Non c'è un "sapere" considerabile come fosse un blocco da scalare e conquistare. I saperi sono molti e indefiniti di numero, e sono rivolti a domini molteplici e diversi, anche se tutti collegati tra loro e interdipendenti in diversa misura. Il sapere può essere sincretico, ed essere formato da conoscenze accatastate dopo essere state raccolte da diverse tradizioni, o avere una natura sintetica, che è data dai princìpi comuni nei quali quel sapere è ordinato. Si vive con altri e ci si aiuta, certo, ma ci sono conoscenze che anche un cieco sordomuto può avere senza che sia aiutato. Ho lavorato lungo tempo assistendo persone afflitte da patologie gravissime, nel reparto più problematico dell'Istituto Don Carlo Gnocchi di Milano, e non parlo per sentito dire. Il sapere comune è superficiale accatastamento nozionistico di informazioni slegate tra loro. La consapevolezza spirituale, al contrario, è un sapere perfetto riferito alla centralità dalla quale il tutto ha origine, nell'essere modulato dalle leggi universali che regolano il dipanarsi della manifestazione che chiamiamo realtà relativa. Se non si conoscono i princìpi dai quali la realtà è modulata la conoscenza resterà sul piano delle ipotesi, e la distanza tra conoscente e conosciuto sarà incolmabile. La conoscenza dei princìpi, invece, consente di vedere e comprendere l'ordine che la realtà segue e da quelli si possono conoscere le ragioni essenziali d'essere del tutto, il suo senso, insomma. Un eremita conosce stando da solo, ed è la dimostrazione che ci sono indefinite vie personali che possono condurre, oppure no, a conoscere la verità e la falsità.