"Buona giornata" è una raccolta di trecentosessantacinque fra pensieri, riflessioni, insegnamenti ed esortazioni letta e riletta per anni da mia madre.
Le pagine della pubblicazione si sono addirittura scollate, ma nessun foglio è andato disperso. L'autore è San Pio, al secolo Padre Pio e sulla copertina c'è raffigurata la sua immagine, mentre con la mano alzata compie l'atto benedicente.
Ricordo quando mia madre leggeva tale libretto con aria pensierosa e commossa, conscia che il percorso cristiano è difficile ed impegnativo, ma lei non si è mai persa d'animo sperando nella sua buona volontà e nella Misericordia del Signore.
Una volta terminata la lettura, ricordo le lente movenze delle sue mani che con devozione chiudevano e riponevano il testo nel cassetto del suo comodino. Anch'io ho letto "Buona giornata" e qui di seguito riporto uno stralcio che maggiormente ha colpito la mia attenzione e che sicuramente non è quello che avrebbe scelto mia madre; lei da me tanto diversa eppure così simile. . .
"Chi ha tempo non aspetti il tempo. Non rimandiamo al domani ciò che possiamo fare oggi. Il tempo non è in nostro possesso.
Incominciamo oggi, o fratelli, a fare il bene, perché nulla fin qui abbiamo fatto. Di ogni minuto dovremo rendere conto, di ogni santa ispirazione, di ogni occasione che si è presentata di fare il bene.
Il premio è promesso dal divino Maestro non a colui che ha bene iniziato, ma a chi persevera fino alla fine. Ad esempio, Giuda iniziò bene, continuò bene, ma non perseverò sino alla fine, ed andò perduto.
Non ti curare delle burle degli insipienti. Sappi che i santi so sono sempre scherniti del mondo e dei mondani...
Dai soltanto a Dio la lode e non agli uomini, onora il Creatore e non la creatura.
Staccati dal mondo. Ascoltami, una persona si annega in alto mare, una si affoga in un bicchier d'acqua. Che differenza trovi fra loro; non muoiono entrambi?
Finché hai paura non peccherai. Anche se si soffre c'è il timor
I conflitti sono generati dal nostro modo di vedere il mondo. Per perdonare bisogna prima perdonarsi.
La comunicazione è messaggio, ascolto ma anche integrazione, comunione, empatia con l'altro. Il messaggio s'invia, viene percepito e ritorna. Il flusso comunicativo è un processo capace di tessere una tela di relazioni interpersonali. Le persone sono racchiuse all'interno di questa rete.
Spesso la comunicazione costituisce il fattore scatenante del conflitto per una molteplicità di meccanismi anche irrazionali o involontari. Altre volte ne costituisce una concausa in parte determinante.
Rientrano in questa tipologia i malintesi; le comunicazioni disturbate; il modo spigoloso e urticante di atteggiarsi; la difficoltà di discernere la causa dagli effetti, di ricostruire gli eventi.
Uno specifico peso hanno anche gli schemi di decodifica del messaggio.
Gli schemi o paradigmi mentali sono un'efficace modo di funzionamento del nostro cervello che si serve di blocchi di programmi precostituiti al fine di semplificare il processo del pensiero che è caotico e confuso. Costituiscono un fattore di economicità di gestione nelle situazioni più diverse, consentono di raggiungere con meno sforzo i nostri obiettivi.
Purtroppo questi schemi, essendo il prodotto del nostro vissuto, a volte ci fanno vedere lucciole per lanterne; proiettano il nostro pensiero altre ciò che appare: gli schemi mentali influenzano la percezione e il nostro giudizio. Ci creiamo castelli di carta, erigiamo muri, ci facciamo condizionare dalle apparenze.
L'altro non è oggettivamente "là fuori", ma viene costruito dentro di noi dai processi di percezione. Oggetti, parole, gesti possono assumere dimensioni e connotazioni di ampiezza diversa secondo il contesto di riferimento e i filtri con i quali guardiamo il mondo.
Un ulteriore risvolto negativo degli schemi mentali è l'auto limitazione, è come chiudersi in un recinto senza via di uscita. Riusciamo a vedere soltanto ciò che ci l
La centrale elettrica Montemartini a Roma, fa parte di quelle preziosità che bisogna scoprire perché fuori dal classico giro turistico.
Il film " Le fati ignoranti" inizia con una scena girata in una di queste sale affascinanti.
Un ambiente luminoso in cui sono tenuti in perfette condizioni macchinari e meccanismi d'inizio secolo, in contrappunto statuarie, opere musive ed oggettistica varia provenienti dalle viscere di una Roma che fu e venute alla luce nel tempo per farsi ammirare.
Non sento stridio fra il nero metallo ed il bianco del marmo; è come se non fossero passati millenni ché sempre lo stesso uomo ha modellato a suo piacimento, con genialità ed arte due materie così diverse.
In contrasto armonioso neri motori diesel, giganteschi stantuffi ed il marmo pario di Polimnia, il lunense di Giove, Antinoo, Eracle, Atena.
Perfino un bullone grande quanto un melograno mi è sembrato bellissimo.
Operai hanno lavorato qui con tanta forza nelle braccia ed intelligenza su pavimenti di mosaico.
Chicca per chi ama sorprese.
Il documento più antico che afferma l'esistenza di Gesù di Nazaret è la fonte Q che secondo gli studiosi sarebbe stato redatto una ventina di anni dopo la morte di Gesù. La fonte Q non elenca i fatti relativi alla vita di Gesù, quanto piuttosto l'insieme dei detti a carattere sapienziale proferiti dal maestro della Galilea. La figura di Gesù viene proposta come maestro di sapienza, profeta rifiutato, condannato a morte, e poi risorto.
L'85 per cento del suo contenuto è stato ripreso e inserito nel vangelo di Matteo e di Luca che vengono presentati nello stesso ordine di Q, per questo motivo la "Quelle" è nota anche come la fonte dei detti sinottici. Dopo gli anni sessanta vengono scritte le biografie di Gesù, nascono i vangeli canonici, di cui Marco risulta il precursore. Successivamente gli evangelisti Matteo e Luca completano e prolungano il testo di Marco, attingendo dalla fonte Q e aggiungendo del materiale proprio.
Grazie a tali interventi i vangeli di Matteo e Luca hanno una lunghezza quasi doppia rispetto al testo di Marco. L'ultimo vangelo in ordine di tempo è quello di Giovanni che si discosta dallo schema generale degli altri tre che vengono chiamati i vangeli sinottici, cioè paralleli, simili. Il nome di Gesù oltre che nella collezione Q e nei vangeli canonici, viene citato anche negli scritti apocrifi (cioè segreti e dalla Chiesa non considerati testi ispirati da Dio) come, il vangelo di Tommaso, il vangelo di Pietro e alcuni papiri. Scoperto nell'Alto Egitto nel 1945, il vangelo di Tommaso è scritto in egiziano antico (copto) contiene 114 sentenze attribuite a Gesù ed è stato datato all'anno 350.
La sua costruzione è simile alla collezione Q e secondo alcuni autori è considerato il quinto vangelo, in quanto la sua diffusione sarebbe avvenuta intorno all'anno 50. La maggior parte degli studiosi asserisce che il vangelo di Tommaso contiene alcune parole di Gesù che non sono state raccolte nei vangeli canonici, mentre la ma
È Compiuto.
Il verbo compiere compare 8 volte nel Vangelo di Giovanni
Giovanni lo usa ogni volta che Gesù compie un miracolo.
Ed anche alla sua Fine dice:
"E vedendo che ogni cosa era stata ormai compiuta disse "Ho sete"
Solo dopo affermò: È compiuto Tetèlestai (tetèleste) - Consummatum est.
Lui ha rivelato Dio; Tutto è stato fatto per mezzo di Lui; Dalla sua pienezza.
Ho letto che con la morte di Cristo qualcosa di migliore sta avvenendo per il credente, "il suo futuro è fissato, il suo passaporto è in ordine. La morte per il cristiano non è cosa da temere, perché la morte per il cristiano è solo spegnere la lampada poiché l'aurora è venuta" (Pastore di una chiesa Evangelica).
Quando Cristo disse: "è compiuto" significava: "che la sua vita sulla terra era finita, che il Suo lavoro sulla terra era compiuto e che il nostro lavoro in Lui era cominciato" (Scritti di un Patriarca ortodosso).
In altro Vangelo si legge: "egli gridò con gran voce" prima di spirare.
"Tetèlestai", ecco cosa hai gridato prima di morire.
È finito. È compiuto. Consummatum est.
Come l'infermo sospira la luce del giorno dopo una notte di sofferenza, così Gesù brama che venga tolto il peso del peccato e, non appena vede nuovamente brillare la luce del volto di suo Padre, egli innalza quel grido di vittoria, la cui eco, si farà udire in tutti i secoli.
Con quella parola, Gesù proclamò abolita la dispensazione dell'Antico Testamento. Con quella parola, Gesù proclama che tutte le esigenze della legge sono appieno soddisfatte, per quelli che accettano Gesù come loro giustizia. Con quella parola, Cristo dichiarò pure adempiute in lui medesimo tutte le profezie dell'Antico Testamento. Gesù proclamò adempiuta l'opera di redenzione.
In greco, la parola Tetèlestai è propria dell'artista che sta davanti a una delle sue creazioni e dice: Tetèlestai, è finita, non posso aggiungere nulla di più. È completo. È la parola di un cost
Il determinismo teologico sostiene che la volontà umana è circoscritta al volere divino e che quindi la libertà è sotto il controllo e la custodia di Dio. Spesso si associa il determinismo teologico con la prescienza divina, cioè la capacità infallibile di Dio di conoscere con largo anticipo le vicende e le scelte umane.
Il dono della prescienza non cambia la natura dei nostri atti, non riduce il libero arbitrio, né rende obbligati i nostri comportamenti. In sostanza Dio non determina i nostri liberi atti, ma più semplicemente li prevede. Un esempio: il tradimento di Giuda si concretizza non perché viene profetizzato da Gesù nell'ultima cena, ma per via che l'Apostolo lo aveva già deciso.
Gesù stesso pur avendo la prescienza della sua morte, non interviene per modificare la successione degli eventi. Egli farà la morte più umiliante, quella riservata ai reietti. E qui ci viene in aiuto il pensiero di Sant'Agostino: "Dio ha la prescienza di tutte le cose di cui è autore, ma non è autore di tutte le cose di cui ha la prescienza".
Forse possiamo parlare di determinismo teologico quando ci riferiamo all'irrevocabilità della volontà divina ed all'immutabilità delle sue leggi. In Dio non esiste il principio di contraddizione e tutto ciò che compie risponde ad un'armonia assoluta.
L'uomo investito dalla grazia divina, diventa l'Eletto colui che liberamente e umilmente aderisce al progetto divino. Così egli guadagnerà la salvezza! D'altra parte il dono dell'elezione viene accordato sul fondamento della prescienza divina che con infallibilità prevede che il predestinato agirà secondo giustizia e rettitudine. E dal Padre riceverà il giusto soccorso.
Nei Testi sacri ogni Personaggio che si avvicenda nel vecchio Testamento come nel nuovo sono Eletti dalla Grazia e dalla Misericordia: dai Patriarchi ai Discepoli; dai Profeti ai Martiri ed ai Santi, di cui il Cristo e Sua madre sono gli emblemi più mirabili e perfetti.
In Efesini 1: 4-5 le
"Esalavo invece dalla paludosa concupiscenza della carne e dalle polle della pubertà un vapore, che obnubilava e offuscava il mio cuore. Non distinguevo più l'azzurro dell'affetto dalla foschia della libidine. L'uno e l'altra ribollivano confusamente nel mio intimo e la fragile età era trascinata fra i dirupi delle passioni, sprofondata nel gorgo dei vizi".
Il narrante di questo stralcio autobiografico potrebbe essere un gaudente pentito, che raggiunta la sazietà dell'appetito sessuale svela al pubblico le sue perversioni. Potrebbe anche essere un uomo che carico di stagioni e di passioni racconta di sé e del suo istinto. Ed invece non è né l'uno, né l'altro, bensì S. Agostino d'Ippona che all'età di 43 anni ricorda la sua adolescenza nelle sue Confessioni.
Il libro parla della conversione del retore e riesamina con un tono duro i ricordi legati alla sua giovinezza, quando allora sedicenne lascia la famiglia a Tagaste e raggiunge Cartagine per completare gli studi. Ben presto si rivela un ragazzo sveglio ed intelligente con l'interesse per il teatro, specie per le storie di passione e di sentimento.
Ben curato e colmo di sé, il giovane ha il fascino a sufficienza per sedurre anche le donne sposate, ma la sua precocità lo porta alla paternità ad appena 18 anni; una condizione non voluta alla quale si adegua con amorevolezza dopo la nascita del figlio Adeodato. La donna di Agostino è una serva del popolo e la loro unione rimane salda.
All'epoca di Agostino (354 - 430) le ancelle (cioè le schiave) non potevano possedere nemmeno una famiglia propria ed anche di fronte al consenso del padrone il matrimonio veniva considerato come un semplice concubinato, mentre i figli nati erano di proprietà del padrone.
Fatta tale precisazione possiamo comprendere perché dopo una lunga convivenza, al momento in cui Agostino licenzia la propria ancella e quest'ultima gli affida il figlio, lei non avanza alcuna pretesa. Un Agostino addolorato racconta che l
Questa sezione contiene un insieme di opere di saggistica