Nel gusto sono compresenti e finalizzati tutti i sensi del nostro corpo poiché vediamo, udiamo, tastiamo, odoriamo, allo scopo di poter discernere ciò che ci piace da ciò che non ci piace.
A questa parola, nella nostra lingua, si possono dare significati diversi e lo percepiamo principalmente nelle papille gustative, dandoci la possibilità di gradire o non gradire cibi e bevande.
C'è un altro significato di questa parola ed è relativo a ciò che preferiamo e ci piace in modo del tutto soggettivo, per motivi in parte misteriosi che sono insiti in noi geneticamente; altri che sono costitutivi della personalità andata formandosi nella nostra storia e che provengono dagli usi ed i costumi dell'ambiente dove siamo nati, permeando il nostro modo d'agire e di guardare alle cose con l'occhio predisposto a scegliere con ciò che ci è stato inculcato da chi era responsabile della nostra formazione o che, in qualche modo, l'abbia influenzata..
Ovviamente il tutto si sintetizza nella specificità personale, che viene espressa in modo unico ed originale ed il gusto diviene uno degli aspetti preponderanti della nostra personalità poiché con esso effettuiamo la maggior parte delle nostre scelte di vita: dal modo di vestire all'arredo della casa; cosa scegliamo di mangiare, dove preferiamo andare in vacanza ed ovviamente anche il tipo di attività che ci piace svolgere.
Giocano il loro ruolo le opportunità e le occasioni ma il gusto determina ogni nostro orientamento.
Un cibo ci piace perché lo abbiamo sempre conosciuto, fin dai primi anni della vita ed il suo sapore è divenuto preferibile per noi proprio perché si è innestato nel nostro palato gradualmente, facendoci gradire il cibo a partire dal latte materno.
Lo stesso cibo o la stessa bevanda possono invece essere disgustosi per lo straniero che li assaggia per la prima volta.
Ho visto con i miei occhi un ragazzo inglese risputare nella tazza, il caffè espresso che gli era stato se
Ritengo doveroso soffermarmi a parlare di un periodo storico della nostra nazione, ancora avvolto nel mistero: l'Unità d'Italia.
La storia ufficiale ci presenta personaggi come: Garibaldi, Bixio e tutti i suoi mille audaci, come eroi della patria. Sicuramente in un'era sciatta, quale è la nostra, tutti gli uomini del passato lo sembrano!
Eppure ci sono verità legate a quei tempi, che volutamente si continuano a tacere.
L'Italia dopo cento cinquant'anni e più non è ancora unita; i fermenti leghisti dell'ultimo ventennio ne sono un esempio eclatante. Ma quel pensiero razzista nei confronti dei popoli del Sud è stato voluto e mantenuto proprio grazie alla negazione della verità storica sui fatti relativi al 1860.
Dobbiamo sempre avere ben in mente questo assunto: IL SUD ITALIA NON È STATO LIBERATO, È STATO CONQUISTATO - È DIVERSO, non trovate?
La sfiducia, la rassegnazione sorda al sopruso che si respira in quelle bellissime terre, di cui dovremmo andare fieri come italiani, ha radici lontane. Come tutti i popoli del Sud del mondo, anche i nostri meridionali sono sempre stati sottomessi e invano sperarono nel vento rivoluzionario, che agitava l'Italia e l'Europa tutta!
Soprusi, saccheggi, spietata dittatura, spoliazione di tutte le infrastrutture e chiusura delle scuole: questi sono solo alcuni degli effetti che l'Unità d'Italia ha portato al Sud.
Chi beneficiò dei patrimoni dello Stato Borbonico?
Il Nord, quello stesso che chiede la secessione. Sono le pingui casse della monarchia sabauda che il banco di Napoli, allora fiorente, fece rifiorire a danno dei popoli meridionali.
San Marino, per esempio, è lo stato che da sempre tutela e custodisce denaro. Vi siete mai chiesti perché mai non fu annesso all'Italia?
Allora come ora le questioni economiche hanno utilizzato le belle ideologie, per scrivere esaltanti pezzi di prosa o poesia o di retorica politica, che camuffassero i veri intenti del potere.
La Massoneria, i rapporti Stato - Mafia, i gr
Il termine Auto - Aiuto indica un insieme di strategie idonee a rafforzare le capacità di ogni individuo ad applicare le tattiche adatte per superare una problematica personale o familiare.
I gruppi di Auto - Aiuto sono formati da persone che si trovano assieme per superare disagi comuni attraverso il reciproco sostegno emotivo. Le persone che vi partecipano si impegnano per il loro cambiamento attivandosi in prima persona per affrontare le loro difficoltà; partecipando alla vita di questi gruppi si ha la possibilità di dare ascolto ai propri corpi, alle proprie menti, ai propri comportamenti e si possono aiutare gli altri a fare la stessa cosa.
La persona acquisisce una propria consapevolezza, stabilisce nuovi legami, comunica e si confronta con gli altri. La discussione del gruppo favorisce le relazioni dirette (faccia a faccia) e promuove l'assunzione di responsabilità da parte del singolo.
Le persone vivono nel gruppo un medesimo problema, condividono la loro storia e le loro esperienze attraverso la partecipazione e l'impegno personale. Il confronto tra le diverse situazioni, sono gli strumenti indispensabili per superare il problema comune. Ogni persona che partecipa al gruppo ascoltando e comunicando ne aiuta un'altra in difficoltà e, proprio per questo, ciascun membro aumenta il senso di autostima, di autoefficacia delle proprie capacità e potenzialità positive.
Quando mi capita di trovarmi a dover testimoniare del perché io credo nella pratica dell'auto-mutuo aiuto in quelle occasioni con tante facce che silenziose attendono qualcosa, semplicemente racconto alcuni episodi della mia vita che, come spesso accade, non è poi così semplice da affrontare.
La consapevolezza è l'elemento indispensabile per vivere serenamente la propria esistenza. È inutile negare i disagi perché esistono a prescindere, meglio farli propri e non potranno più coglierci di sorpresa.
Mi piace vederla un po' così, i malesseri, il disagio, i br
Quando mettiamo i comportamenti in relazione con delle regole per esaminare se un'azione è giusta o meno, oppure quando cerchiamo di tracciare un confine invalicabile entro il quale l'altro può esercitare la sua libertà, senza portare offesa al nostro io, vuol dire che stiamo applicando alla realtà la ragione dell'Etica. In sostanza l'etica è la Scienza del dovere che impiegata nel campo del lavoro ci spiega "come dovrebbero essere" i comportamenti del datore di lavoro, delle Organizzazioni Sindacali e del lavoratore che, in questo ultimo caso assume il nome di: deontologia professionale. Man, mano, l'Etica ha assunto sempre più una connotazione sociale e sempre meno filosofica.
I vari codici deontologici approvati e successivamente aggiornati lo comprovano. In Italia a ridosso delle privatizzazioni c'è stato un fiorire di codici deontologici per molteplici professioni, quali ad esempio per: gli avvocati 1997, gli infermieri 1999, gli psicologi 1997, i medici chirurghi e gli odontoiatri 1998 e gli ingegneri 2007 oltre ai codici etici entrati in vigore per i dipendenti della Croce Rossa 2010, Rai 2002, Poste Italiane 1999, Ministero dell'Economia e delle Finanze 2009, Pubbliche amministrazioni 2000, Commissione Nazionale per le Società e la Borsa(CONSOB) 2010 e Ferrovie dello Stato 2005. Possiamo dire che nell'arco temporale di una decina di anni c'è stata una massiccia invasione di eticità. Ma perché?
A causa della crisi economica, le aziende che producono beni e servizi per poter battere la concorrenza, hanno puntato sull'eticità sventolandola come una bandiera pur di guadagnare nuove quote di mercato. Le aziende hanno intuito che l'eticità si traduce operativamente parlando in una maggiore produttività a costo zero. Qualsiasi codice deontologico o etico salvaguardia l'attività del datore di lavoro, perché vincola il dipendente ad un legame di fedeltà con l'azienda. Il lavoratore sa che deve mantenere la segretezza delle informazioni acquisite,
È Compiuto.
Il verbo compiere compare 8 volte nel Vangelo di Giovanni
Giovanni lo usa ogni volta che Gesù compie un miracolo.
Ed anche alla sua Fine dice:
"E vedendo che ogni cosa era stata ormai compiuta disse "Ho sete"
Solo dopo affermò: È compiuto Tetèlestai (tetèleste) - Consummatum est.
Lui ha rivelato Dio; Tutto è stato fatto per mezzo di Lui; Dalla sua pienezza.
Ho letto che con la morte di Cristo qualcosa di migliore sta avvenendo per il credente, "il suo futuro è fissato, il suo passaporto è in ordine. La morte per il cristiano non è cosa da temere, perché la morte per il cristiano è solo spegnere la lampada poiché l'aurora è venuta" (Pastore di una chiesa Evangelica).
Quando Cristo disse: "è compiuto" significava: "che la sua vita sulla terra era finita, che il Suo lavoro sulla terra era compiuto e che il nostro lavoro in Lui era cominciato" (Scritti di un Patriarca ortodosso).
In altro Vangelo si legge: "egli gridò con gran voce" prima di spirare.
"Tetèlestai", ecco cosa hai gridato prima di morire.
È finito. È compiuto. Consummatum est.
Come l'infermo sospira la luce del giorno dopo una notte di sofferenza, così Gesù brama che venga tolto il peso del peccato e, non appena vede nuovamente brillare la luce del volto di suo Padre, egli innalza quel grido di vittoria, la cui eco, si farà udire in tutti i secoli.
Con quella parola, Gesù proclamò abolita la dispensazione dell'Antico Testamento. Con quella parola, Gesù proclama che tutte le esigenze della legge sono appieno soddisfatte, per quelli che accettano Gesù come loro giustizia. Con quella parola, Cristo dichiarò pure adempiute in lui medesimo tutte le profezie dell'Antico Testamento. Gesù proclamò adempiuta l'opera di redenzione.
In greco, la parola Tetèlestai è propria dell'artista che sta davanti a una delle sue creazioni e dice: Tetèlestai, è finita, non posso aggiungere nulla di più. È completo. È la parola di un cost
Scrivo queste notarelle un po'divertenti sul nostro Carlo Goldoni, grande commediografo veneziano del 1700, analitico e spietato ironico della borghesia mercantile e della aristocrazia taccagna e boriosa del suo tempo. Ancora molto rappresentato nei teatri di mezzo mondo, Goldoni esercitò l'avvocatura, e con un certo successo, sia in Venezia che in Pisa, dopo essersi laureato all'insigne università di Padova, università antagonista di Bologna, in fatto di studi giuridici. Goldoni abbandonò l'avvocatura per dedicarsi solo al teatro, con una commedia esilarante, " L'avvocato Veneziano" , con la quale egli diede l'addio alla toga. Ricordiamoci però ch'egli per tutta la vita si qualificò sempre come" avvocato veneziano". La commedia è assai curiosa perchè parla di un avvocato che si innamora della cliente avversaria, con tutto il traffico e i problemi deontologici che la faccenda poteva comportare anche in quei tempi. C'è una frase grandiosa, nel testo, che Goldoni fa dire al suo protgonista, con calcata serietà, ossia : "co l'avvocato xe in renga" - quando l'avvocato svolge l'arringa- "xe impiegà tutto l'omo", ossia tutto l'uomo è preso.
La toga, dunque, annulla e giustifica.
La commedia ha uno scopo didattico giuridico manifesto. All'epoca la scuola forense veneziana era tutta orale, anche per il diritto civile. E tanto era l'autorevolezza di questa scuola che gli avvocati del tempo potevano esercitare oralmente presso anche altre corti foreste, fuori del Veneto. Nel testo goldoniano l'avversario dell'avvocato veneziano è il dottor Balanzone, che rappresenta l'uso forense bolognese, ossia la difesa scritta, caricata e, visto il gusto dell'ironia goldoniana, messa in caricatura. Balanzone si dibatte in libelli scritti, trasudanti latino. Si confronta e scontra con l'avvocato veneziano che invece si prepara la difesa solo oralmente, per una causa di eredità da trattare davanti al tribunale di Bologna. Insomma una commedia assai gustosa e vivace, condita
C'è più di un personaggio, nel mito troiano, che porta il nome di Polidoro. Le fonti classiche e medievali ne fanno concordemente un figlio di Priamo, l'ultimo: ma non tutti lo dicono figlio di Ecuba, anche se in questo convengono Omero, Euripide e Virgilio. Ma è sulla morte di Polidoro che le fonti discordano: Omero lo fa uccidere da Achille il giorno stesso della sua prima battaglia, Euripide e Virgilio raccontano che egli era stato consegnato a Polinestore, suo cognato e re di Tracia, con molte ricchezze che ne determinarono la morte. Quando Enea profugo sbarca in Tracia, per fare un sacrificio agli dèi estirpa i ramoscelli d'un cespuglio e assiste a un orrendo prodigio: da quegli sterpi viene fuori la voce di Polidoro che racconta l'empio agguato. È l'episodio che Dante imiterà per Pier delle Vigne, nel XIII canto dell'Inferno. Non rievochiamo qui il racconto virgiliano, ma vi invitiamo a farlo direttamente, è il più noto perché è il più bello. Lo stesso vale per Euripide, che fa di Polidoro il protagonista (il primo attore in ordine d'apparizione) dell'Ecuba. Presentiamo invece a mo' di parafrasi il racconto di Omero, Iliade XX e quello delle fonti medievali, Benoît de Sainte-Maure e Guido delle Colonne, che sulla scorta di Ditti Cretese (di cui riportiamo il passo originale) dànno una terza versione della morte del fanciullo. Chi volesse disporre degli altri testi originali può richiederli via mail a fchiappinelli@libero. it;al solito, altri contributi e approfondimenti sono desumibili da http://www. culturaescuola. it/ e http://www. mediterranees. net/mythes/troie/troyennes/polydore2. html.
1. Omero, Iliade XX
Priamo non glielo aveva mai permesso: era troppo legato al più giovane dei suoi figli. Certo, Polidoro gli ripeteva sempre che non doveva temere per lui: era o no il più veloce di tutti nella corsa? Sarebbe riuscito comunque a fuggire in città se i Greci avessero preso il sopravvento. Alla fine il re si era fatto convincere, ma non
Questa sezione contiene un insieme di opere di saggistica