Oggi tornando a casa ho udito il suo nome, sgorgare come nettare dalle labbra di coloro che non sanno quello che eravamo, o ciò che io misero desideravo che fossimo.
E sento intonare le tue grazie e gloriarsi per la tua cattura.
E muoio.
Ora sono ritornato.
Le domestiche mura mi accolgono come un languido sepolcro.
Sento di non essere vivo.
Non sento di poter mangiare, poiché anche i più dolci nettari mi sarebbero amari, nel mio torpore.
Nulla sa smuovermi, nulla può salvarmi.
Scelgo di uscire, mi dico che forse i delicati boccioli sapranno rallegrare il mio fuoco ormai spento.
Ma nulla accade.
Il tiepido sole primaverile non può raggiungere il mio cuore fermo, ne sollevare la mia anima congelata, in un gelo eterno.
Perennemente statica, la mia vita scorre indegna di essere vissuta.
È curioso, come sembri che il destino goda nell'abbattersi su noi poveri viaggiatori.
Come un sadica fiera, trionfale nella nostra sconfitta.
Mi volto, mi incammino.
Eccomi di fronte alla porta.
Un solo passo ancora, e sarò ancora una volta salvo.
Un solo passo ancora e potrò dirmi al sicuro.
In quella tetra e buia prigione che come una madre anziana accoglie il mio spirito, troppo debole per andare avanti.
Varco la soglia, l'ombra mi avvolge, sento l'aria fredda sul viso.
Una lacrima affiora.
Sono finalmente giunto al mio asilo.
Ora posso avere quiete.
Ora posso correre tra le braccia di Morfeo, che come la morte mi accoglierà..
Incurante di quanto io sappia soffrire,
incurante di come io patisca l'esistenza.
Mi abbraccerà, e per mano mi condurrà in un luogo dove persino io sono degno di amare il mio angelo.