L'anoressia non fa entrare neanche un filo di luce nel tuo corpo... Nel momento in cui rifiuti il cibo, metti il piatto in disparte ed inizi a guardar i tuoi genitori con odio, ecco che qualcosa di oscuro e totalmente difficile da controllare e fermare, si avvicina.
Si avvicina nascondendo all'inizio il suo vero aspetto...
È una strana voce che finge d'esserti amica.
È una voce che le altre persone riusciranno a vedere, che si renderanno conto di che rischi avrai davanti e in che cosa andrai in contro.
Mentre tu, no... Tu ne rimarrai all'oscuro.
Rimarrai in quell'angolo.
Chi ha questa malattia che sta invadendo il suo corpo, esclude ogni tipo di aiuto, anche da persone a cui vuole molto bene. Inizia ad ''irritarsi'' quando qualcuno nomina solamente la parola: ''Mangiare''.
Davanti a lei.
Escono di casa, nascondendosi dietro un giubbotto e avendo la preoccupazione che qualcuno gli dica che sono grasse.
Scendono le scale, non riuscendo a fissare neanche la persona che hanno davanti a loro. Tutto questo perché? Perché hanno paura delle reazioni delle persone.
Hanno paura di un qualcuno che si metta le mani sulla bocca e si sbellichi dalle risate fissandole. Hanno paura che qualcuno le punti il dito contro e inizi ad urlare ripetutamente ''Sei grassa!''
In qualche modo, per qualche strano motivo, non si sentono ''parte del mondo''.
Basta un piccolo e minuscolo dettaglio, e iniziano a infilarsi in testa mille ansie, mille insicurezze e problemi che pulsano nella mente.
Iniziano a pensare che al mondo c'entra solo chi ha un bell'aspetto o delle ossa che spuntino fuori dal corpo.
Ma non è così... Non è affatto così.
Il mondo accetta tutti.
Il mondo non ti caccia via e chi oserà farlo, sarà solo una brutta maschera che cercherà di sconfiggerti.
Ma quella maschera, quella voce, devi ignorarla.
Un giorno arriverà... Arriverà l'uomo che ti salverà da tutti quei problemi che iniziavi a porti...
Dopodiché, quando arriverà, tutti quei problemi c
Gian Paolo Marocco - Radiotelegrafista della missione RYE
La Resistenza è fatta di piccoli e grandi gesti eroici, di piccole e grandi sofferenze, di tante vite spezzate come fragili fili di paglia. Per me è un onore recuperare e riunire questi fili spezzati dopo tanti anni ed è con immenso piacere che racconto oggi la storia di una di quelle vittime cadute per la Libertà.
I servizi segreti a Brindisi
Dopo l'8 settembre 1943 Brindisi divenne la capitale dell'Italia liberata, qui operavano i servizi segreti alleati e quello italiano:
- Il servizio segreto italiano (SIM - Servizio informazioni militare),
- il servizio segreto americano (OSS - Office of Strategic Services),
- i servizi segreti britannici: (SIS - Secret Intelligence Service, e SOE - Special Operations Executive)
Brindisi ormai raccoglieva tutto quello che restava dello Stato Maggiore italiano, del Governo, dei Ministri e dei Generali, era tutto concentrato nel castello di Brindisi e nelle tre o quattro palazzine del Comando della Marina. La città era piena di Jeep e camion alleati mentre gli alberghi erano pieni di ufficiali inglesi. Dall'Italia del Nord non arrivava che qualche frammentaria notizia tramite una radio di fortuna del servizio intercettazioni. In un modesto albergo di terz'ordine, l'Hotel Impero, c'era la centrale del SIM, il servizio segreto italiano, dove venivano addestrati gli agenti in base agli accordi presi con i servizi inglesi e americani. Infatti, nel settembre 1943, giunsero a Brindisi alcuni agenti segreti americani che presero contatti col servizio italiano (SIM) e stabilirono che:
- L'OSS e il SIM avrebbero concordato un certo numero di missioni da fare insieme.
- Il SIM avrebbe fornito un certo numero di radiotelegrafisti che l'OSS avrebbe addestrato nella propria base.
- Il SIM avrebbe scelto agenti chiave da inviare al Nord.
- L'OSS avrebbe avuto il controllo delle comunicazioni col Nord Italia e avrebbe finanziato, equipaggiato e inviato missioni
L'Associazione "Maialino Amico" in occasione della Festa del Santo Patrono del paese, la cui ricorrenza è imminente, in piazza B. Porcel organizza la Prima edizione del "Festival del cotechino", ovvero quando il cotechino diventa poesia.
Durante lo svolgimento della manifestazione sarà organizzata la mostra dei cotechini, con l'esposizione di numerosi esemplari di tutte le forme e dimensioni.
La sera funzionerà un servizio di cucina, curato dal ristorante "I Tre Porcellini" e saranno serviti i piatti della tradizione regionale: cotechino con purè, in salsa piccante, con lenticchie, con polenta e cotechino in umido.
Saranno inoltre servite altre specialità "della casa": cotechino in "salsa d'oca", e in "salsa d'asina".
Allieterà la serata l'orchestra "M. Porcile". Sarà organizzata una gara di ballo e alla coppia miglior classificata della cosiddetta danza "sui carboni ardenti" sarà consegnato in premio un buono-acquisto per due cotechini.
Inoltre è stato istituito il premio letterario "Il Maialino d'oro", consistente in un racconto o poesia che abbiano per tema il maiale.
Fra tutti i testi pervenuti, una qualificata giuria di norcini sceglierà le opere migliori che saranno inserite gratuitamente nell'antologia "Il Maiale, questo sconosciuto".
Al primo classificato, in occasione della cerimonia di premiazione che si terrà nel tendone appositamente allestito, alla presenza delle Autorità e dei migliori norcini italiani e stranieri, sarà elargito il Premio "Il Cotechino d'oro" e consisterà in un buono acquisto del valore di due cotechini, da consegnare entro la fine dell'anno al banco salumi del supermercato del paese.
Al termine della serata sarà offerto un rinfresco con degustazione di cotechini "imbufaliti" in tutte le salse, accompagnati da generoso vino Doc proveniente da zone ad intensa vocazione suinicola.
Sai chi c'era quel giorno? Ebbene, te lo voglio proprio dire. C'ero io. Si, proprio io, quel giorno che il sole picchiava duro e il vento... benedetto signore, che vento quel giorno! Sensazioni di giorni che faranno epoca... Il vento di Genova poi... è un vento che noi conosciamo, eppure ci prende ogni giorno alla sprovvista. Che piova o non piova, da sempre noi, siamo abituati a quel vento. E ogni giorno dal vento ci lasciamo sorprendere... noi genovesi. Ah, e quel giorno eravamo molti e non soltanto genovesi, anzi viene da dire: tanti... troppi. Il corteo si staccava per chilometri e chilometri. Pensa, si parla di qualcosa di chilometri e chilometri. Ottocentomila persone ammucchiate a camminare. Ottocentomila facce sudate. C'era aria di festa lì in mezzo ai nostri passi. Trovavamo che fosse un modo di rispondere. E dunque si rispondeva e si urlava in tutte le lingue, urlavamo per le cose essenziali, vitali per il mondo (e non dimenticarti mai amico mio, che il mondo siamo noi), ed infatti eravamo noi e io c'ero caro amico mio. Peccato che non c'eri anche tu. Saremmo stati insieme senza saperlo e adesso lo saremmo sapendolo.
Il corteo si muoveva lento e molto spesso non si muoveva neanche. I bambini sulle spalle dei papà, le mamme attente a cosa pioveva dal cielo. Da tutta Europa e dal mondo (ma ti rendi conto?) un appuntamento naturale, come innaturale invece sarebbe stato l'andamento delle cose. E adesso che ci penso, forse quel vento eravamo proprio noi sotto quel sole che ci teneva caldo. E sotto quel sole ci sentivamo al sicuro.
Ricordo la città. Era divisa in tre. Da Levante si poteva arrivare, ma non da Ponente, (per via dell'aeroporto e da Bolzaneto per via della caserma della polizia), ma come un muro, si poteva scavalcare dai monti.
Tu non conosci Genova, avremmo scavalcato insieme se ci fossimo conosciuti allora, ed il corteo era una grande festa di bandiere colorate. Eravamo convinti che non sarebbe successo nulla (e si sappia che l'ala dura?
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