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Racconti autobiografici

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Vacanze ai Cancelli

Avevo sedici anni ed era estate.
Rispetto alla precedente non vantava grandi programmi: crociere o fine settimana nelle città d'arte, o qualunque intermezzo a cui possono accedere i giovani di oggi.
Per rinfrescarmi e godere di qualche ora di riposo, meritato dopo un anno scolastico a suo modo faticoso, accettavo l'invito di mia zia che andava al mare con i figli, i miei cugini Paola e Ivo.
Ivo, più grande di me, aveva già conseguito la licenza di guida e sulla sua Fiat "124" ci imbarcavamo la mattina presto per raggiungere i "cancelli" di Castel Porziano. I "cancelli" erano e sono a tutt'oggi stabilimenti balneari liberi, le cui strutture, tra servizi igienici, parcheggi, chioschi alimentari e quant'altro, poggiano le loro fondamenta sul terreno, soprattutto di sabbia più che di terra, della tenuta di Castel Porziano, una delle residenze a disposizione del presidente della Repubblica. Fu proprio uno di questi che concesse una parte di quella terra affinché i cittadini di Roma e dintorni potessero usufruirne l'estate.
Le mie vacanze e quelle delle mie amiche, come di tutti quelli che hanno la mia età che non si potevano permettere altro, trascorrevano tra quelle sabbie chiare e per me e per tutti era il mare più bello del mondo.
Molti innamoramenti, amicizie consolidate e anche matrimoni hanno avuto l'input tra quelle sabbie roventi o in mezzo alle onde di quel mare...
La mattina aspettavo fremendo il suono del citofono strimpellato a lungo da mia cugina Paola che mi chiamava. Se l'ascensore risultava occupato, rotolando per le scale la raggiungevo ed insieme, nuovamente di corsa e ridendo senza un perché plausibile, saltavamo sui sedili posteriori dell'auto che era rimasta in attesa...
Nel tragitto continuavamo a ridere anche per un niente, ci raccontavamo delle inezie per divertirci perché tutto ci sembrava lieve... Una visione della vita propria di quell'età che si perde man mano che si cresce. Anche i rimbrotti a Ivo che mia zia, seduta accanto

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   1 commenti     di: patrizia chini


L'inizio

È cominciato tutto con una testata. Cosa, esattamente, non lo so. Avevo dormito male, anzi per nulla, il cuscino era umido di lacrime. La mia mente sapeva il perchè ma non me lo diceva, però il corpo le era andato dietro, è così avevo pianto, e non avevo riposato.
Automatico che poi, uscendo, mi sbattessi la portiera della macchina in faccia. Faccio tutto da sola, come al solito. Per una settimana sono rimasta stordita, porco mondo! Mi bastava un rumore un po' più forte, un'ora in meno di sonno, ed eccolo lì, il dolore intermittente, che mi stringeva la fronte in una morsa. Avrei voluto finirmi a martellate, almeno avrei sentito male una sola volta, e poi fine. Game over.
Invece ho sfoderato ogni giorno i miei sorrisi migliori, the show must go on... Male alla testa, male al cuore, non ha importanza, meglio fare buon viso a cattivo gioco che ritrovarsi sommersa di domande a cui non vuoi rispondere, no?
Fatto sta.. è cominciato lì. Tutto. Cosa sarà mai, poi?

   6 commenti     di: Nilla Qualunque


La storia delle creme

È estate, mi voglio lasciar andare a questo ricordo d'infanzia! Un po' di autobiografia a volte non guasta e per me, che amo inventare i miei personaggi, alla fine è un bel relax non dover escogitare nulla, ma attingere alla memoria. Ce n'è di roba racchiusa nei nostri archivi mentali! tutto è mettersi a trafficare ed aprire faldoni su faldoni, come le pratiche allineate negli scaffali di un ufficio anagrafe.
Mi sovviene "la storia delle creme", dove per creme intendesi creme al sapore della vaniglia da mangiare fritte, cosparse di zucchero grosso, un'abitudine veneziana molto diffusa.

Il mio nonno materno era un gran lavoratore, un artigiano pastaio. Faceva la pasta fresca in un ampio laboratorio sotto l'appartamento in cui abitava, in Calle del Clero. Un nome, una garanzia, visto che la nonna era religiosissima. In questo laboratorio si entrava da pianoterra attraverso una entratina umida, sulla cui destra si alzava una scala ripidissima che portava alla abitazione dei genitori di mia madre.
La giornata del nonno iniziava di buon mattino per poter avviare la macchina impastatrice con cui egli lavorava la pasta all'uovo, che preparava lui stesso e dalla quale traeva ravioli, tortellini da brodo, tortelloni, lasagne, linguine e tagliatelle di vario spessore.
Il ricordo di mio nonno dietro l'impastatrice rimarrà indelebile fino a che vivo. Vestito di una vestaglia color cappuccino, era sempre sporco di farina bianca. Una lampadina potente alle sue spalle gli illuminava il cranio calvo. Era un uomo sempre sorridente e mentre lavorava la pasta qualche volta cantava a bassa voce un pezzo d'opera lirica.
Alla fine della giornata, proprio a sera, verso le diciotto, l'ultima fatica di mio nonno pastaio era preparare le creme che andavano vendute sfuse all'indomani. Creme al cioccolato o alla vaniglia.
In un grande pentolone di rame, appoggiato ad una bocca in mattoni, con fuoco sotto, egli mescolava gl

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Oblio

A volte mi perdo guardando la luna e desiderando volare nel cielo aggrappandomi freneticamente con le mani a stelle luminose e correre nell'universo infinito e contemplare il minuscolo pianeta in cui tutto è niente. A volte mi estraneo da tutti e chiudo la porta con lacrime trattenute che premono bollenti contro le palpebre subito richiamate indietro da aspre parole del mio inconscio. Mi stacco da tutto tagliando i ponti con il mondo esterno premendomi auricolari vibranti contro i timpani per ascoltare voci incazzate che urlano la merda del mondo e urlo con loro strillando di vite distrutte e cancellate in quell'assassino che è il tempo. A volte vorrei sprofondare a terra trovare lucciole fatate-lucciole che mi entrino negli occhi vedere solo lucciole fatate-lucciole che si rincorrono svolazzano davanti alle mie pupille creando strani giochi di luci. A volte rimango a fissare un punto pensando e pensando sempre e guardando alla realtà con la meraviglia di chi ancora non ha visto nulla o forse ha visto troppo e osservo le persone che corrono lungo il filo della loro esistenza senza pensare al baratro sotto di loro e le invidio. Chiudo la porta della mia anima accessibile solo a me e con rabbia sbarro la strada a chi cerca di vagliarne le parti più remote desiderando allo stesso tempo un tocco amico che mi consoli che rida insieme a me e che pianga insieme a me e vorrei non sentirmi ribelle incazzata e strafottente ma così vulnerabile che un legnetto potrebbe spezzarmi. Penso a metafore e a storielle moralistiche orientali mentre strillo al mio cuore sei una stronza no sono sola no sei tu non puoi fare nulla arrenditi al ruolo che qualcuno ha già scelto per te comportati da docile bestia da macello mentre una mano falsamente gentile ti porta alla totale distruzione che è la vita. Non puoi farci niente perché sai di essere fatta così perché sai di quanto può ferire la tua fottutissima incostanza perché sai di voci rotte al telefono supplichevoli di un bran

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   3 commenti     di: Maria Angelino


Notturno

Pensiamo alla morte come un evento preciso e ben delineato da particolari e cerimonie senza senso. La morte di un individuo la si determina e la si rende concreta in base ad un'epigrafe ufficiale, in base ad un funerale presenziato da un sacerdote, a cui magari l'individuo in questione da vivo non si sarebbe mai rivolto, in base a più persone che più o meno sinceramente piangono il defunto. Ma serve veramente che il cuore smetta di battere per porre fine ad una vita? La mia è una risposta negativa. Sono viva, sto clinicamente bene, ma in cuor mio sono morta più volte. Sono morta alla fine di film strazianti, sono morta quando le urla in casa si facevano sempre più forti e spaventose, sono morta quando mi hanno detto che la mia nonna era morta e che non mi avrebbe protetta più nessuno. Ci sono poi le persone che ti regalano la gioia di comparire nella tua vita, ma è il destino a intervenire per divederci, seppur vivi e abitanti di questo stesso pianeta. Considero morti gli amori passati, i miei sogni infranti, l'anno scorso è morto. È cambiato tutto. Il mondo non è così piccolo infondo, ci si perde e non ci si ritrova più. Non sono credente e non spero in un aldilà. La mia dimensione trascendentale è viva fino al punto in cui avrò una testa pensante e fervida, anche se a volte l'ansia e la tristezza mi soffocano e mi fanno un po' morire. Un altro te e un'altra me.

   1 commenti     di: istrice


A far legna di notte

Ero passato il giorno prima e subito l'idea mi era venuta.
In un parco nel bosco su una collina vicino casa stavano sostituendo le staccionate e rifacendo le recinzioni in cemento, perlomeno i cordoli.
Sta iniziando il freddo e quest'anno ancora non ho comprato la legna per il camino. Apparte qualche rimanenza dell'anno prima ed alcune tavole rimediate sui cantieri dove lavoro non avevo altro...
bene, ero indeciso se andare di sabato notte o domenica mattina presto, dovevo farlo fuori l'orario di lavoro dei cantieri e possibilmete in orari poco trafficati, sai com'è, di gente che non si fa gli affari suoi ne trovi sempre.
Sabato sera dopo cena ero tentato di andare a dormire, la settimana era stata dura e non avevo il morale troppo alto, esco fuori casa e scopro che sta piovendo, a quel punto è scattata l'operazione... mi sono vestito con abiti da lavoro, ho preso sega ed ascia, una torcia e con la mia piccola auto van mi sono avviato vero il parco.
L'illuminazione non esiste, bene, parcheggio l'auto con i fari puntati verso uno dei cantieri e scendo nella pioggia e nel fango verso la zona interessante ma subito capisco di aver commesso un errore, un paio delle poche macchine passanti rallentano incuriosite, ma quella è anche zona di coppiette in cerca di privacy e se ne vanno subito.
Comunque spengo i fari, prendo la torcia e scopro che è praticamente scarica, esce un filo di luce. Pazienza ormai gli occhi si sono abituati all'oscurità non proprio totale visto che sopra le nuvole si vede l'alone di una bella luna.
Mi imbatto subito in quello che cerco, tavole d'armatura smontate, mascelle, castagnoli... tutta roba buona. Devo fare quattro volte avanti e indietro allontanadomi sempre di più dall'auto, carico ogni vola una ventina di pezzi e stando atteno a non mettere i piedi in fallo in mezz'ora riempo il bagagliaio, ottimo inizio penso e mi avvio verso l'altra zona in allestimento sita proprio in cima al colle ma totalmente immersa nel bosco.
Faccio

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   6 commenti     di: John Barleycorn


Gigi a Venezia Convegno Scuola Librai cap 6

Sesto capitolo: purtroppo sta finendo

Anche se sono stanchissimo, e dovrò recuperare un’infinità di ore di sonno arretrate, mi dispiace che stia per finire quest’avventura.
Dei personaggi annunciati per ora ho stretto la mano a Gianfranco Carofiglio, all’ex giudice Gherardo Colombo e ad un altro bel po’ di gente del gotha editoriale, stasera a cena ospiti della Garzanti, ma prima, nel pomeriggio abbiamo cominciato le cerimonie degli addii, delle foto di gruppo, delle promesse (che difficilmente verranno mantenute) tipo: Quando vengo giù a Napoli prometto che vengo a trovarti in libreria, sicuro, lo prometto!
Me l’hanno detto almeno una decina di compagne e compagni di corso, e praticamente tutti gli Editori, i quali mi hanno rinnovato l’onere di porgere i loro ossequi al mio boss, il Doc Mario Guida.
Oggi siamo stati allietati dall’esibizione di un complesso d’archi e strumenti autoctoni nientepopodimeno che …della Mongolia! Con dei costumi incredibilmente belli, e delle musiche a volta tristi a volta dolcissime che mi hanno fatto nuovamente amare l’estremo oriente, e rivivere tutte le atmosfere dei film di Gong Li, e dei libri di Matsuoka e Mishima che ho visto, letto, sognato, sofferto, amato!
In buona sostanza un’esperienza unica per un occidentale!
Il fotografo della scuola, a giorni metterà sul sito parecchi scatti, come saranno pubblicate le foto, vi fornirò il link necessario, così potrò, visto che non mi sono voluto portare una mia macchina fotografica (sono una frana ad usarle, io sono rimasto a quelle a “lastre” e lampi di magnesio ) dimostrarvi “visivamente” il mio soggiorno; mi lavo, mi cambio e di corsa per…l’ultima cena !
Cena offerta dall’Editore Garzanti insieme a tutto lo staff della Prolibri allietata dalle esibizioni di un Prestidigitatore mostruosamente bravo, e dalla presenza di autori tipo Vitali e Agus e Bompiani e tanti altri ancora, si respira però, fra tutti i “ragazzi” il di

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   1 commenti     di: luigi deluca



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