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Il praticello dietro casa
Volle tagliare l’erba del suo praticello; così mise in moto la tagliaerba. Il praticello era dietro la casa. Vicino, c’erano la piscina con le sdraio e gli ombrelloni, un tavolino e qualche sedia.
“Ma è possibile che devi sempre tagliare l’erba di sabato?” urlò la moglie dal bordo della piscina.
“E quando vuoi che lo faccia?” gridò il marito.
“Il mercoledì per Dio. Ci sei solo tu a casa il mercoledì sera.”
“Pioveva mercoledì.”
“Ma se non piove da dieci giorni!”
“Beh, qui in giardino pioveva.”
“Cazzo, ma cos’è questo rumore!” urlò il figlio dalla finestra della casa.
“Un motore a scoppio ragazzo mio.”
“Ci farai diventare tutti matti!” gridò la figlia uscendo dalla veranda stropicciandosi gli occhi.
“Martin, smettila. L’erba può aspettare fino a mercoledì!”
“E se dovesse piovere di nuovo?”
“Maaartin!”
“Bastaaa!”
“Ma cristo!”
“Non ne posso più!”
“E spegni quel motore!”
“?”
“Ma siete tutti impazziti?” Martin aveva spento la tagliaerba.
“Quell’aggeggio ci fa saltare i nervi. È terribile!” disse la figlia e si adagiò su una sdraio.
Martin lasciò la tagliaerba sul praticello. Avanzò di qualche passo verso la veranda, si fermò, guardò la figlia ora sdraiata sulla sdraio e guardò la moglie mentre si asciugava le gambe, si girò, alzò gli occhi verso la finestra e chiamò:
“Sergio!”
“Che c’è ancora?” Sergio si affacciò di nuovo alla finestra.
“Vieni giù!”
“Un attimo... sì, arrivo.”
Martin guardò la tagliaerba in mezzo al praticello. Decise di lasciarla lì. Poi andò alla piscina e si sedette su una sdraio. Si coprì con le mani la faccia finché la moglie finì di asciugarsi le gambe.
“Si può sapere che cosa ti succede?” chiese la moglie.
“Ho qualcosa nel cuore. Devo parlarvi. A tutti. Aspettiamo Sergio,” disse Martin e si tolse le mani dalla faccia.
Afferrò un pacchetto di sigarette dal taschino della camicia, ne sfilò una, e se la accese. La moglie spiegò l’asciugamano, lo distese su una sdraio e vi ci si adagiò sopra. Maria si stropicciò ancora una volta gli occhi.
Dalla veranda arrivò Sergio con un succo di frutta in mano e prese posto su una sedia vicino alla sorella Maria.
“ ‘giorno,” disse Sergio.
“Il papà ci vuole parlare,” disse Maria.
“Quel tagliaerba fa troppo casino. Bisognerebbe comprarne uno elettrico,” disse Sergio.
“Fallo il mercoledì,” suggerì la moglie, “a l’erba gliene frega niente di essere tagliata il mercoledì.”
“Cosa hai da dirci papà?”
“Il mercoledì sera io non posso tagliare l’erba perché sono da Sara,” rispose il padre e guardò Maria con tenerezza.
“Sara?” chiese Sergio.
“Sara?” disse Maria.
“Chi è Sara?” gridò la moglie.
“Ci conosciamo da due mesi,” continuò Martin “e ci vediamo tutti i mercoledì sera.”
“Ma che stai blaterando?” interruppe la moglie.
“Ma lascialo parlare!”
“Continua,” disse Maria.
“E ogni mercoledì sera alle dieci e mezza ritorno a casa e ogni volta che ritorno a casa mi chiedo perché ritorno a casa.”
“E dove cavolo vorresti rimanere?” gli gridò la moglie.
“Da Sara,” disse la figlia.
“Sì, da Sara,” affermò il padre.
“Porco! Lo sapevo. Non sei altro che un vecchio porco,” gridò la moglie.
“Gesù! Lascialo parlare!”
“Mamma! Calmati.”
“Sara mi ama e io amo lei.”
“Una puttana!” disse la moglie.
“Andrò a stare con lei,” disse Martin, e sembrò che volle alzarsi dalla sdraio, ma indugiò.
“Da una puttana?” replicò la moglie.
“Sara non è una puttana. Merita di più,” reagì Martin.
“E l’erba, chi la taglia?”
“Sergio,” continuò Martin, “e anche tu cara mia figlia, siete grandi e presto ve ne andrete pure voi.”
“Ma se sono ancora due bambini!” disapprovò la madre.
Maria si alzò dalla sdraio, e si mise vicino al padre. Lo abbracciò.
“Papà, parlaci di questa Sara.”
“Martin, tu sei impazzito!” ribatté la moglie.
“Prima o dopo doveva succedere…”
“Non puoi farmi questo!” gridò la moglie sbalzando dalla sdraio, “se tu te ne vai, io t’ammazzo!”
“Me ne andrò!” disse Martin, “vivere con te è diventato un inferno.”
“Sporca canaglia!” La moglie si precipitò in casa.
“Davvero parti papi?” chiese Maria.
“Sì.”
“Vi volete veramente bene? Tu e Sara.”
“Sì. Lo credo.”
“E la mamma?” chiese Sergio.
“Tra noi è finita.”
“Non c’è proprio più niente da fare?”
“Mi dispiace. Forse è tutta colpa mia.”
“È triste,” disse Maria.
“Le cose si sistemeranno.”
“Forse, hai ragione, ti voglio bene.”
“Anch’io. Vi voglio bene.” disse Martin.
Si sentì uno sparo. Uno scoppio. Sergio si girò e guardò la tagliaerba sul praticello. Non si era mossa. Si girò e vide il padre accasciarsi in avanti e cadere dalla sdraio. Il mezzo alla schiena aveva un grosso foro macchiato di sangue.
“Brutto figlio di puttana,” gridò la moglie dalla finestra. Teneva un fucile tra le mani; la canna del fucile fumava ancora.
“Mamma!” gridò Maria.
“Papà...” esclamò Sergio.
“Papà, papà, papà,” Maria era piegata sul corpo del padre e lo scuoteva alle spalle, “è morto, è morto, è morto!”
Si sentì un altro scoppio.
Sergio si guardò il petto, era ancora intatto. Guardò la schiena di Maria, era ancora intatta. Si girò e vide la madre distesa sul davanzale della finestra. Le braccia le penzolavano lungo il muro della casa. Il fucile oscillò per un po’; poi si staccò dall’indice della mano destra. Dalla testa della madre fuoriusciva il sangue, e densi rivoli rossi colavano giù sul praticello.
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