Quando un individuo si macchia di crimini atroci, in due sole circostanze non temerebbe ugualmente la dannazione: qualora fosse un miscredente, totalmente scettico dell'esistenza di un aldilà; o qualora fosse un credente convinto di operare per volontà del suo dio.
Non ho ben presente cosa sia un miscredente, e so che gli atei alla fine non sono amorali così come non lo sono i credenti. Il guaio è che la morale dei credenti è imposta e regolamentata, e quindi "giustificata" dall'alto. È questo sì è veramente pericoloso. Quindi concordo con il senso di questo aneddoto.
Credo che come ogni uomo abbia delle limitazioni nella sfera della conoscenza e, quindi, che sia la testimonianza di una qualche affinità con la stoltezza e l'irragionevolezza; così sono convinta che ognuno porti dentro di sé qualcosa di assolutamente malvagio dal punto di vista morale. La violenza é ciò che da sempre domina e regola l'uomo e il mondo.
Chi si macchia di crimini atroci, non può essere soltanto scettico, ma si colloca diversi gradini più in basso. Lo scettico conserva comunque la perplessità, anche sul suo operato e sulla propria condotta. Il criminale alla Hitler, per intenderci, è un soggetto del tutto amorale. Anche la seconda alternativa che poni, è discutibile. Iddio non ha chiesto mai di compiere crimini in suo nome, e colui che ne commettesse convinto di operare in sua volontà, è uno psicopatico. In effetti, nello studio della criminilogia, i criminali assoluti risultano essere o degli amorali o degli psicopatici..