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Briganti si nasce...
al mondo mi ci hanno messo
e dal primo giorno ero fesso,
marsicano di pura razza
un cafone di grossa stazza.
Mio padre era doganiere
dei borboni controllava le frontiere,
mia madre filatrice
della famiglia benefattrice.
Nella giustizia io credevo,
per un gran signore la difendevo,
guardia ero diventato
era meno duro ser soldato;
eravamo gente triste noi cafoni
nelle tasche non c' erano dobloni,
nei campi la schiena si rompeva
di morir poveri già si sapeva.
.
Il futuro era destino
per l' egoismo dei potenti,
il nostro stile poco fino
per l' ignoranza dei fetenti.
Un giorno in un paese
l’ ingiustizia era palese:
la rivolta dei cafoni
dal potere presi a ceffoni.
Il mio cuore sussultò
e l' anima mi parlò:
"mai un dio ci ascoltò
non un signore ci aiutò,
premi quel grilletto
fallo senza rispetto
fallo solo per te stesso
per chi mondo ha fatto sottomesso".
Il mio fucile rigirai
alle altre guardie io sparai,
lottai con la mia gente
che i morsi della fame sente,
per chi si batte con i forconi
sola arma contro i cannoni.
Per un diritto che sempre sarà represso
ma nella speranza mai sopresso,
per l' egoismo di chi non ha niente
di chi sa che il fato mai lo farà valente.
Ucciderò perchè dio lo ha voluto
a una vita normale ero risoluto,
ma mai contro un povero cristo
non con la legge di un mondo già visto.
Così nacque Berardo il reo brigante,
e la sua condanna a eterno latitante,
così nacque Giuliano, suo fratello
che in Sicilia portò il fardello.
Tanti anni nella macchia
del criminale avevo preso la spocchia
furti, ratti, ammazzamenti
tanto sangue da rimanere sgomenti.
Alla difesa dei contadini mai rinunciaì
contro chi rubava il pane lottaì,
dei principi non puoi muovere la coscienza
ma il terrore può cambiare la convenienza
non con le parole spieghiammo i nostri problemi
ma solo trasformandoli in loro temi.
Le guardie tante volte mi arrestarono
altrettante mi liberarono,
i borboni sostenevano la tesi
che per i nemici piemontesi
il brigantaggio e quei boschi insicuri
potevano diventare sentieri oscuri;
anche papa mi era amico
per difendere il regno pontificio
i preti poi si sappiamo
sono dove l' interesse tende l' amo.
Un giorno mi svegliaì assai stanco
questa vita mi lasciava il cuore monco,
ma cambiare non si poteva
nel capoluogo la polizia mi attendeva
dei campi la vita troppo ingiusta
era peggio dei colpi della frusta.
Per questo scrissi a un gran signore
una lettera senza furore:
"siamo briganti,
del dolor ormai stanchi,
il rimorso ci morde nei fianchi
siamo briganti,
nelle città non si può entrare
il potere è li ad aspettare
siamo briganti,
nemici del governo
non troveremmo lavoro neanche all' inferno,
siamo briganti
ma dobbiamo pur sempre mangiare
e i nostri figli allevare,
siamo briganti
la povera gente odiamo saccheggiare
è un mestiere che a voi lasciamo affrontare,
siamo briganti
non più sangue faremo sgorgare
con 10000 lire questa vita potremo lasciare
altrimenti lei sa cosa andremo a fare
lei sa perchè la verremo a braccare"
il Duca l' invito declinò
berardo il mestiere continuò
fino a quando la vita non terminò
e a altro mondo si approvinguò.
Certo la sua storia ci può insegnare
che siamo venuti al mondo per campare,
per dar giudizio bisogna essere perfetti
così io taccio ricordando i miei difetti.
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0 recensioni:
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- great!!!
- Argomento molto avvincente, struttura bene organizzata sostenuta da una rima encomiabile.
- grazie
- interessante storia, piaciuta

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