal lido vietato ai bagnanti.
certo, perdere l'ispirazione può essere un fatto gravissimo per un artista, fatto sicuramente sconcertante e deleterio.. per un artista, ma non per me, che me ne sto qui ad osservare una colonna di formiche indaffarate che procede allineata ed instancabile lungo il bordo interno del gradino della ringhiera. che strano, c'è una fila che va e una che viene ma non formano doppia fila, solo a tratti qualcuna si ferma appena a bisbigliar qualcosa all'altra che procede in senso opposto, poi continua in perfetta riga verso casa.
la casa è quanto mai semplice e dimessa, essendo costituita da un buco tra una linguetta di terra e la pietra, un forellino tanto piccino da non potersi agevolmente notare se non da un oziosa della mia risma senza ispirazionee senza fantasia.
non ne conosco l'interno, anche se mi piacerebbe moltissimo vedere dove caspita si vanno a ficcare tutte quelle bestioline quando suona la ritirata, immagino sia come l'esterno, solo più articolato.
m'accorgo d'una certa concitazione, d'un incremento d'interesse, d'una solerzia di forze che si dirige verso un punto alle mie spalle, mi giro e un nugoletto nero e lucente argomenta intorno a un oggetto di colore chiaro, di forma quadrata, dalla consistenza morbida e umidiccia, dev'essere una sorta di pietra filosofale vista la mole d'attenzione e di sollecitudine sollevatasi.
mi sposto e vedo la quintessenza dello scibile personificata in

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Amami come sono - parte 2 -

Questa notte, apparentemente non tanto diversa dalle solite notti, Serena si sta preparando per andare in discoteca. Canta sempre mentre si prepara per uscire. La sua voce è molto melodica e riecheggia per tutte le stanze della casa. Giò e Carlo non si tirano mai indietro quando si tratta di cantare! Giò fa il cantante di professione e, spesso, quando si trova a casa di Serena, i due giocano a fare le dive del rock. Si divertono molto insieme... Spesso ridono di se stessi sentendosi stupidi. "Abbiamo una certa età, ormai! Diamoci un contegno!", si ripetono. Cinque minuti dopo sono di nuovo ad interpretare questa o quella canzone. A volte cercano per tutti gli armadi qualcosa da mettersi per emulare le cantanti che imitano. Giò, con un paio di lenzuola, crea dei fantastici abiti da sera! L'ultima occhiata allo specchio, ed i tre amici sono pronti per la serata. C'è un po' di strada da fare per arrivare in discoteca. Sono circa 100 chilometri che, però, scorrono come fosse niente in compagnia del loro cd di "musica che solo noi gay possiamo capire", come sono soliti definirlo. Un brano dopo l'altro, un balletto dopo l'altro, ed in un batter di ciglia sono già davanti all'ingresso del locale. C'è tanta gente stasera! Il parcheggio è stracolmo di automobili e molti ragazzi passeggiano per la pineta. Carlo, che non perde mai l'occasione di farsi notare, scende dall'auto ancheggiando come una modella in passerella. Giò prende per mano Serena e i due si guardano intorno. "Mamma mia, Giò! Guarda che figo quello!!!". "Tesoro, non è roba per te, lo sai! Quello è mio!". E così ridono di gusto. La fila per entrare è davvero interminabile... Da lontano, Serena scorge un volto amico. "Samuele? Che ci fa qui? È etero lui!". "Amore, anche tu sei etero e sei qui. Magari è venuto con degli amici...". "Già...", pensa Serena tra sè e sè. Si avvicina a Samuele per salutarlo. "Samu! Pazzo, cosa ci fai qui?". "Sono venuto con mio fratello ed alcuni suoi amici. Veniamo

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   0 commenti     di: Simona Flamenca


Ricordi del tempo che fu

Mi rivedo nella foto di copertina, poi tra le foto di amici, immancabilmente sono attratto dallo specchio, i miei ricordi affluiscono confusi, faticando riesco ad indirizzarli nei vari periodi. vorrei evitare di fare paragoni, mi illudo allora di di rivivere in quei luoghi. Nella copertina siamo nell'ottobre 1962, foto ricordo per la festa dei martinit, organizzazione dedita ad accogliere ed avere cura dei bambini poveri, cara ai milanesi, faccio parte del corpo dei Vigili Urbani della città, sono il quarto da sinistra. La città e il lavoro mi hanno offerto un periodo della mia vita di grande spessore umano. Mi sono ritrovato in quel contesto quasi senza la mia personale volontà, spiego anche il perché: Al ritorno della mia esperienza nella vita militare, ero stato volontario nell'aeronautica militare e abbandonato la carriera per sostituire mio fratello nella condotta per il sostentamento della famiglia, e avendo trovato un buon lavoro alle dipendenze della ditta zueg come elettricista, lamentavo sommessamente la differenza di condotta di vita paragonata alla vita militare, servito a tavola nella mensa sottufficiali e il consumare il pasto preparato con tanto amore dalla mamma in un gavettino scaldato a bagno maria, durante la mezz'ora di pausa per il vitto, offerto dalla ditta. Fu così, e, per questo, che a Filippo viene in mente di presentare a mio nome e alla mia insaputa, la domanda di partecipazione ad un concorso bandito dal comune di M. per la copertura di numero 600 allievi vigili urbani, dove, consigliato e quasi obbligato sempre dal grande Filippo, partecipo e supero tutti gli esami scritti orali e sanitari classificandomi 156^ su circa 3. 000 concorrenti da tutta Italia. un plauso ed un ringraziamento va alla direzione amministrativa del comune di milano la preparazione dei nuovi assunti è stata di altissima competenza e magnanimità, in poco più di tre intensi mesi di scuola, tutti eravamo in grado di assolvere i molteplici compiti istituzionali

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   0 commenti     di: AGOSTINO


Piccolo

Da piccolo ho imparato ad amare Roma quando per la prima volta sono scappato da scuola.
Avevo circa 8 o 9 anni e ovviamente andavo alle elementari.
Ero in classe e non volevo rimanerci, chiesi alla maestra di andare al bagno e una volta uscito dalla classe mi sono defilato piano piano per le scale di questo palazzo appartenuto a i Barberini al centro di Roma. Ho fatto queste bellissime e larghissime scalinate, mi sembravano infinite prima di arrivare
alla porta della libertà... l'uscita!
Ho incominciato a camminare per le vie e vicoli di questa anima regalata da Dio agli uomini (esagero?:)) Campo dè fiori, piazza farnese, piazza navona e ritorno verso via dei giubbonari.
Poi mi prese mio nonno e mi picchiò sul sedere.
Sono rimasto affascinato da questa città.
Da allora ogni volta che voglio staccare dai miei pensieri, o problemi, quando sento che non ho una via d'uscita, mi faccio una passeggiata per il centro, ponte Garibaldi, via Arenula fino ad arrivare al Pantheon e via del corso e lì, di sera, quando in giro c'è poca gente, Roma si mette il suo abito migliore e non se la tira per niente! Una nobile e UMILE signora che ti ascolta e ti fa vedere quante vie di uscita ci sono. Mi aiuta a pensare, a riflettere!
Roma ha qualcosa che nelle altre città non ho trovato.
Per questo l'amo ancora, perchè quando in una donna scopri tutto
allora non hai più desiderio di vederla.
Invece Roma no ti lascia sempre qualcosa dentro che ti spinge a cercarla di nuovo a rifare le stesse strade da anni, proprio perchè la vuoi conoscere ancora e ancora!
Buonanotte!



Nel letto

.. oggi fa più freddo. non voglio uscire.. dal letto. voglio aspettare qui, finchè passa. nel letto si sta proprio bene, quando è inverno. e fa freddo. nel letto è impossibile che faccia freddo. semmai.. fa caldo. il letto è l'invenzione più.. più.. più che l'uomo abbia inventato.
nel letto si sogna, si pensa, si riposa, si risolvono i dilemmi dell'umanità.. si legge, si immagina.. il tuo cervello vede cose che gli occhi non vedranno mai. perchè il cervello, a letto, raddoppia le sue capacità.. tutto è possibile, a letto. perchè piedi cuore e testa sono allineati.. e la stessa quantità di sangue irrora il tutto.. la quantità è un numero. il numero è la legge dell'universo.




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