La rinuncia è una parte costitutiva della vita dell'uomo, di per se non è negativa.
Ma nell'attuale cultura, dove il denaro è despota assoluto, la rinuncia vale solo per i più deboli e l'equità-sociale è un'espressione vana, perchè nessuno farà mai quello che dice.
l'equità sociale è un concetto puramente astratto, retorica, fantasia. Nel migliore dei casi un programma elettorale dimenticato il giorno dopo le elezioni. Il denaro come afferma l'autore è despota per coloro che non ne posseggono. Un pensiero condiviso che purtroppo non lascia che interrogativi senza risposte.
Mariateresa grazie del commento, argomento della rinuncia è interessante come il tuo punto di vista, questo è dialogare.
condivido anche il bel commento di Senzamani.
Buona giornata
Stranamente iniziando a leggere la tua frase, io non ho pensato alla rinuncia sotto l'aspetto economico. Infatti La prima proposizione è di per sè perfetta, completa. A mio parere bisognerebbe soffermarsi sulla capacità di rinunciare, oggi, sotto molto aspetti, a partire dall'arroganza, dalpensare che le proprie idee si debbano sempre e comunque anteporre od imporre a quelle degli altri; dall'esibirsi in continuazione circa quello che si è, quello che si ha, quello che si fa.
Rinunciare è la capacità di far stare il proprio IO almeno un passo indietro rispetto al prossimo. Non saper rinunciare è in realtà dilatare a macchia d'olio l'innato senso del possesso, non solo materiale, che affligge l'uomo. IN questo Buddismo e Cristianesimo hanno insegnato moltissimo, ma purtroppo in troppi se lo sono dimenticato... Grazie per l'opportunità di riflettere su ciò, Pasqua!!