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Racconti surreale

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La realtà onirica di un etilista

Quella sera l'orologio era più lontano del solito dal negozio di ferramenta e il giardiniere assunto pochi giorni prima non sarebbe certo riuscito a scorgere l'ombra del campanile senza che suo zio se ne accorgesse. Come ogni giorno, infatti, le ore diurne aumentavano anziché diminuire e questo non era di alcun aiuto a chi aveva quel tipo di necessità, presto anche la fontana al centro della pizza avrebbe rispecchiato ciò che tutti si aspettavano e che allo stesso tempo temevano. Stava finendo di riporre disordinatamente gli attrezzi all'interno dell'ampia radura sul retro della vecchia stazione quando vide il parroco avvicinarsi con passo impetuoso scivolando sulla coltre di sabbia. Ebbe un sussulto quando anche il resto degli spettatori accorsi per l'evento si voltarono ad osservarlo e fu in quel momento che riuscì a scorgere qualcosa di strano, qualcosa che lo turbò profondamente. Le particelle di pulviscolo che rimanevano in sospensione stavano infatti per ricoprire quasi completamente sia la lattuga che le lussureggianti erbe spontanee che penzolavano dalla cornice. Ed invece, come se nulla fosse accaduto, il vento smise improvvisamente di soffiare, e un piccolo stormo di cardellini andò a posarsi delicatamente proprio lì, sul bordo di mattoni, non riuscendo ad evitarne il crollo.
Quasi tutti rimasero completamente indifferenti al cumulo di macerie che adesso occupava nella sua interezza il greto del fiume, ciò che stava accadendo nei pressi della panchina su cui sedeva il parroco non lasciava adito a dubbi. Eppure, anche se la catasta di legna sotto il balcone appariva perfettamente ordinata, il selciato sembrava la raffigurazione di un arabesco che volesse indicare una via, un percorso da seguire. Decise comunque di continuare a cercare di determinare quale nuvola all'orizzonte fosse più grande, anche perché era ovvio che capire in anticipo le intenzioni di chi aveva accanto fosse troppo rischioso.
Poi, quando anche l'ultima falce di sole andò

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   0 commenti     di: bruno


il divorzio

Un uomo che aveva stabilito di essere stato deluso dalla vita un giorno si recò da essa deciso a farsi valere, di protestare insomma contro quella che egli considerava una vera e propria truffa.
:-Non mi hai mai dato niente di tutto ciò che volevo-esordì aggredendola:-e nemmeno niente di quello che non volevo, se è per questo-aggiunse sarcastico:-è stato tutto uno sbaglio...
un enorme, stupidissimo sbaglio e ora io non ci sto più.
Voglio che le nostre strade si separino... non desidero più andare avanti;del resto non l' ho mai chiesto-
:-perchè? ... secondo te io avrei chiesto di accompagnarmi a te?è stato il caso, soltanto il caso- replicò filosoficamente la vita.
Era una bella donna dal fascino complesso che sorrideva solo a tratti, persa in una sorta di soffusa, dolorosa malinconia che pur aveva in sè qualcosa di estremamente magnetico, irresistibile che era impossibile non notare.
:-Sarà pur vero che io non ti ho mai dato nulla, Giancarlo- ammise conciliante:-ma c'è anche da dire che tu a corteggiarmi non hai mai neppure pensato-.
:-Questo non è vero!-si oppose vivamente Giancarlo:-io avrei voluto farlo... te lo giuro, ho anche pensato di scriverti una lettera d' amore ma... ero confuso!! non sapevo se ne valesse veramente la pena!-confessò turbato.
:-In tal caso-rispose la vita accigliandosi lievemente:-non hai che lamentarti di te stesso, perchè vedi, io sono una donna un po' difficile:riesco a darmi solo a chi mi apprezza-

   4 commenti     di: carmela arpino


Zoo

In questo mondo non ci sono zoo. La maggior parte degli animali gira tranquillamente per i villaggi. Sì, non ci sono città in questo mondo, ma soltanto villaggi. Gli animali girano per le strade, nessuno fa molto caso a loro. Mi ricordo di quando arrivai qui. Prima vivevo sulla Terra. La religione, lo smog, la droga. Ero talmente depresso che passavo le mie giornate chiuso in casa. Non avevo una ragazza da un anno ormai. E avevo venti anni.
Ero arrivato quasi al suicidio. Mi svegliavo la mattina e odiavo ogni cosa che vedevo, a partire dalla mia casa. Tutto mi sembrava sempre uguale. La colazione, l'università, gli amici. Giudicavo ciò che mi circondava. Era tutto brutto, e grigio. Mi sentivo giudicato da ciò che mi circondava. Ero brutto, e grigio.
Così decisi di costruirmi una navicella spaziale. Per andarmene da questo mondo. Per i materiali usai degli scarti di altre navi spaziali: avevo una fabbrica di navi spaziali proprio sotto casa. Non me ne intendevo molto di come si costruisce una navetta, io avevo fatto il liceo classico. Così lessi un paio di manuali sull'argomento, e costruii la mia navicella. Era grande poco più di una utilitaria, stavo molto stretto. Era di forma sferica, e non c'erano comandi.
Entrai nella navicella, e venni ibernato. La navicella partì, e iniziò a vagare senza meta per lo spazio. Era stata costruita proprio per questo: per vagare senza meta. Si sarebbe disattivata solo una volta raggiunto un nuovo mondo, o sarebbe esplosa nel caso non fosse riuscita a farlo.
Aveva un motore a moto perpetuo: per costruirlo mi ispirai a quei marchingegni cinesi che una volta messi in movimento, non si fermano più: molle e così via. Tuttavia c'era sempre il rischio che un giorno sarebbe esplosa. Poco mi importava: morire o trovare un nuovo mondo; era sempre meglio che continuare la mia inutile e insensata vita.
Ma non esplose: mi risvegliai in un prato fiorito. Capii di non essere sulla terra perchè il cielo era di un rosso vivo

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   0 commenti     di: johnny Cato


Una storia vera( si fa per dire)

Che guaio! Alla zia mia: una suora di clausura, le hanno rubato la grata della sua stanza.
Per fortuna i carabinieri hanno preso i ladri. Stavano giocando a grata e vinci



Sogno Spento - Spento Sogno

La porta si chiuse con un sonoro tonfo alle sue spalle.
"La porta!"
Gli urlò da dietro le pesanti lastre di vetro opacizzato una voce.
"Al diavolo, te e la porta" pensò lui, alzando la mano in cenno di informale scusa verso il provenire delle monotone grida.
O forse questa volta l'aveva proferito ad alta voce? Poco gli importava, ormai era consuetudine quella maledetta corrente, e i suoi momentanei scatti di nervi trovavano sbocco in maniere che non potevano non venire notate, un insulto sarebbe stato il minimo da aspettarsi. Lo sapevano, pensava.
"Quindi, me ne fotto" pensava.
Di sicuro lo sapevano, non poteva essere altrimenti, che lui, ora, da fuori quella porta, si era appena svegliato. Che le loro voci, da familiari stress passavano a un mormorio convulso di ronzante gente, come quella che incroci per strada, non udibili se non facendoci attentamente caso, come per impicciarsi di faccende altrui non importanti e che non sono minimamente rivolte a te. Forse, al massimo, da voltarsi e incrociare con gli occhi quella persona che le ha pronunciate e accorgersi in silenzio che non sono interessanti quanto credevi. Voci da voltarsi e continuare per la propria strada.
Si accese una sigaretta, guardando su un davanzale una foglia secca che rotolava e volava via. E il vento che gli impediva di accendere l'accendino al primo sfregamento, sapeva di bagnato e di buongiorno.
Faceva freddo, era pomeriggio tardo, ma era un bel pomeriggio in cui non aveva niente da fare.
Era divincolato dai normali impegni quali ognuno è costretto a sopperire, ogni giorno, per un pomeriggio. Lasciandosi alle spalle la porta e le preoccupazioni, aveva dinnanzi a se qualche ora senza pensieri; la macchina l'aveva appena ritirata dal meccanico ed era perfetta, a casa sua non c'erano lavori urgenti di riordino e pulizia, pratiche da sbrigare, commissioni, appuntamenti.. niente. Ne di buono, ne di cattivo.
Da poco, era libero da quella gabbia che chiamiamo vita.

In tangenziale,

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   0 commenti     di: G. Von D.


Il gigante che venne dal cielo-parte terza

Nell'erba i piccoli folletti tremavano sconvolti, ci ha scoperti, ci ha scoperti si dicevano, ora sa di noi.
Nei giorni seguenti il gigante si spinse sempre più lontano nelle sue passeggiate esplorative, finché non trovò il villaggio di Zizoro, si avvicinò con sguardo divertito ed esaminò le piccole case, i carri trainati da scoiattoli che trasportavano ghiande e bacche, i loro magazzini, e prese anche alcuni oggetti come piccoli mobili e sedie. Il maghetto che accompagnava Abian e i suoi compagni disse: dobbiamo ucciderlo per la nostra sicurezza, adesso lui sa di noi e ci troverà, non lasciamogli l'opportunità di farci del male. I membri della squadra erano perplessi e non sapevano cosa fare, ma Abian intervenne dicendo: il gigante non ci ha ancora aggrediti, nè ha manifestato aggressività nei confronti del villaggio abbandonato, può esserci del buono in lui, non aggrediamolo subito.
Cosa proponi di fare allora? Chiesero gli altri.
Mi offro volontario per una comunicazione, rispose Abian, voglio essere ambasciatore e tentare una mediazione.
Questa tua decisione potrebbe costarti la vita, disse un compagno, quel mostro potrebbe mangiarti in un sol boccone, ammazziamolo e basta.
Se siamo noi a cominciare una guerra non potremo meravigliarci di averla, disse Abian, mettiamolo alla prova e se è malvagio comincerà lui e perderà. Io credo che prima di aprire rapporti di qualsiasi tipo sia utile comunicare con una creatura sconosciuta.
Ammirati dal coraggio di Abian i compagni approvarono la sua decisione, ma il maghetto fece un incantesimo sul fabbro così nel caso il gigante lo avesse attaccato si sarebbe addormentato improvvisamente e i folletti avrebbero potuto ucciderlo.
Così il giorno dopo mentre il gigante passeggiava solitario Abian lo chiamò dicendo: salute a te grande visitatore, io sono Abian portavoce delle genti di Herses, chiedo di poter parlare con te!
Il gigante lo guardò e dopo aver farfugliato qualcosa con una strana voce meta

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L'ultimo Bicchiere

-Ragazzi? Dov'è finita la vocalist?- Continuava a ripetere Florian.
Era quasi tutto pronto per la mia festa di compleanno, compivo trent' anni e i miei migliori amici, Florian e Gudrun, mi avevano letteralmente costretto ad organizzare una festa "come si deve".
Avevo affittato una grande sala, un impianto Hi-Fi da bomba nucleare, un set luci strobo- psichedeliche, prenotato un servizio di catering completo, acquistato litri e litri di alcolici, ingaggiato dei camerieri che portassero bevande ai 120 invitati, un dj che li intrattenesse e infine un'obesa vocalist nera che era scomparsa improvvisamente.
In poche parole Florian e Guldrun mi avevano convinto a prosciugare il mio conto in banca.
-Ragazzi? Dov' è finita quella balena della vocalist?-
Gudrun in luogo alla ventiseiesima insistente riformulazione della suddetta domanda finalmente si pronunciò.
-Che vuoi che ne sappia, Florian? L'ultima volta l'ho vista accanto al dj tracannare l'ennesimo bicchiere di Martini. Dico io: è serio ubriacarsi mentre si è al lavoro?-
Io ero impegnato a trasportare le birre dalla cella frigorifera al bancone delle bevande e l'ultima cosa a cui pensavo era preoccuparmi dell'alcolismo della vocalist obesa, anzi: personalmente una vocalist obesa era l'ultimo desiderio che avrei avuto in occasione della festa del mio compleanno.
Ma Gudrun si era fissata pesantemente, com'era tipico del suo carattere, sull'idea di avere una voce soul che accompagnasse la musica.
-Vado a caricare l'ultima cassa di birra rimasta nella cella. Gudrun, assicurati che tutti i cavi delle luci siano collegati correttamente, invece tu Florian: fottiti!-
Ero sempre amorevole col buon vecchio Florian.
Mi diressi verso la cella frigorifera, prima di aprire la porta presi un lungo respiro visto l'aria gelida che si respirava là dentro. Entrai.
L'ultima cassa di birra era proprio davanti la catasta dei viveri che sarebbero dovuti bastare per tutti gli invitati: quantità interminabili di g

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   0 commenti     di: Gas Disaster



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