Sto masticando l'attesa.
A bocca piena e lentamente.
Prima l'ho guardata.
Si rilassava, irritante,
rimbalzandomi
pezzi di memoria, miei, desideri
più che idee. L'ho afferrata.
Allora mi ha detto quanto
sono povero
e malato
di paura. La mangio.
Il sapore è asprigno,
come il gusto di sapere
di più. Sulla strada
davanti, sulle buche,
sui sassi. E su chi
è come me, altro da me.
È l'attesa.
È dura, ma ne avverto
un cuore morbido.
Me ne nutro e spero.
Io spero.