I
Qual che voi siate, amico, vostro manto
di scienza parmi tal che non è gioco;
sì che, per non saver, d'ira mi coco,
non che laudarvi, sodisfarvi tanto.
Sacciate ben (ch'io mi conosco alquanto)
che di saver ver voi ho men d'un moco,
né per via saggia come voi non voco,
così parete saggio in ciascun canto.
Poi piacevi saver lo meo coraggio,
e io 'l vi mostro di menzogna fore,
si come quei ch'a saggio è 'l suo parlare:
certamente a mia coscienza pare,
chi non è amato, s'elli è amadore,
che 'n cor porti dolor senza paraggio.
II
Non canoscendo, amico, vostro nomo,
donde che mova chi con meco parla,
conosco ben che scienz'à di gran nomo,
sì che di quanti saccio nessun par l'à:
ché si po' ben canoscere d'un omo,
ragionando, se ha senno, che ben par là;
conven poi voi laudar sanza far nomo,
è forte a lingua mia di ciò com parla.
Amico (certo sonde, acciò ch'amato
per amore aggio), sacci ben, chi ama,
se non è amato, lo maggior dol porta;
ché tal dolor ten sotto suo camato
tutti altri, e capo di ciascunl si chiama:
da ciò ven quanta pena Amore porta.
III
Savere e cortesia, ingegno ed arte,
nobilitate, bellezza e riccore,
fortezza e umiltate e largo core,
prodezza ed eccellenza, giunte e sparte,
este grazie e vertuti in onne parte
con lo piacer di lor vincono Amore:
una più ch'altra ben ha più valore
inverso lui, ma ciascuna n'ha parte.
Onde se voli, amico, che ti vaglia
vertute naturale od accidente,
con lealtà in piacer d'Amor l'adovra,
e non a contastar sua graziosa ovra:
ché nulla cosa gli è incontro possente,
volendo prender om con lui battaglia.