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Racconti horror

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Una splendida carriera

Marco aveva 14 anni, i genitori gli volevano bene, viveva in una bella villetta fuori città,
aveva un sacco di amici, una camera tutta sua, a scuola andava bene e i professori lo adoravano, ma…
Ma lui era diverso dagli altri, era migliore degli altri, era sicuro di essere superiore agli altri.
Lo sapeva dalla notte del suo undicesimo compleanno.
Quella notte si era svegliato nel buio sentendosi chiamare, sentendo il suo nome non con le orecchie, ma…nella testa.
Si era alzato dal letto andando verso l’angolo pieno dei suoi giochi e aveva preso in mano il libro, quello pieno di figure, quello su Peter Pan, lo aveva aperto…
Quello che aveva visto non erano i disegni della favola, ma come in uno schermo di una televisione, aveva visto un uomo, di spalle, vestito di nero, che camminava davanti a lui, verso una casa, isolata, immersa nel buio.
A un certo punto, questi si era girato, lo aveva guardato con uno sguardo gelido, cattivo, facendolo quasi cadere per lo spavento, e aveva detto:”Buon compleanno, Marco, ci rivedremo presto”.
Si era svegliato nel suo letto, ricordandosi tutto, ma non del tutto sicuro che fosse successo davvero, che non fosse stato tutto un sogno.
Era andato a prendere il libro, lo aveva aperto e aveva visto Peter Pan sorridergli dalla prima pagina.
Ma da quella prima notte gli era capitato spesso di vedere altro attraverso quelle pagine trasformate.
L’uomo senza nome aveva compiuto atti che all’inizio lo spaventano, ma poi, col passare del tempo, dalle visioni sempre più esplicite che l’uomo gli permetteva di vedere, aveva cominciato a capire che voleva diventare come quell’uomo.
Ogni tanto, dai discorsi dei genitori, dalla tv, dagli adulti intorno a lui, capiva che quelle scene a cui assisteva, accadevano realmente, intorno a lui, anche a persone che conosceva.
Nell’ultimo anno c’era stato un aumento della violenza in quei viaggi notturni a cui lui assisteva, sempre più coinvolto, sempre più desideroso di qu

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Bloody nails

"Dopo la scomparsa di Tracy Stevens, mia madre non mi aveva più permesso di fare uscite serali. Il fatto che una mia compagna di classe fosse svanita nel nulla, per lei significava che anch'io avessi potuto fare la stessa fine. Quel martedì pomeriggio, quattro giorni dopo la presunta scomparsa della mia amica, i notiziari non facevano altro che mandare in onda foto della sedicenne abbracciata ai propri genitori che sorrideva, con la sua solita frangia che le copriva parte dell'occhio sinistro. Alla nostra scuola, la Exler High School, gli insegnanti avevano organizzato alcuni incontri, dove studenti e genitori potevano partecipare e discutere riguardo Tracy, nella speranza di poter colmare quel vuoto che aleggiava in tutti i nostri cuori. Poiché era la vigilia di halloween, quel martedì mattina avevo chiamato Evans Shannon, il mio fidanzato, chiedendogli di venire la sera stessa a casa mia: mia madre sarebbe partita nel tardo pomeriggio per andare a trovare un'amica che non vedeva da qualche tempo, e che abitava a Saint Luke, così avevo pensato che guardare alcuni dvd horror in compagnia del mio ragazzo, sarebbe stata una cosa carina per trascorrere la notte della festa dei morti. Ebbene, Evans fu entusiasta della mia proposta, dicendomi di aspettarlo vestita da strega per le otto in punto. Laurie mi raccomando fai la brava mentre sono via, aveva scritto mia madre su un pezzo di carta rozzamente scocciato allo schermo della televisione. Alle sei, mezzora dopo la sua partenza, ero salita nella mia stanza, e mentre mi guardavo allo specchio sistemando i capelli in una coda di cavallo, pensavo a quale costume indossare. Mi chiamo Laurie Mason, ho diciassette anni e frequento la 4F del liceo alla Exler High School. Dopo essere stata campionessa per due stagioni consecutive, la mia passione per la pallavolo è cresciuta di giorno in giorno, e sebbene negli ultimi tempi non se ne fosse parlato, poiché anche Tracy, la ragazza scomparsa, faceva parte della squadra, in

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   2 commenti     di: cesare massaini


Buon vicinato

L'edificio era in netto contrasto con tutto quello che lo circondava, sembrando più vecchio di almeno cinquant'anni rispetto a ogni altra costruzione e dando l'impressione che nessuno si occupasse della sua manutenzione da parecchio tempo. In compenso gli affitti erano molto bassi, come è ovvio che sia per un rudere del genere, e sfortunatamente era tutto ciò che potevo permettermi di pagare. Appena varcato l'ingresso, l'anziana padrona di casa, una donna grassoccia dall'aspetto non molto rassicurante, mi si avvicinò offrendosi di accompagnarmi fino al mio nuovo appartamento. Arrivati al quinto piano, l'anziana donna mi consegnò le chiavi e mi fece le ultime raccomandazioni, portandosi via una buona ora del mio tempo. Poco prima di andarsene mi guardò negli occhi, sorridendomi in modo piuttosto strano, quasi ghignando. "Sono sicura che ti divertirai qui". "Non fare troppo caso ai rumori." mi disse uscendo velocemente dalla porta e non lasciandomi neppure il tempo per chiedere a quali rumori si riferisse. Andai a letto di buon ora, il trasloco mi aveva distrutto. A mezzanotte in punto dei forti rumori, come di violenti colpi su un tavolo mi svegliarono. Incuriosito, ascoltai meglio e capii che proveniva dall'appartamento di fronte al mio. Aspettai qualche minuto dopodiché, esasperato, decisi di uscire sul pianerottolo e andare a dirne quattro a quell'idiota che si era messo a fare casino in piena notte. Il nome sul campanello diceva che la casa apparteneva a un certo signor Hoffman. Bussai alla porta e questa si rivelò inaspettatamente aperta. Siccome non ottenni risposta alcuna decisi di entrare, giusto per controllare che tutto fosse a posto. Percorsi il corridoio fino ad arrivare nella cucina, dove mi si palesò la fonte dei rumori. Il signor Hoffman stava facendo a pezzi con una mannaia il corpo ormai senza vita di una giovane donna. Accortosi della mia presenza, l'uomo si girò verso di me. "Lei deve essere il nuovo inquilino". Perdoni se non le stringo

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   0 commenti     di: max


Cose oscure

Sara continuò a singhiozzare. Sola, nell’oscurità, si rannichiò nel suo lettino con le sbarre di legno; era ancora piccola e sarebbe potuta cadere dormendo. Suo padre l’aveva spinta nel corridoio, facendo stridere le rotelline di plastica montate quello stesso sabato pomeriggio, dichiarando che lui e mamma volevano stare un po’ soli. Ma Sara non aveva inteso ragioni; aveva cominciato a piangere e i suoi avevano dato poca importanza alla cosa, prendendo quelle lacrime per degli stupidi capricci. E così, quella sera stessa, era stata messa nel corridoio, nonostante le sue proteste; era troppo piccola per poter esprimere il suo senso di angoscia e di terrore se non piangendo a dirotto. Come avrebbe potuto spiegare altrimenti, che, quando si resta da soli al buio, accadono cose spaventose, cose orrende e che, se non ci sono i tuoi genitori a proteggerti, possono farti del male, strisciando silenziosamente nell’oscurità e avvicinandosi sempre di più...
Stringendo il suo peluche bagnato dal pianto, Sara si addormentò. Si svegliò poco dopo, gli occhi ancora umidi, spalancati in un’espressione di sorpresa : da sotto la porta dell’ingresso filtrava un filo di luce bianca; dapprima tenue, poi sempre più intenso, fino ad illuminare il freddo pavimento di marmo. La piccola ora tremava, non riuscendo a fare altro che gemere sommessamente, mentre la porta si apriva con un sinistro cigolio: una luce abbagliante e poi più nulla.
Il mattino dopo i genitori di Sara, aprendo la porta della camera da letto, trovarono il lettino vuoto e il peluche sul pavimento; la porta era chiusa a doppia mandata e le chiavi erano sul tavolino dell’ingresso. Sconvolti, si precipitarono al telefono per chiamare la polizia, non notando neppure le screziature corvine, che si diramavano da sotto la porta, allungandosi verso il lettino come le nere braccia della morte.



Lupo mannaro

Italia 1982. In un laboratorio di Roma, un gruppo di scienziati stanno sperimentando un nuovo esperimento. L'esperimento è molto diverso da tutti gli altri perchè questo esperimento modifica cellule, molecole e DNA delle persone facendoli diventare molto più di quanto la mente umana potesse immaginare. Questo esperimento è chiamato “Operation black wolf” (operazione lupo nero) e, alle 03:30 di notte il creatore dell'esperimento Giovanni Galli era troppo ossessionato dalla sua creazione che, anche se contro i suoi colleghi, si fece l'esperimento su se stesso ed entrò in coma per tre anni. Roma 2002. Le televisioni e i giornali sono infestati da moltissime notizie di casi di lupi mannari dove persino i carabinieri ne negavano l'esistenza. La notte un gruppo di amici viene assalito da un enorme lupo mannaro dove una delle vittime è riuscita a registrare con una telecamera tutto l'accaduto. La cassetta viene controllata dalla polizia dove viene mandata alla caserma più vicina all'incidente e viene analizzata dal maresciallo Flavio Tamboni dove finalmente crede dopo la millesima che l'ha vista che davvero la coppia è stata aggredita da un lupo mannaro “reale”. Per lui, tutto cominciò una sera quando passeggiando per strada dopo cena a lume di candela con la sua ragazza Mara Galli, incontrò per strada in una macchina un uomo all'incirca sessantenne che diceva di essere il padre di Mara e di rivolere la sua vita che vent'anni fa gli è stata rubata. Mara sapeva benissimo che entrambi i genitori erano morti 2 mesi dopo la sua nascita per un incidente automobilistico. Flavio capì che qualcosa non quadrava ma ci dormirono su. Una sera di luna piena faceva troppo freddo che Mara decise di non uscire di casa e Flavio andò a comprare le pizze quando appena arrivato vicino alla porta di casa, venne aggredito da un lupo mannaro e venne soccorso da Mara che era infermiera ma, venne aggredita dall'essere che la fissa negli occhi si calma e scappa via. F

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Il visionario

Le notti di fine anno le trascorriamo in stalla, io e il mio cane Whisky. In questo periodo c'è una vacca gravida e il padrone non vuole che si ripeta l'incidente dell'anno scorso quando il vitello morì per mancanza di assistenza.
La notte del 30 dicembre sono in stalla come al solito, disteso su una brandina e vengo svegliato di soprassalto. Le vacche si muovono e muggiscono. Il cane abbaia. Deve essere mezzanotte passata poiché la temperatura si abbassa sempre a quest'ora. Dalle finestre a nord entra il vento gelido di tramontana, così prendo stracci e paglia e incomincio a tappare le fessure.
Mentre sto facendo questo lavoro sento alcuni colpi battuti sulla porta della stalla e mi sembra di udire una voce che chiama. Chi può essere a quest'ora di notte?
La fattoria è isolata. Fuori la campagna è murata di buio e nebbia. Il cane abbaia forte. Le vacche sono diventate irrequiete. I colpi si ripetono e io mi avvicino alla porta per controllare.
Quando apro vedo un vecchio intabarrato con una lunga barba bianca. L'uomo tiene una sporta e si appoggia a un bastone.
"Sono un mendicante... Ho visto la luce accesa... cerco un posto dove passare la notte..."
Dopo un attimo di esitazione mi tiro da parte per lasciarlo entrare. L'uomo camminando stancamente va a sedersi su un mucchio di paglia. Si appoggia con la schiena a un palo, tira fuori del pane dalla sporta e incomincia a mangiare. Quando ha finito resta immobile con lo sguardo perduto nel vuoto.
Vorrei chiedergli da dove viene e perché si trova per strada a quest'ora di notte, ma mi trattengo. Suppongo che il vecchio si sia addormentato e non oso disturbarlo.
Invece dopo alcuni minuti egli volta la testa verso di me e parla a bassa voce:
"Esistono mondi bellissimi... coloratissimi... con piaceri mille volte superiori a quelli terrestri... In questi mondi gli uomini realizzano tutti i loro sogni, tutte le fantasie, tutti i miracoli e i desideri..."
I discorsi del vecchio suonano strani nell'ambiente

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   1 commenti     di: sergio bissoli


Il vagabondo

Qualcuno bussò alla porta. Un imponente temporale impediva di distinguere con chiarezza le figure e i suoni soccombevano sotto i colpi dei tuoni, eppure ero sicuro di aver udito tre tocchi dall'altra stanza. Stanco e indebolito dalla dura giornata di lavoro, feci finta di non avere sentito nulla e provai a riconciliarmi a Morfeo, consapevole che andare a controllare mi avrebbe fatto passare il sonno. Pochi secondi e i colpi alla porta tornarono a farsi sentire, più forti di prima. Guardai per un attimo la sveglia: erano le 2:33. "Chi diavolo può mai essere a quest'ora della notte?" pensai. La mia mente mi negava il sonno facile e ormai sveglio mi decisi a camminare verso il salotto, maledicendo chiunque avesse bussato. Indossai la vestaglia e le pantofole, umide a causa della pioggia che gocciolava dal soffitto. Mentre i miei occhi cercavano di abituarsi al buio, mi vennero in mente alcuni fatti di cronaca. Negli ultimi mesi, in questo stesso quartiere si sono registrate violenze domestiche, furti e danneggiamenti di proprietà nelle ore notturne. Questo pensiero mi mise in agitazione, vista l'ora tarda, ma cercai di non farmi prendere da una paura insensata. La mia casa era poco più di una catapecchia e ciò, da fuori, si distingueva chiaramente. Non avevo nulla da temere, chi mai avrebbe avuto interesse a svaligiare una casa simile?
Più la mia mente cercava di essere lucida però e più la mia mano tremava avvicinandosi alla maniglia della porta principale. Lungi dall'essere completamente tranquillo, aprii con uno scatto deciso la porta. "P-Per favore...". L'uomo di fronte a me barcollava. Era probabilmente un vagabondo e i vestiti che indossava, stracci completamente bagnati dalla pioggia e rotti in più punti, ne erano la conferma. Sembrava non mangiasse da giorni, il suo viso era scavato, i suoi occhi erano stanchi e vitrei, pareva quasi svuotato della sua essenza vitale. "Per favore... mi aiuti..." furono le sue ultime parole, prima di cadere

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