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- Ad Afrodite (trad. di S. Quasimodo)
Ad Afrodite (trad. di S. Quasimodo)
pagine: 123
Afrodite, trono adorno, immortale,
figlia di Zeus, che le reti intessi, ti prego:
l'animo non piegarmi, o signora,
con tormenti e affanni.
Vieni qui: come altre volte,
udendo la mia voce di lontano,
mi esaudisti; e lasciata la casa d'oro
del padre venisti,
aggiogato il carro. Belli e veloci
passeri ti conducevano, intorno alla terra nera,
con battito fitto di ali, dal cielo
attraverso l'aere.
E presto giunsero. Tu, beata,
sorridevi nel tuo volto immortale
e mi chiedevi del mio nuovo soffrire: perché
di nuovo ti invocavo:
cosa mai desideravo che avvenisse
al mio animo folle. "Chi di nuovo devo persuadere
a rispondere al tuo amore? Chi è ingiusto
verso te, Saffo?
Se ora fugge, presto ti inseguirà:
se non accetta doni, te ne offrirà:
se non ti ama, subito ti amerà
pur se non vuole."
Vieni da me anche ora: liberami dagli affanni
angosciosi: colma tutti i desideri
dell'animo mio; e proprio tu
sii la mia alleata.
Un esercito di cavalieri, dicono alcuni,
altri di fanti, altri di navi,
sia sulla terra nera la cosa più bella:
io dico, ciò che si ama.
È facile far comprendere questo ad ognuno.
Colei che in bellezza fu superiore
a tutti i mortali, Elena, abbandonò
il marito
pur valoroso, e andò per mare a Troia;
e non si ricordò della figlia né dei cari
genitori; ma Cipride la travolse
innamorata…...
……ora mi ha svegliato il ricordo di Anattoria
che non è qui;
ed io vorrei vedere il suo amabile portamento,
lo splendore raggiante del suo viso
più che i carri dei Lidi e i fanti
che combattono in armi.
Simile a un dio mi sembra quell'uomo
che siede davanti a te, e da vicino
ti ascolta mentre tu parli
con dolcezza
e con incanto sorridi. E questo
fa sobbalzare il mio cuore nel petto.
Se appena ti vedo, subito non posso
più parlare:
la lingua si spezza: un fuoco
leggero sotto la pelle mi corre:
nulla vedo con gli occhi e le orecchie
mi rombano:
un sudore freddo mi pervade: un tremore
tutta mi scuote: sono più verde
dell'erba; e poco lontana mi sento
dall'essere morta.
Ma tutto si può sopportare...
Le stelle intorno alla luna bella
nascondono di nuovo l'aspetto luminoso,
quando essa, piena, di più risplende
sulla terra...
5
Squassa Eros
l'animo mio, come il vento sui monti che investe le querce.
6
Sei giunta: hai fatto bene: io ti bramavo.
All'animo mio, che brucia di passione, hai dato refrigerio.
7
Ero innamorata di te, un tempo, Attis
* * *
una fanciulla piccola sembravi, e acerba
8
Ma tu morta giacerai, e nessun ricordo di te
ci sarà, neppure in futuro: tu non partecipi delle rose
della Pieria. E di qui volata via, anche nella casa
di Ade, invisibile ti aggirerai con i morti oscuri.
9
...
Esser morta vorrei veramente.
Mi lasciava piangendo,
e tra molte cose mi disse:
"Ahimè, è terribile ciò che proviamo,
o Saffo: ti lascio, non per mio volere".
E a lei io rispondevo:
"Va' pure contenta, e di me
serba il ricordo: tu sai quanto t'amavo.
Se non lo sai, ti voglio
ricordare...
cose belle noi godevamo.
Molte corone di viole,
di rose e di crochi insieme
cingevi al capo, accanto a me,
e intorno al collo morbido
molte collane intrecciate,
fatte di fiori.
E tutto il corpo ti ungevi
di unguento profumato...
e di quello regale.
E su soffici letti
saziavi il desiderio
...
E non vi era danza
né sacra festa...
da cui noi fossimo assenti
né bosco sacro...
10...
da Sardi
volgendo spesso qui la mente
...
…simile a una dea, che ben si distingue,
ti (considerava), e godeva molto del tuo canto.
Tra le donne lidie, ora,
ella spicca, come la luna dita di rosa
quando il sole è tramontato
vince tutte le stelle. E la luce si posa
sul mare salato
e sui campi pieni di fiori;
e la rugiada bella è sparsa:
son germogliate le rose e i cerfogli
teneri e il meliloto fiorito.
Aggirandosi spesso, e ricordando
la bella Attis, ella opprime
per il desiderio l'animo sottile.
E andare li...
11
Madre dolce, più non riesco a tesser la tela;
sono domata dal desiderio di un ragazzo, a causa di Afrodite molle.
12
Come la mela dolce rosseggia sull'alto del ramo,
alta sul ramo più alto: la scordarono i coglitori.
No, certo non la scordarono: non poterono raggiungerla.
Come il giacinto, sui monti, i pastori
calpestano con i piedi, e a terra il fiore purpureo.
13
Eros che fiacca le membra, di nuovo, mi abbatte
dolceamara invincibile fiera
Attis, ti sei stancata di pensare
a me, e voli da Andromeda.
123
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Effettua il login o registrati Saffo è poetessa dell'amore lacerato. O meglio, della precarietà dell'amore. In lei, credo da quel poco che ho potuto leggere in un'edizione molto ben curata della Bur, convivono l'afflato verso un amore eterno e indistruttibile e il senso della finitudine; la collisione tra infinito e finito, in cui finisce però per prevalere quest'ultimo. Indubbiamente la poetessa di Lesbo introduce un nuovo modo di leggere l'amore, nuovo, perlomeno, per l'epoca in cui essa vive. Intanto invita a guardare l'amore a carte scoperte. L'amore non è sempre e solo sinonimo di benessere. È tale nel momento in cui nasce, lo si avverte e lo si lascia crescere piano piano; poi, però, diventa impegno a mantenerlo in vita e qui occorre fare i conti con la realtà, con un oggetto d'amore incomprimibile che non si lascia avviluppare dalla ragnatela del proprio desiderio; Atthis, una delle ragazze amate da Saffo, è la delizia suprema ma poi diventa elemento lacerante quando si getta tra le braccia di Andromeda. Il qui e ora del godimento amoroso è da trattenere con le unghie perchè il tempo e gli eventi se ne impossessano quando meno ce lo si aspetta.
Amore e precarietà, amore e tempo. In Saffo individuerei, nella mia povera lettura, tre momenti del rapporto tra queste due dimensioni: vi è una Saffo che rilegge se stessa nell'esperienza amorosa di altre ragazze, e infatti non di rado il concetto che traspare dalle sue poesie è "anch'io quando ero giovane". Ma non vi è solo un senso di compiacimento, bensì anche uno di rimpianto. La consapevolezza di non potersi più vconcedere quella totalità di dono d'amore che ci si poteva concedere nell'aurea aetas giovanile diventa appunto elemento di forte scuotimento dell'anima; e tale cesura tra presente e passato si fa insostenibile sfociando in un desiderio di morte che azzeri le pene del trascorrere del tempo.
Ma l'amore di Saffo non è amore della rassegnazione; vi è sempre un elemento cui aggrapparsi per poter ricominciare il giro, e in questo mi pare entri in campo Afrodite, dea prediletta da Saffo cui la poetessa si rivolge con toni dolci e accorati per l'alleviamento delle sue pene d'amore. Un'Afrodite indubbiamente molto soggettivizzata che mi ricorda il deus ex machina delle commedie del tragediografo Euripide, sempre pronto a intervenire nelle situazioni di difficoltà.
Amore come risentimento. Già, non si può dire che Saffo si risparmi nelle sue invettive contro le sue rivali in amore, vedi per esempio Andromeda raffigurata in taluni frammenti come un personaggio rustico. Ma non vi è da meravigliarsi di questo. Se la totalizzazione dell'esperienza amorosa vale in un senso, quello del darsi completamente fino alla malattia, vale anche nell'altro, l'indignarsi per l'amore fuggito è contropartita proporzionata alla dazione primitiva dell'amore o meglio, al quantum dell'essersi dato di un amore. Nel complesso mi pare di poter dire, nella mia assoluta incompetenza, che Saffo sia una buona lettura per scandagliare i fondali dell'amore, non soltanto delle vette che esso può e pretende di raggiungere, ma anche dei suoi limiti.
Cordialmente
Cristiano Comelli
- lettura piacevole... bella poesia
- saffo è grandissima, quasimodo mica tanto
- "Tra le donne lidie, ora,
ella spicca, come la luna dita di rosa
quando il sole è tramontato
vince tutte le stelle. E la luce si posa
sul mare salato
e sui campi pieni di fiori;
e la rugiada bella è sparsa:
son germogliate le rose e i cerfogli
teneri e il meliloto fiorito."
Impareggiabile Saffo, impareggiabile Quasimodo...
Ne ho suggerita io la pubblicazione su poesieracconti.