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Fiabe

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Pescatore di sogni

Atanor pensava, sul lungo lago delle Irose pianure, che l’Oltrecielo fosse nel lago. Forse era più comodo pensarlo li, dato che gli ultimi aquiloni erano partiti due anni prima senza fare ritorno. L’Oltrcielo... ne parlavano spesso nel passato le genti delle Irose pianure, eran certi li abitasse Zhar il Dio dei sogni, colui che era in grado di far avverare il sogno che ognuno porta con sé. L’Oltrecielo nel lago... che cosa strampalata e buffa potreste pensare, e poi che pratica strana: i sogni in questo lago vanno pescati. Per molto tempo gli abitanti delle Irose pianure hanno trascorso giorni e notti con la canna tesa in trepida attesa. Ma nulla. E allora, piano piano, si aggrapparono agli aquiloni cercando altrove l’Oltrecielo: oltre il cielo, appunto. Ma nessuno fece ritorno per testimoniare se l’Otrecielo esistesse davvero. Adesso, la leggenda sostituiva il mito, cominciava a tramandarsi come uno stanco racconto, come un richiamo per i turisti: “Venite alla ricerca dell’Otrecielo, basta portare una canna da pesca o in sostituzione un aquilone”. Così recitava il cartello posto sul confine alto delle Irose pianure. Ma oramai anche i turisti avevano scelto altri luoghi, sicché le irose pianure erano diventate una terra desolata. Atanor, figlio di Freyer e nipote di Algiz, era l’ultimo erede degli Hadingus (i primi che si stanziarono su quelle terre), ed era rimasto forse l’unico convinto di poter pescare il sogno. Il sogno avrebbe dovuto fuoriuscire dall’Oltrecielo una volta che l’Oltrcielo stesso avesse abboccato all’amo. Il sogno per essere pescato non avrebbe mai dovuto essere svelato ad alcuno, pena l’impossibilità di raggiungerlo. Atanor credeva e con volontà si adoperò, gettò la canna nel lago per ore, giorni, forse anche anni; mai una fatica, mai un cedimento, le pianure erano sempre più deserte ma lui era li. Non so che età avesse raggiunto quando una notte sentì tirare dalla canna. Qualcosa sicuramente aveva abboccato

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   2 commenti     di: Federico Magi


Amore impossibile

Scese il tramonto sulle onde di un oceano immenso, la nave seguiva la rotta e i pirati controllavano ogni cosa per ordine del capitano. Oiles, così si chiamava e per tanti anni aveva viaggiato in cerca di tesori, con il suo carattere che mostrava un po' presuntuoso e orgoglioso, ma in realtà era tutta un'illusione perché dentro il cuore era più tenero di un gattino. Il suo cappello nero e la sciabola risaltavano il suo aspetto meschino, come i capelli neri e lunghi e gli occhi color nocciola.
Una notte tutti i marinai erano a letto e per sua scelta decise di controllare la navigazione, il tempo era bello, infatti splendevano luna e stelle. Mentre controllava la rotta, alzò gli occhi al cielo e oltre le stelle vide una mezzaluna, ma rimase sorpreso perché seduta su di essa c'era una donna. Con le gambe accavallate, un bellissimo vestito bianco lungo e i suoi capelli biondi che risaltavano il suo aspetto incantevole. Oiles rimase affascinato e lei principessa della luna sorrise dolcemente.
Erano lontani, ma tra loro c'era una scintilla che li univa magicamente, con un lungo filo di seta che legava i loro cuori e alle estremità due fiori che sbocciavano. Così distanti non potevano parlare, ma si capivano con i loro sguardi intensi. Era un amore impossibile tra un pirata e la Principessa della luna, ma l'amore nasce naturalmente perché e l'effetto di un'attrazione fisica e morale, per quanto fossero diversi il loro amore era unico e all'unisono. Lei scese leggermente come un angelo senza ali e lo raggiunse, lui sorrise e dolcemente le baciò delicatamente la mano.
All'alba di un nuovo giorno, il sole splendeva alto nel cielo e lei scomparve. Lui sentiva già la sua mancanza, ma doveva pensare al suo importante compito e ruolo lasciandola nel profondo del suo cuore. Approdarono su un'isola e cercarono il tesoro, ognuno per un sentiero. La esplorarono tutta e proprio Oiles trovò nella palude un baule, dove all'interno c'erano delle gemme preziose e colorate,

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   12 commenti     di: sara zucchetti


La regina dei fiori

II prato ubertoso attorno al lago argentato, era abitato da fiori; un popolo di creature di rara bellezza.
Miosotis, con l'azzurro tenue del suo abito era tra le fanciulle più belle dell'abitato. Ninfea candida scivolava tra le foglie galleggianti, era la sua amica del cuore e ogni giorno stavano in dialogo per ore sulla riva erbosa,, occhieggiando tra il verde
Erano molto eccitate perché avevano saputo che entro pochi giorni sarebbe venuta in visita la regina.

Miosotis pregò l'amica di controllare i petali dei suoi fiorellini; temeva di non essere al meglio della fioritura. "Non ti preoccupare, mia cara, sei bellissima sotto il cielo azzurro il tuo colore è intenso e luminoso" rispose Ninfea.

Una coccinella venne ad informare che le amiche lumache e formiche, avrebbero preparato il tappeto rosso per il passaggio della regina e la moltitudine di tutte le coccinelle del prato erano invitate a disporsi compiutamente nelle prime ore del mattino.
Furono invitate anche le libellule dalle ali impalpabili e dei colori più belli, a fare ala al passaggio della regina.

Poco più in là due girasoli litigavano perché non riuscivano a guardarsi in viso: entrambi attratti dalla stessa parte dove sfolgorava il sole, non avrebbero potuto stare immobili a lato del trono.
Nugoli di farfalle celesti volavano basse nelle vicinanze; a loro venne chiesto di formare corona sopra il capo della sovrana.

Nel lago, un coro di ranocchie si esercitava con canti leggeri e bassi, alternando le loro voci a quelle del fringuello che le accompagnava con il suo canto dal tono soave e melodioso.

Uno tra i più alti e bei tulipani, con i petali rosso carminio e variegati, si disponeva a fare da gran ciambellano per il grande evento.
Ridondanti sulla riva opposta, grappoli di lillà avrebbero fatto da damigelle precedendo il corteo reale.

Due giorni dopo, all'alba, iniziarono i cori. Alle ranocchie del lago ed al fringuello, si unirono usignoli e capinere cantando mu

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   0 commenti     di: Verbena


Il Segreto della Felicità

C'era una volta un Saggio che conosceva il Segreto della Felicità e girava il mondo per farne dono ai popoli.
Un giorno giunse in una bellissima valle popolata da sei contadini, ognuno dei quali aveva una casetta, un pezzo di terra coltivato e qualche capo di bestiame.
Il Saggio bussò alla porta del Primo Contadino: "Buongiorno Signore, sono venuto per aiutarla ad essere felice."
"E come potresti?" rispose il Primo Contadino.
Il Saggio rispose: "Cerca di avere Fiducia e ascoltami. Hai due possibilità: posso darti le Chiavi del tuo Cuore o posso darti gli strumenti per esaudire un tuo Desiderio che pensi potrà renderti felice"
Il Primo Contadino, un po' perplesso e diffidente, disse: "Beh, ho sempre desiderato avere un castello e anche una corona, sì mi piacerebbe. Le Chiavi del mio Cuore non mi servono. Se pensi di potermi aiutare: sì, vorrei un castello e una corona".
Il Saggio salutò il buon uomo e rispose: "Domani sarai accontentato troverai tutto il necessario per costruire il tuo castello e forgiare la tua corona".
Il mattino seguente, il Primo Contadino trovò sulla collina davanti alla sua casa una montagna di mattoni, oro e pietre preziose in abbondanza. Comprese che avrebbe dovuto lavorare sodo, ma che alla fine avrebbe avuto il suo castello e la sua corona. Abbandonò il suo orto e il suo bestiame e si mise a lavorare.
Il Saggio passò a trovare il Secondo Contadino, il quale lo fece entrare nel proprio campo, lamentandosi dello scarso raccolto di grano. Allora il Saggio disse al Secondo Contadino: "Sono venuto ad aiutarti, affinché tu possa essere felice. Hai due possibilità: posso darti le Chiavi del tuo Cuore o posso darti gli strumenti per esaudire un tuo Desiderio che pensi potrà renderti felice"
Il Secondo Contadino rispose: "Non so che cosa tu potrai fare per me, ma voglio crederti. Delle Chiavi del mio Cuore, non saprei cosa farmene... ma di un bel campo di grano rigoglioso, da far invidia ai vicini, sì. Ho deci

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   4 commenti     di: ANGELA VERARD0


Il Cavaliere e la Strega

La nostra storia ha inizio in una tranquilla e prosperosa contea, un luogo fuori dallo spazio e dal tempo, in cui vivevano un padre e la sua bella figlia ventenne, Giselle. Un giorno, però, la pace di quella regione venne improvvisamente interrotta dall'arrivo di una strega e del suo drago. La strega ridusse in schiavitù l'intera popolazione, e con lei anche Giselle e suo padre. Le giornate per quella gente erano lunghe e faticose, perché tutti erano tenuti a praticare la propria arte a beneficio della strega. Molti per lungo tempo tentarono di spodestarla, ma senza mai riuscirci. Una sera, in una piccola casupola, alcuni giovani, tra cui la stessa Giselle, decisero che era ora di annientare la strega e di riportare finalmente la pace nella contea. Fu così che la notte stessa quei giovani si diressero verso il castello dove la strega aveva stabilito la sua dimora. Entrati di soppiatto nel castello, e ignari di cosa li aspettasse, alcuni di loro iniziarono a dar fuoco alle cose, ma, scoperti, vennero uccisi dal drago. I restanti, terrorizzati per quel che era successo, batterono in ritirata e trovarono rifugio presso un paese vicino, dove furono benignamente accolti dal re. Dopo essere stati tranquillizzati da quest' ultimo, la tremante Giselle iniziò a raccontare al re la terribile situazione in cui versava la sua contea. Gli raccontò della malvagia strega e del suo drago, che agli occhi dei nostri amici sembrava essere invincibile. Il re, carezzandosi il mento, fece convocare il mago di corte, un uomo potentissimo ed esperto di draghi, al quale avrebbe potuto chiedere consiglio. Il mago, pregando Giselle di descrivergli il più accuratamente possibile il drago, consultò il suo libro degli incantesimi e subito pregò il re di procurargli degli ingredienti magici, che gli sarebbero serviti per ottenere un potentissimo infuso, con il quale i giovani avrebbero così potuto sconfiggere il drago. A questo punto il mago chiese d'esser lasciato solo e, dopo tre gio

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Katjuscia in cucina

Nella nostra solita cucina, katjuscia, rimasta sola, osserva con molta attenzione tutto ciò che si trova sul tavolo di lavoro.
La salutano con molta riverenza, della frutta, degli ortaggi, del pane fresco e per finire del bel formaggio bianco.

L'arancia si fa avanti e dice:

- Katjuscia, si dico proprio a te, bambina mia!

Katjuscia:

- Che pertinente, io non sono la tua bambina!

L'arancia:

- Si fa per dire, scusami se ti ho offeso.

Katjuscia:

- Va bé, ma che vuoi da me?

L'arancia:

- Forse fra poco mi sbucci e mi mangi, o mangi la mia collega banana, o più semplicemente la mela rossa, già ben lavata, e non serve nemmeno sbucciarla, quattro morsi con quei tuoi bei dentini et voilà. Ma sai come siamo finiti qui?

Katjuscia:

- Il mio nonnino, cuoco di tutto rispetto, anche se brillo, vi ha comprato al mercato qui vicino.

L'arancia:

- Eh già! Siamo venuti dal nulla. Ma come siamo finiti al mercato lo sai tu?

Katjuscia:

- Ma sei proprio scocciante arancia bella! Ma che ne so io!

L'arancia:

- Te lo dico io! Mio padre è un bell'albero e si chiama Arancio, piantato a sua volta fu dalle mani esperti e sapienti di un contadino, e poi ancora piantina verde e carina, le mani callose ma sicure dello stesso contadino la innaffiava e la curava con amore fino a quanto crebbe e diventò un albero fiero e maestoso.
Un bel mattino questo buon uomo lo vide in fiore, di una bellezza tale, che al suo sudore si mischiarono lacrime di gioia e soddisfazione. Direi più che meritate. Questi fiori infine divennero frutti di colore arancione, come il tuo bel vestitino, e di forma ovale.

Katjuscia:

- E poi? Continua, continua.

L'arancia:

- Il buon contadino si inginocchiò e ringraziò il Signore, poi, chiedendo scusa ad ognuno di noi, ci colse ad uno ad uno e con molta delicatezza ci pose in una bella cesta e al mercato ci portò.

Katjuscia:

- Che bella storia! Suppongo che le tue colleghe hanno una storia simile.

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Berto, Bino e Virgilio

Ci troviamo in una una scuola di campagna un po' speciale. Il maestro è il dotto Virgilio, gufo di tutto rispetto; come suoi scolaretti ha molti animaletti domestici; fra i quali alcuni porcellini, degli agnellini, una capretta e anche un asinello, sempre ripetente, di nome Bino.
Ma eccone uno nuovo, con il colletto bianco ed il nastrino color cielo, il porcellino Berto; ritenendosi molto intelligente, pensa di far carriera andando a scuola.

Momento cruciale l' appello:

- Agnolotto, Angelotto... Berto:

Berto:

- Pree-presente.

Il maestro:

- Tu sei nuovo, vero?

Berto:

- Si, signor maestro.

Il maestro:

- Bravo, bravo!

E continua l' appello, Bino...

Bino:

Pree-preee-sente!

Il maestro:

- Tu sei invece già ben noto, e sempre in prima, vero?

Bino:

- Si, purtroppo!

L' appello finalmente finisce, c' è qualche pausa, poi il maestro e dotto Virgilio si presenta ai nuovi venendo accolto con uno scosceso applauso.

Il maestro:

- Vediamo un po'! Tu Berto, sai dirmi due più due quanto fanno?

Berto:

- Due più due... fatemi pensare! Fanno cinque, signor maestro.

Il maestro Virgilio non fece una piega, rivolgendosi a Bino:

- Bino, secondo te ha ragione il compagno Berto, che due più due fanno cinque?

Bino:

- E che ne so io! Mica so contare.

Il maestro un po' arrabbiato:

- Ciuccio sei, ciuccio eri e ciuccio rimani; ma che ti tengo a fare in questa classe?

Bino:

- E che ne so io! Debbo faticar tutto il giorno, e qui almeno un pochettino riposo le mie stanche ossa, eppur io son figlio di Dio, santo cielo!

Il maestro:

- E bravo il pelandrone ( ignaro delle fatiche di codesti poveri somari), ciuccio ma astuto. Quindi chi sa finalmente dirmi quanto fa due più due?

Una gallina alza una zampina.

Il maestro:

- Dimmi gallinella mia!

La gallina:

- Due più due fanno quattro uova.

Il maestro:

- Brava! Ma perché le uova?

La gallina:

- Perché se non ce li metto dim

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FiabeQuesta sezione contiene storie e racconti su fate, orchi, giganti, streghe e altri personaggi fantastici

Le fiabe sono un tipo di racconto legato alla tradizione popolare e caratterizzata da componimenti brevi su avvenimenti e personaggi fantastici come orchi, giganti e fate. Si distinguono dalle favole per la loro componente fantastica e per l'assenza di allegoria e morale - Approfondimenti su Wikipedia