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Racconti di ironia e satira

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Aloisius

Ho incontrato, o meglio, ho percepito la presenza di Aloisius, una mattina piovosa
di un anno insulso, simile a tanti altri. La pioggia, appunto, mi aveva spinto a rifugiarmi in quella chiesa, e lì, seduto in un cantuccio poco in vista ne ho approfittato per guardare l’architettura del monumento, le sue vetrate, i suoi arredi, ma soprattutto, l’imponenza delle colonne portanti, costruite con pazienza e perizia, pietra su pietra, ognuna scolpita ad hoc, tale da essere, perfettamente, tetto della precedente e solida base della superiore.

E ad un certo punto ho avuto l’impressione che qualcuno mi parlasse, sono certo di aver visto una figura rannicchiata alla base della colonna di destra, solo che a meglio osservare, mi sono reso conto che in realtà questa presenza non era affianco alla colonna bensì all’interno della stessa. Mi sento dire: ”Mi vedi? Mi senti?” “Si risposi, e l’altro” so chi sei, o meglio so quale è il tuo pensiero, so che sei come me, altrimenti non potremo comunicare, io sono Aloisius” “Anche io mi chiamo Luigi”
ma spiegami chi sei e perché io sarei come te.” “Sono un costruttore di Cattedrali, o se preferisci, uno scalpellino, quasi 600 anni da oggi, insieme ad altre decine di carpentieri, muratori e maestri della pietra, ero qui a lavorare alla edificazione di quest’opera commissionata da una famiglia devota suddita della chiesa romana.

Il lavoro era duro, ma emozionante, con le mie mani ho prima forgiato gli attrezzi per poter poi squadrare e formare le pietre, in modo tale che l’incastro seguisse esattamente il disegno del progetto.

E giorno dopo giorno, ho visto crescere queste mura. Il problema era che io non ero ben visto dai compagni e soprattutto dai monaci appaltatori, il perché lo puoi intuire,
io non ho mai creduto a tutte le infami menzogne della chiesa, io sono un uomo libero
dalle pastoie della religione, qualunque essa sia.

Ma il mio difetto era ed è di non saper tenere

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   13 commenti     di: luigi deluca


Il Tormento della freccia

Questa può sembrare apparentemente una delle infinite trite storie western. Ma è invece qualcosa di più e qualcosa di meno.
È una storia difficile da classificare e, semmai la si volesse ricavando l'indice dalla sua capacità di suscitare un qualsivoglia interesse nel Lettore, di certo non potrebbe esser valutata molto al di sopra del livello più basso.
Insomma sapremo meglio nel leggerla: sempre che nelle stentate speranze di chi scrive ci sia qualcuno che osi farla quest'azione del leggere, un adempimento talvolta così pregno d'incognite per il benessere mentale del Lettore!
Il titolo "Il tormento della freccia" sembrerebbe facilmente comprensibile sul cosa voglia presupporre data l'ambientazione tipica d'un western americano, ed invece per il nostro sfortunato uomo quella volta la trama in cui fu coinvolto non si sviluppò secondo l'immaginativo comune che il titolo lasciava intuire: egli si era preso una frecciata mentre stava cavalcando al di là dell'asperità, rocciosa e rosseggiante, che quasi faceva da spalliera, col suo ergersi sul retro, al suo tugurio dove sopravviveva come ex-caporale della cavalleria sudista. In questa lui aveva combattuto inquadrato in un reggimento operante prevalentemente in uno scacchiere dell'area dove agiva l'Armata dell'Ovest, la quale poi negl'ultimi giorni del conflitto tra il Nord e il Sud, mosse ritirandosi verso Est, cioè là, in quelle terre da sempre sostenitrici del Presidente della Confederazione e Capo dell'Esercito Sudista, il Generale Lee.
Il tutto successe durante un pomeriggio non tardo e la freccia gli fu scoccata da un Arapaho (nota etnia di nativi della zona, caratteristicamente sempre molto facilmente eccitabili) che lo colpì nel posteriore della coscia, fortunatamente quella di sinistra essendo lui abitualmente un "coscia destra" [?]. Comunque il pover'uomo pur ferito era riuscito a mandare a quel paese l'Arapaho, cioè l'aveva spedito con una revolverata a caval

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   0 commenti     di: pio di monaco


La filosofia di Paolino!

 Il mondo è fatto di bastardi! Bastarda è la glassa, bastardo il ripieno!
 Se vuoi qualcosa, non ti verrà mai regalata! Te la devi prendere!
Il destino, il karma è tutte le leggende simili non esistono, la vita la manipoliamo noi facendo una scelta sbagliata dopo l'altra! prendiamocela con noi stessi anzichè con potenze superiori!
 Se eliminassero la pornografia dalla rete rimmarrebbe un solo sito: ridateciporno. it.
Quando una ragazzina di 14 anni parla della tristezza della vita perché un ragazzoche le piace non la guarda, ho il diritto di torturarla!
Odio le persone che vomitano gioia di vivere!
Perché le ragazze con un grosso seno si mettono top stretti e scollati per poi passare le giornate a risistemarli saltellando dicendo: " uffaaaaa e tieniti suuu"
No! Non sono ne pazzo ne esaurito... Ero solo un sognatore, disilluso alla grande.

   5 commenti     di: Daryl


Il cane

Eh si, è proprio vero, il più grande amico dell'uomo è il cane. Sempre fedele, sempre pronto a difenderlo, sempre agli ordini. Dai, ammettilo, di che ti piace vedermi scodinzolare quando mi chiami, o quando stiamo per uscire, o ancora quando mi accarezzi. Anche quando sto accucciato vicino a te. Vuoi comandare e farti ubbidire. Sempre! Anche quando mi rimproveri, chino il capo, ti guardo timidetto e ti resto vicina. Anche quando non ho fatto nulla e sei tu ad essere lunatica. E poi mi tratti come fratello, figlio, amante (ti piace farti leccare dalla mia lingua lunga umida e liscia). E sopporto pazientemente tutte le tue attenzioni. E i tuoi eccessi di attenzioni. Mi mostri alle tue amiche, parli dei miei pregi e soprattutto delle mie imperfezioni. Sono un po' sovrappeso e mi hai messo a dieta. Quando mi hai preso ero magrolino e mi hai portato dal dottore per una cura ricostituente. Le tue amiche mi sorridono, scodinzolo, fo' gli occhi languidi, cerco di rubare una carezza e tu pronta a tirarmi via. Non vuoi che mi avvicini a loro, nonostante tutto sei gelosa. Mi dici: seduto, in piedi, andiamo, e io sempre pronto a scattare. Guardo le tue amiche, scodinzolo e trotto dietro a te. Se c'è un cane grosso, mi tieni lontano e con una mano gli gratti la testa in segno di amicizia. A lui. Se c'è uno più piccolo, mi tieni lontano, lo prendi in braccio e lo stringi al tuo seno. A lui. Ma io sono sempre fedele. E poi mi chiami con tutti quei nomignoli. E io ti corro sempre in contro.

Solo che io non sono un cane. Prenditene uno, se vuoi trattarlo in questo modo. E la mattina smetti di fare colazione con latte acido e caffè di cicoria! Per non parlare dello yogurt magro, pieno di fermenti lattici vivi, delle 10, delle 13, del pomeriggio e della zucchina lessa della sera.



Ridere sul morire

Fin da piccolo Eugenio apprezzava il candore del marmo, la sua durezza, la sua maestosità, si capiva che nella sua vita avrebbe avuto un enorme significato. Anche i genitori erano felici della sua passione, e cercarono di istradarlo alla scultura; ma non era proprio lo scalpello lo strumento preferito dal giovane: la sua passione era un po' più originale, riguardava le tombe.
Anche a scuola passava le ore di disegno immortalando (è proprio il caso di dirlo) cappelle cimiteriali, disegnava le bare in diverse angolazioni, e i fiori da lui preferiti erano i crisantemi.
Anche quando giocava con le automobiline chiedeva sempre ai genitori di comprare i carri funebri e spesso si immaginava i cortei di auto che si avvicinavano ai cimiteri, e passava spesso i pomeriggi dopo i compiti presso un suo amichetto, figlio di becchini, che volentieri raccontavano le loro esperienze e i loro aneddoti.
Quando andava in montagna dai nonni, durante le passeggiate nei boschi, tastava sempre le cortecce degli alberi pensando "ottimo, questo sarebbe resistentissimo per le bare!".
Col passare degli anni Eugenio decide che dedicarsi alle bare ed ai funerali sarà il suo passatempo per la vita.
Ecco che da lì una serie di avventure costelleranno la sua gioventù: come quella volta che alla sua festa di compleanno chiese che sulla torta fossero messi i ceri mortuari al posto della candeline, cosa che procurò infarti al nonno; oppure organizzò una festa a tema in un pub e intrattenne per ore e ore gli invitati parlando loro di bare e funerali.
Spesse volte, in occasioni di eventi luttuosi e funerali di stato, Eugenio non rispondeva alle chiamate, e si chiudeva in casa staccando tutti i mezzi di comunicazione: solo laconicamente mandava messaggini ai suoi amici dicendo che non voleva perdersi neanche un minuto di quelle trasmissioni.
Una volta organizzò anche i campionati cittadini dei becchini: durante una gara di atletica, esattamente la staffetta della bara, morì un becchino d

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   2 commenti     di: loris


Quando la giustizia funzionava

In nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d'Italia il Pretore del mandamento di Montepiano nell'udienza del 20 aprile 1932 ha pronunciato la seguente sentenza nella causa di azione privata

C o n t r o

1) CASTELLI ANTONIO fu Giovanni di anni 40
2) CASTELLI SEBASTIANO fu Giovanni di anni 42
3) MORETTI GIUSEPPE fu Francesco di anni 68
4) RIENZI MATILDE fu Antonio di anni 65
Tutti di Montepiano

i m p u t a t i


Il 1° uccisione di un gallo senza necessità - lesioni senza conseguenze (schiaffo) - ingiurie verbali - in pregiudizio di RIENZI Matilde.
Il 1° anche di lesioni personali volontarie prodotte con colpo di sasso e guarite nel decimo giorno in danno di MORETTI Giuseppe.
Il 2° di complicità nel reato di lesioni commesso dal primo
Il 3° di lesioni senza conseguenze (pugni) in danno del secondo
La 4^ di complicità nel reato di lesioni commesso dal terzo.
In Montepiano il 15 gennaio 1932

In esito all'odierno dibattimento - sentite le conclusioni di parti civili - inteso il P. M. nella sua requisitoria - Osserva in Fatto e Diritto -

Addì 4 marzo 1932 CASTELLI Sebastiano, esponendo che mentre si trovava nella sua casa, avendo udito delle grida ed essendo accorso per sedare la questione vide il MORETTI con la moglie RIENZI Matilde che si azzuffavano col fratello di esso CASTELLI a nome Antonio; che alla sua vista il MORETTI si scagliò contro colpendolo con pugni e lacerandogli una giacca, aiutato in ciò dalla moglie RIENZI Matilde.

Tutto ciò narrato. Sporto querela a carico dei coniugi MORETTI i quali furono rinviati al giudizio di questo Pretore per rispondere dei reati loro ascritti in epigrafe.

Addì 1 marzo i coniugi MORETTI, esponendo che CASTELLI Antonio senza alcuna necessità gli aveva ucciso un gallo e che chiestogli conto del perché dell

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   6 commenti     di: Michele Rotunno


Trucco vecchio e bacucco è un Barbatrucco

Se alle persone mostri il tuo cuore senza veli, con le sue zone d’ombra e i suoi giardini di luce, avrai messo il dito su un tasto importante accendendo la loro comprensione, e spegnendo automaticamente due tasti negativi come la competizione e la diffidenza.

Quando mise piede nello studio per me era una cliente come tante, ma non appena nel parlare prese a muovere le mani, gesticolando come spesso facciamo noi napoletani, per rendere maggiore forza alle parole, le notai…

Erano le unghie più belle e curate che avessi mai visto, senza un imperfezione, laccate con uno smalto trasparante. Mi incantai a guardarle mentre la signora tentava di spiegarmi la sua problematica:

Ha detto un testamento?

Dissi risvegliandomi da quell’attimo di torpore indotto dalle sue meravigliose mani, riallacciandomi alla sua ultima parola.
Trucco vecchio come il mondo questo, che mi aveva salvata tante volte da grandi figuracce.
Trucco vecchio e bacucco è un barbatrucco, ripeteva la mia mente ridendo, mentre il volto tentava di mantenere il contegno che da sempre mi contraddistingue.

Non resistetti oltre, dopo aver aperto una cartellina a suo nome ed averle rapidamente spiegato la normativa, i rischi ed infine la mia visione della cosa, dissi:

Lo sa che ha delle bellissime unghie?

Grazie!!! Disse lei con un ampio sorriso, che mise in evidenza una dentatura non proprio perfetta, penalizzata ancor più da un rossetto non trasfert, che le colorava i denti.

Diamoci del tu, che dici?

Disse la signora.

Certo non è un problema, a me fa piacere!

Risposi.

Ascoltami, sono unghie finte, non costano troppo, ti posso dare il telefono del centro estetico dove me le hanno applicate, durano all’incirca due mesi e fai la tua figura.

Effettivamente facevano la loro figura, era davvero belle. Le unghie lunghe mi piacevano, ma per il lavoro che facevo e per il mio hobby che era quello di scrivere, rimanevano un po’ difficili da portare. Quell’incontro

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   9 commenti     di: Cleonice Parisi



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