Che guaio! Alla zia mia: una suora di clausura, le hanno rubato la grata della sua stanza.
Per fortuna i carabinieri hanno preso i ladri. Stavano giocando a grata e vinci
E vorrei rimanere sola ad ascoltare il silenzio. Vorrei ascoltare il suono di tutto ciò che ha da dirmi. Voglio sentire la sua voce che mi entra nelle orecchie, che mi canta ciò che succede nel mondo, che mi porta il profumo di tutta quella gente che non conosco.
E vorrei rimanere da sola, perché il mondo mi circonda e mi soffoca.
E vorrei rimanere in silenzio, perché tutta questa gente fa troppo rumore e non mi fa ascoltare il vento.
E vorrei rimanere in mezzo alla gente, perché ho paura del silenzio. Nel silenzio si ascoltano i propri pensieri, e le mie paura adesso sono troppo grandi, troppo forti, troppo precoci per essere udite. Le mie paura hanno anche paura di esistere, si spaventano della loro ombra, inorridendo di fronte al loro riflesso.
Se la solitudine poi non mi lasciasse da sola forse ascolterei il vento. Ma sapere di non poterlo raccontare a nessuno è un’idea che mi rende pazza. Pazza perché non riesco a concepirla, ad accettarla, perché ho bisogno di un qualcosa, di un qualcuno che non conosco e che tuttavia so che mi appartiene.
Se il mondo mi facesse compagnia forse eviterei di ascoltare il vento per poi sentirmi più sola di prima.
Sono un’ombra solitaria e anarchica.
Sono un’ombra.
Un’ombra solitaria e anarchica che per poter vivere aspetta il funerale del sole.
Klaus, il capo, richiamo' tutti i sui migliori uomini per una breve riunione, Hastig e Frienber arrivarono in ritardo come al solito, Klaus s'incazzo' come una scimmia e divoro' un casco di banane in cinque minuti, io pensai tutta manna che cola, magnesio e potassio, cosi' non gli verranno i grampi.
Comunque la riunione ebbe avvio.
Solite scaramucce tra Ghiost e Savoiard, quest'ultimo di origine francese sta sul cazzo all'intero gruppo, e sembrerebbe che e' sua responsabilita' la perdita dell'ultimo carico di banane, ben organizzato da Klaus e i suoi amici colombiani.
Il carico era ben mimetizzato tra la cocaina che una nota ditta di bibite ogni quindici giorni importa direttamente dal Putomayo.
La guardia costiera di Marsiglia aveva avuto l'imbeccata da Champagne una prostituta che lavora al porto, e a sua volta ella ebbe la notizia del carico dal nonno di Savoiard, ecco il cerchio si e' chiuso, e la Bundespolizai di Georgfurt sequestro' l'intero carico di banane prima che la cocaina venisse consegnata alla Soka-Sola la ditta di bibite.
Klaus decise di evirare quel puttaniere del nonno di Savoiard, e fummo tutti daccordo.
A Hittingeigh, una piccolissima cittadina in Virginia succedono cose strane.
Non sono io che lo dico ma direttamente lo sceriffo della contea di Hitti Hatto il sergente Gatto, dalle inconfondibili origini italiane. Occhi azzurri capelli biondissimi e mascella quadrata, alto una cifra, il padre altoatesino per cui niente da accepire.
Ma veniamo ai fatti; circa una quindicina di giorni fa arrivo' in paese con un calesse a quattro cavalli a iniezione diretta, una bellissima bionda pure lei, ma non di padre altoatesino ma comunque una topa non indifferente che getto' nello scompiglio l'intera comunita'.
La farmacia del luogo del Dott. Kilter, di origine tedesche ma di mamma pakistana, ebbe un incremento di vendite di profilattici intorno al 320% in piu', questo dato non sfuggi' all'attento operatore di borsa, il Sig Kan Ku Lee di origine cinese, ma ben integrato nella comunita' della contea Hitto Hatto, che opera direttamente in borsa tramite il treid on lain, una complessa tecnologia digitale di cui nessuno, tranne il cinese sapeva capire.
La bionda come venne chiamata si stabili' in una vecchia fattoria, dal nome un po' buffo, Ia Iao.
Alla fattoria succedavano cose strane, gli abitanti della cittadina notoriamente tristi e annoiati, uscivono felici e contenti senza distinzioni di sesso.
Lo sceriffo ando' alla fattoria e chiese i documenti alla gentile signorina e annoto' il nome e cognome nella sua agenda;
Artur Goeff nato a Bolzano, e scopri' che erano paesani. Che piccolo il mondo penso' lo sceriffo.
Primo piano su mia sorella. Incominciamo da mia sorella, allora.
Alice è un po' di tempo che fa tardi la sera. Ha 20 anni, d'accordo, è una donna. Però capita spesso che lei torni a casa mentre papà si sta svegliando. Poi alla fine non è troppo difficile far casino, sa, abitiamo in un appartamento non troppo grosso, e con le pareti sottili. Se uno pesta I piedi troppo forte nella scala, lo sente tutto il palazzo. Però Alice non ci fa mai troppo caso. Infatti la sento spesso al piano di sotto fermarsi con Walter, un suo amico, a parlare. Magari son già le quattro, si rende conto che fuori di testa? Poi dopo un'ora, sento che incominciano a fare l'amore.
Per fortuna su quel piano ci sono solo la signora Morelli, che ci sente solo quando vuole come tutti i vecchi, e suo marito che ci sente bene ed è pure insonne. Però non può più parlare. Ha la distrofia. Se le pensa bene mia sorella. Ah poi c'è anche il Vaghi, ma quello lavora di notte.
Poi sale in casa. In effetti qualche volta mio padre la intravedeva entrare, mentre era sdraiato a letto la vedeva attraverso la porta socchiusa. Allora sussurrava ' Ma che ore sono? ', ma lei non rispondeva. Non risponde mai. Mia sorella si può dire parli, ma non che risponda. Si barrica in bagno. Penso si lavi, lo spero. Non mi piace quel Walter. È bravo, ma è un piastrellista.
Prima ancora un idraulico. È stato pluriripetente senza redenzione, poi ha abbandonato la scuola. Odio quelli così. Cosa possono dare ad una persona? Poi sono mie opinioni, eh. Poi si mette a letto e dorme fino alle due o due e mezza del pomeriggio.
Mia sorella fuma le sigarette. I miei lo sanno. Hanno fatto tantissime storie perché non volevano fumasse. Lei però ha la testa dura e poi, come già detto, non risponde mai a niente e a nessuno, tantomeno ai rimproveri. Quindi si è arrivati ad un tacito accordo, con il tempo. Lei non fuma davanti a loro, non fa trovare i pacchetti in giro per casa, cerca di non impuzzarci di fumo. Pe
Asdrubale l'aveva detto,
c'è un'infinità di non-sensi,
di gusti,
l'aveva sentito anche dire in un film
che il vero artista non considera brutto o bello niente di per sé
ma che mischiando armonia e contrasto tutto acquisisce una propria bellezza.
Ci sono infinite combinazioni di lettere, di note,
di colori,
ognuno può dare il proprio volto al ritratto
e a sua volta il caso aggiunge vita all'opera,
Asdrubale lo pensa
Il suo stesso nome è nato per caso, a nessuno in famiglia piaceva
ma l'accostamento di lettere terminato in quel nome proprio, proprio poco comune,
andava rispettato così per come era venuto
come dettato da ispirazione superiore
Asdrubale mi ha detto:
-siamo il sacrificio umano per
l'incarnazione dell'arte.
Non abbiamo volontà se non quella del dna
non abbiamo scelta se non il destino
non abbiamo un nome né un volto-
Forse non vorrebbe avere nome né volto perché sono entrambi molto brutti.
Eravamo io, mio padre, mia madre e la mia sorllina. Un ottimo pomeriggio per passeggiare in quel bosco primaverile: il sole filtrava attraverso i rami degli abeti e colpiva il terreno creando dei magnifici motivi con l'erba.
Mio padre camminava sempre in testa al gruppo quando si andava nel bosco, lo faceva perché durante l'autunno sarebbe stato il primo ad avvistare qualche fungo, e così procedeva disegnando grandi semicerchi attorno al sentiero. Ovviamente a primavera era quasi impossibile trovare qualche fungo, ma lui comunque si trascinava quest'abitudine per tutto l'anno.
A un tratto, mentre giocavamo con dei ramoscelli, vidi che una Rolls Royce anni '50 stava venendo verso di noi, e a quel punto mi accorsi che il nostro sentiero non era più un sentiero, ma una strada di campagna piena di dossi e buche. Io, mia sorella e mia madre ci facemmo da parte sul lato sinistro della strada, mentre mio padre ancora non accennava a spostarsi. Temendo dunque per lui presi il mio joypad dalla tasca della giacca e tenendo premuto i due tasti "quadrato" e "x" lo condussi rapidamente dietro ad un albero, dopodiché lo feci accovacciare.
La Rolls in ogni caso si fermò alla nostra altezza e i due gangster vestiti di nero ci guardarono.
Senza dire una parola scesero dall'automobile e il tizio che sedeva al posto del passeggero ci si parò subito davanti, pronto a impedirci la fuga in qualsiasi momento. Il secondo gangster invece scese più lentamente e si rimboccò la camicia nei pantaloni, poi, camminando attorno alla macchina si mise proprio di fronte a me. Sembrava che volesse dire qualcosa ma non ne ebbe il tempo perché mio padre da dietro le sue spalle gli tagliò di netto la testa con un lungo coltello di ossidiana.
Allora afferrai il suo falcetto e tutti noi iniziammo a correre seguendo la strada, così subito dopo ci trovammo in un grande prato.
L'attacco a sorpresa del vecchio aveva paralizzato l'altro omino in nero, il quale sembrava il meno sveglio, e quest
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