Del mondo che è cornice
sei il dipinto che toglie il fiato
ed io un occhio vagabondo.
Uniti da un filo di perso stupore
ci incontriamo nel mattino
diversi eppure uguali.
Sorridi al giorno
mentre mi spengo in una veglia senza riposo;
Vicini nel levare di un tempo,
su di un confine incerto disteso all'orizzonte.
Sguardi che non fanno parlare;
che sanno parlare senza voce
nascosti dietro palpebre serrate;
Segnali di fumo dispersi nel vento.
Di quanti nodi è tessuta un'attesa?
Eppure la trattai come un figlio mai nato
davanti al tuo sorriso.
Non c'eri e mi camminavi accanto
legata stretta al dito
come le promesse dei bambini.
Nascondi il tuo profumo
come fiore che non ha fretta di sbocciare,
perso tra l'asfalto e fogli di giornale.
Sbrano le ombre lunghe dei palazzi
affamato di te,
del tuo modo di essere torre d'avorio e piuma di cristallo,
celata eppure sotto i riflettori di quello spettacolo arcano
che solo a me fu dato di vedere,
che sol io mi ostinai a cercare
per tentare di spogliare
il dolore che trasformasti in amore,
maestra alchimista,
la solitudine in passione
ma dietro quella fiamma scivola lenta una lacrima
come lama di sole quando scioglie il suo abbraccio la Luna.
Sei accecante di vita,
intrisa di colore
come un dipinto agli occhi di questo vagabondo.