Personalmente chiedo a me stesso, Cristiano Comelli, di non dimenticarmi mai di questo imperativo: non approfittare del fatto che siamo, per fortuna, in una democrazia, per quanto imperfetta e migliorabile essa possa risultare, per mortificare la dignità delle parole usandole in modo abnorme e a sproposito. Uccidere la dignità della parola equivale a colpire al cuore lo spirito nobile di una civiltà. Ed è un vero crimine.