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Racconti brevi

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D di Donna

Aveva una stramaledetta voglia di gridare, ma quel sielenzio le tagliava il fiato, non poteva raccontare a nessuno il motivo che la carcerava, avrebbe ricordato ciò che era e questo la faceva rabbrividire per il semplice fatto che adesso, lei, non esisteva più. Cuccioli d'inferno nel suo cuore, la divorano ferocemente. Bocconi di veleno, condanna capitale, pena essenziale per ciò che aveva fatto si che la infettasse. Si rese conto del fatto che esiste il male e la facciata, un gioco di colori e belle note, profumi inebriati di piacere, rumori sordi e grida soffocate, sentore che riflette in uno sguardo, di chi ha un oggetto e ruba un sogno, recriminazioni preannuciano fatali il momento della scomparsa, niete si sarebbe dovuto sacrificare, solo la bellezza di non ammazzare una magia elementare, che aveva reso divino un gesto di primitiva essenza. Pedina di una scacchiera di cristallo, presa a calci dal rischio della vita, giocattolo di latta ormai usato, deposto con un caro ben servito, in un angolo per non recar disturbo, che tanto quella voce ormai è lontana. Così trattata come una Puttana, una Venere estirpata dal suo trono, giace ormai pari a morta sotto un ponte, il suo spirito è stato derubato. Una donna che non profuma di primavera, ma odora di brace e di carbone. Uccisa dal suo stesso pensare, violentata dalla sua stessa natura, vestita di un elegante dolore, invisibile al sogno che l'aveva divorata, trascinadola in una mischia avvelenata. Sopravvive all'ennesima prova, innalza il calice del suo veleno, risponde con eleganza: è scesa giù all'inferno ed è ritonata più forte di com'era. Un'altra donna non vedrà più i sui figli perchè è stata assassinata, un'altra è vittima di abusi, un'altra ha solo gli occhi chiusi, un'altra è ormai vecchia, un'altra è figlià di Hallà, una guida il suo suv e sclera, una porta a spasso un cucciolo col collare di diamati, un'altra fa la cassiera, una è casalinga, una è principessa, una e per strada che fa l

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   6 commenti     di: Teresa Tripodi


... ti è piaciuto il regalo???

- Mi hai fatto un gran regalo Federico!
- Dici? Ti confesso che sono stato fino all'ultimo momento in dubbio su cosa regalarti per Natale. E poi conosci le mie manie di grandezza... il regalo deve essere unico... importante e soprattutto deve far scoccare quella scintilla, quella curiosità, quel tanto di enigma che poi gli amici ti devono chiedere... Ehi ma chi te lo ha regalato??? Ascolta però... sicuro che ti è piaciuto????
- Si si originalissimo. Devo dire che in un primo momento sono rimasto un po' sull'incerto ma poi...
- Ma poi...???
- Ma poi... sai... l'ho fatto vedere agli amici...
- Come lo hai fatto vedere agli amici???
- Nel senso... mi sarebbe piaciuto poterlo far vedere agli amici... ma...
- Ma... cosa???
- Ma... purtroppo di amici non ce n'erano e quindi ho gioito da solo del tuo regalo... puff... ecco..
- Riccardo.. ma tu mi stai nascondendo qualcosa?
- Eeeh che ti devo nascondere... un bellissimo regalo... veramente... credimi... Quando l'ho indossato mi calzava a pennello.
- Lo hai indossato???
- Ehhm.. si si per dire... sai come si fa.. ti poggi il regalo addosso e ti guardi nello specchio
- E dimmi dimmi... che cos'è???
- Come che cos'è??? Tu me lo regali ed adesso te ne sei dimenticato???
- Riccardo io so cosa ti ho regalato, volevo scoprire se tu il regalo lo avessi aperto!!! Mi sta venendo questo serio dubbio!
- Federico ma che stai dicendo... come, io che non apro un regalo??? Sono nato prima io e poi la curiosità... non aprivo il tuo regalo... ma figurati!
- Vabbè, ti voglio credere Riccardo, ma fammi una cortesia quello che non ricordo bene del regalo è di che colore poi alla fine te l'ho preso, dopo tante incertezze sai com'è adesso proprio non ricordo.
- Si.. si.. ho capito ma sai anche io tra tanti regali ora mi prendi alla sprovvista... mi pare rosso...
- Rosso???
- No... no... era blu!!
- Blu???
- No.. no.. era marrone... ma marrone chiaro eh... non scuro scuro.
- Marrone???
- Federico ora non mi rico

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IL VIAGGIO

Neppure ho comprato una valigia nuova. Come al solito le  situazioni precipitano nonostante cerchi di preparare con cura ogni cosa. Questo viaggio è in programma da  un paio di mesi, non ho scuse. Se la cerniera fa i capricci, è la volta buona che l’apro con le forbici questa vecchia valigia, Dio quanti ricordi! E poi mi toccherà tirar fuori  la roba come da un vasetto di melanzane. Meglio calmarsi, ho i soldi contati e qui a Milano per una borsa appena decente ti sfilano cento €uro, forse più.  Il posto sembra pulito, decoroso. A parte quei triangolini  tutti identici di plastica satinata che sembrano inseguirsi lungo il bordo alto della parete e che vorrebbero ricordare un improbabile rametto di edera. Dico, almeno metteteci  un vaso da qualche parte, magari collegato al ramo, così, ecco, ci si sente anche meno stupidi e si riesce persino a credere per un attimo che tutto  sia vero e naturale. Però il resto dell’ambiente pare curato.  D’altra parte la personalità meticolosa e precisa del  mio fratellone non delude mai, perlomeno in questo senso. Ivan ha prenotato la pensione circa venti giorni fa, su insistenza di mamma. Quando in casa gira, sia pur solo accennata, la possibilità che qualcosa di nuovo sta per accadere, l’eccitazione  li avvolge in un unico lenzuolo, mia madre ed Ivan. Sono identici, ed a me tocca il ruolo di sponda per entrambi. Da quando questi di Milano mi hanno scritto che il mio curriculum è risultato “interessante” ed è stato “attentamente e positivamente  valutato”, e fissato un colloquio, a casa non si dormiva più. Li conosco i miei!, Avrei voluto annunciare la notizia solo qualche giorno prima. Ma figurarsi, la lettera fu intercettata da  mamma in mia assenza. Era  un giorno di pioggia, cercò di allungarmela al mio rientro in casa già sull’uscio, quando ancora tentavo di riporre  da qualche parte la giacca fradicia, sorpresa sotto l’inatteso acquazzone di marzo. 
-    hanno risposto, gu

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   2 commenti     di: Carlo Diana


La corriera

Il recupero delle valige fu più rapido del previsto e ciò permise loro di prendere la prima corriera disponibile, che in poco più di mezz'ora le avrebbero portate nei pressi della città , dove Lara aveva preventivamente
affittato un piccolo appartamento in un modesto residence periferico, vicino alla costa.
Se fosse dipeso da lei, Lara avrebbe evitato qualsiasi prenotazione, decidendo solo sul posto dove e come meglio sistemarsi, anche a costo
di rimanere qualche notte all'addiaccio, magari dormendo sotto qualche riparo di fortuna, ma il fatto che fosse in compagnia di Erika, l'avevano costretta a ricercare una sistemazione certa sin dal primo giorno e quel bilocale di piccole dimensioni, ma soprattutto economico le pareva una buona cosa.
Eccole quindi sedute sul traballante autobus pieno di colori e odori, di turisti
e gente del posto, che percorreva la strada a velocità sostenuta, incurante delle persone in bicicletta che sorpassava, immergendole in una nuvola di polvere.
Erika con voce alta, per sovrastare il rumore disse a Lara
<.. pensavo di essere sicura a terra, ma... mi sembra che anche questo autista sia un po' spericolato...>
rispose Lara
<fifona.. non pensavo fossi così ansiosa con i mezzi di trasporto.. però , sai cosa ti dico?.. sinceramente mi sentivo più sicura a 8000 metri di quota che su questa carretta a ruote...>
poi aggiunse
<Erika... ti stai pentendo? vero?.. di essere qui.. pensa, adesso saresti stata tranquilla nella tua bella casa, ad annaffiare i fiori sul balcone, a discorrere
di amori con la tua vicina di casa, ad impastare farina per il dolce..>
<Finiscila...!> la interruppe Erika <Sono felice, anzi.. felicissima di essere qui
, il posto è stupendo, ma... soprattutto lo sono perché ci sei Tu...>
l'abbraccio che scaturì fu così spontaneo e passionale che infuse felicità persino nelle persone che erano sedute li vicino.
Il paesaggio intorno era di una bellezza diversa, Erika era rapita da quella natura anco

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   0 commenti     di: enrica. c


La domanda

È arrivato alla spicciolata, confondendosi tra i pazienti. Appena ha potuto si è avvicinato presentandosi come il nuovo tirocinante. I neo dottori in medicina devono adempiere ad un mese di tirocinio, presso lo studio di un medico di base. L'ho subito accompagnato dal dottore titolare ma prima, d'amblèe, gli ho detto:< Si chiama Roberto? > ed egli a me... <No, Giuseppe >.
Me ne sono tornata nell'angolo che accoglie il mio lavoro di segretaria, dandomi della scema. Cosa mi è volata per la testa?! Che caspita di domanda vado a fare?! Si, questo giovane è identico a Roberto, il mio Roberto, il mio primo amore nato fra i banchi del liceo, che ora è un ortopedico di sessantanni e che non vedo da quaranta.
Il dott. Giuseppe ha la stessa altezza, stesso naso "importante", stesso modo di camminare, stesso sorriso a trentadue denti candidi, stessa montatura di occhiali... solo ha un ciuffo di capelli elettrizzati, mentre negli anni settanta i ragazzi li portavano un po' lunghi ma per il resto... somiglianza perfetta.
Rivedo Roberto avvicinarsi quel giorno, per chiedermi con tenerezza, se avesse potuto accompagnarmi alla fermata dell'autobus che doveva riportarmi in paese. Sorpresa alquanto acconsentii e da quel giorno, finite le lezioni, soleva lasciare accanto alla scuola la sua moto-Guzzi rossa fiammante, faceva quel lungo tratto a piedi con me fino al piazzale degli autobus, poi a ritroso la stessa strada e cavalcando la sua moto in due minuti arrivava a casa. Era figlio di un capostazione e viveva accanto alla stazione ferroviaria. Lo trovavo puntualmente alla finestra a salutarmi ancora con la mano, perché io puntualmente, salita sull'autobus, sedevo dal lato giusto e dalla parte del finestrino per fargli ciao. Mi diceva che ero diversa dalle altre... sfido io... ero sicuramente la più sprovveduta. Sei mesi a tenersi per mano durante il tempo della ricreazione, un solo bacio sulla mia fronte, imbranatissimi entrambi come solo si può essere a diciassette anni

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   4 commenti     di: Chira


Mattino d' autunno

La città era già tutto un rumore, sul lungomare i venditori di carciofi arrostiti preparavano i banchetti. Nel porticciolo di Ognina alcuni pescatori scaricavano le cassette di pesce per poi venderle sulla spiaggetta. I grossi palazzoni incombevano con la loro architettura disordinata, solo le siepi di verde mi consolavano.
Rumori di clacson, motori impazziti, ronzii di motorini penetravano l'aria entrando dai finestrini dell' autobus. Che confusione, rispetto a Firenze al mattino dove trovavo pace nelle viuzze del centro!
La palazzina della scuola Andersen apparve nel suo stile neoclassico a rinfrancare i miei occhi.
Il giardino profumato mi accolse benevolo con i suoi colori autunnali. Nell'ingresso tolsi la giacca e salutai Serenella, la custode, firmai il registro delle presenze. Sulla lavagnetta si annunciava il compleanno di un allievo con i relativi auguri e disegno di una grande torta decorata di celeste. Tra un mese sarebbe stato anche il mio compleanno e l' avrei festeggiato per la prima volta in Sicilia.
Il direttore della scuola di danza, Mineo, mi telefonò a casa per dirmi che nel pomeriggio non dovevo fare lezione perchè si era allagata la sede per un guasto idraulico. Al mattino la segretaria aveva trovato acqua sul pavimento dei bagni ma per fortuna la sala era stata risparmiata e il parquet era salvo, comunque non potevo fare lezione.
Bene, anzi benissimo, se Giuseppe poteva liberarsi avremmo avuto il pomeriggio tutto per noi. Potevamo finalmente stare insieme e forse anche fare all' amore.
Mentre sedevo sul vecchio divano del soggiorno, Memela scese le scale, usciva dalla sua camera al piano superiore solo nelle ore dei pasti poi scompariva rinchiudendosi con la sua odiosa radio e l'instancabile macchina da cucire.
Era snervante anche la sua voce, petulante e indisponente, ti rivolgeva la parola solo per provocarti.
"Avete mangiato perchè io devo prepararmi il pranzo e voglio la cucina libera."
"Certo, puoi entrare ness

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L'Ultimo Atto

Toc. Toc. Toc. L'uomo osserva su una sedia alla luce dell'unica candela il lento scorrere del Tempo proiettato nella fragile clessidra sul tavolo, il solo mobile presente nella buia e tetra stanza. Con l'orecchio allenato riesce a sentire ogni singolo granello di sabbia precipitare ineluttabilmente in mezzo a quelli precedentemente caduti. Trascorre così tutte le sue giornate. Rimane immobile come una statica statua a guardare intensamente nel delicato vetro, senza pensare a nient'altro che all'inesorabile continuità dei momenti. Dopotutto, perché dovrebbe uscire fuori? Perché dovrebbe andare via da quella sedia e da quel tavolino che da sempre costituiscono il suo mondo? Non è forse questa la vita, un infinito sgocciolare di secondi, minuti ed ore? Cosa c'è là fuori che meriti la sua attenzione? Forse odio, dolore, rabbia, felicità, gioia. Amore. Amore. Amore... Ma l'amore, pensa cinico l'uomo, non esiste. Tutte illusioni. Tutte bugie, falsità, ipocrisie. Favole date in pasto agli esseri umani per distrarli dall'ineluttabilità della loro esistenza. Piccole e meschine recite. Atti di una commedia priva di senso. Il Tempo. Ecco cosa rimane di tutto. Il Tempo. Toc. Toc. Toc. Il Tempo. Non un mezzo, non una marginale questione relegata agli angoli dell'esistenza. No. Il fine ultimo. L'uomo sorride pensandosi intoccabile dalle mere passioni umane, credendosi superiore, potente, divino! È questa la chiave di un'esistenza serena, grida alla stanza vuota, sentendo gli eco della sua voce confermare con entusiasmo la propria teoria, è questo il segreto della pace! Si compiace di sé stesso;lui, possessore del tempo! Passano gli anni. Il Tempo scorre anche per l'uomo. E'ormai vecchio, curvo, le spalle ingobbite dall'età, le ossa doloranti per il perenne sporgersi in avanti. Le ruvide palpebre si chiudono insistenti su occhi che riflettono unicamente la sabbia che scorre sempre con lo stesso ritmo, come se fossero passati solo pochi secondi da quando il suo corpo

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   0 commenti     di: Maria Angelino



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Questa sezione contiene una serie di racconti brevi, di lunghezza limitata all'incirca ad una videata