Strade che si dipanano davanti agli occhi, tortuose, infinite che non hanno capo ne coda.
Rimani ad osservare con sguardo ottenebrato quella matassa tortuosa che rappresenta la vita,
la tua vita tutta racchiusa in un groviglio di fili, spessi come la pelle indurita dai giorni di duro lavoro.
Avanzi, allungando una mano tediata per afferrarne un lembo, lo tiri a te, lo fai tuo credendo che finalmente qualcosa potrà cambiare, ci credi veramente, lo segui speranzoso e ti ritrovi a dover districare qualcosa di più grande.
Sei stanco, stanco di tutti i pensieri, stanco di dover sempre scegliere, di quelle illusioni che si infilzano nella pelle come ganci di un carnefice invisibile, stanco di quelle strade che non portano mai a niente e di tutto ciò che scivola nelle mani come sabbia asciugata dal sole.
Piove, una pioggia lieve ti bagna il capo, ti solletica quasi implorandoti ancor una volta di scegliere, di prender in mano nuovamente le fila di un discorso ormai stantio e di farlo nuovamente tuo, ma sei stanco davvero questa volta, ti guardi attorno cercando un'ancora di salvezza e non trovi altro che il cupo silenzio.
Sei solo, solo come non lo sei mai stato, le persone che avevi attorno ti hanno abbandonato, si sono prese gioco di te, hai seguito quelle gocce che ti sussurravano parole di conforto e che son evaporate con i primi raggi dell'odiato astro che rifugge la notte e riporta a galla i pensieri.
Ed ora ti trovi con un filo flebile in mano, rivedi la tua vita, ed una lacrima si mescola alla neve che cade notturna, ghiacciando ogni cosa intorno a te, quasi ti volesse aiutare a redimere peccati che non potrai mai colmare, insignificanti agli occhi di chi non sa vedere ma che pendono come una spada di Damocle sulla testa di chi, inconsapevolmente, ti ferisce ancora.